L’umanità è affascinata dal sovrannaturale, quella sensazione di non poter mai realmente comprendere di un universo pieno di vita e morte. Il Mothman, conosciuto in Italia come l’uomo falena, è proprio uno di quei “misteri inspiegabili” che hanno colpito lo scorso secolo con molteplici segnalazioni. Una creatura metà uomo e metà falena che, secondo alcuni avvistamenti, è comparsa negli Stati Uniti d’America dal 1966 al 1967. Una creatura che fa parte dei criptidi, ovvero gli esseri vociferati nel corso della storia ma mai confermati della loro concreta esistenza. Gli sviluppatori di LCB Game Studios e il publisher Chorus hanno così deciso di creare l’opera analizzata in questa recensione, ovvero Mothmen 1966, che attraverso il genere delle visual novel racconta un ipotetico incontro di alcuni ragazzi con questa leggendaria creatura.
Una storia come tante altre
La natura del genere rende la trama la parte centrale dell’intera esperienza, per questo preferiamo non rovinare troppo la sorpresa al possibile utente interessato. L’incipit risulta al tempo stesso interessante e banale, decidendo di teorizzare le origini di una storica leggenda metropolitana in un tradizionale contesto di horror. Attraverso la prospettiva di tre protagonisti dalla caratterizzazione basilare e prevedibile, l’avventura porta con sé un racconto senza reale guizzo creativo.
Un’opera fin troppo simile ad altre, che non lascia realmente niente nelle sue dinamiche e interazione dei personaggi. Questi ultimi presentano una caratterizzazione banale, con perfino uno di loro che si presenta con l’unico scopo di spiegare i diversi avvenimenti. Neanche la sceneggiatura aiuta, che oltre a essere schietta e diretta, presenta dei punti non spiegati non spiegati, vista l’evidente intenzione del team di sviluppare uno o più seguiti.
Nell’ora e mezza che servono per raggiungere i titoli di coda presenta fin troppe sbavature oltre a discorsi e situazioni telefonate. I momenti di terrore, poi, non funzionano perfettamente, visti i problemi precedentemente elencati.
Confermiamo la presenza della lingua scritta inglese, francese e spagnola, e non presenta alcun genere di complessità nei testi. Avvertiamo, comunque, della presenza di parole scurrili all’interno dell’opera in questione.
Il comparto artistico di Mothmen 1966 è il lato che maggiormente ci ha colpiti nel corso di questa recensione. Gli sviluppatori hanno deciso di ispirarsi allo stile dei PC degli anni ’80, tanto da rispecchiarsi in ogni singolo elemento del gioco. La presentazione generale ha volutamente uno spirito retrò, dai menù di gioco agli artwork. Proprio questi risultano gli elementi meglio riusciti dell’intera produzione.
Invece di presentare gli stessi disegni riproposti per tutta la sua durata, come in diversi altri esponenti del genere, gli autori Nico Saraintaris e Martinez Ruppel si sono impegnati per creare una molteplice serie di disegni in puro stile retrò. Una visione artistica che si unisce al tipico stile da fumetto americano, creando così un appagante tratto e dal quale esce l’intera personalità del prodotto.
Lo stesso genere di cura va a legarsi anche al comparto musicale e sonoro, evidentemente ispirato allo stesso periodo storico videoludico e che riesce a offrire una certa autenticità all’intera esperienza. Non è un caso che, nelle descrizioni ufficiali e nel menù principale del gioco, gli sviluppatori hanno utilizzato il termine “Pixel Pulps“, un simpatico modo per identificare questo e i probabili prossimi titoli che, magari, fanno parte dello stesso filone creativo.
Un duro mistero
In questa recensione di Mothmen 1966 abbiamo comunque notato come gli sviluppatori della visual novel non abbiano lasciato da parte il gameplay. Il gioco presenta al suo interno le classiche caratteristiche dei moderni esponenti dal genere, come la possibilità di velocizzare o rileggere i dialoghi ormai superati. In questo senso va a perdere quella sensazione di tuffo nel passato negli anni ’80 tanto ricercato da altri elementi, ma sinceramente non pensiamo che è un lato negativo in questo caso. L’inserimento delle novità strutturali del genere allargano l’approccio e il pubblico possibilmente interessato all’esperienza, migliorando di fatto l’intera esperienza ludica.
Allo stesso tempo non si capisce perché non è possibile rileggere il precedente testo nel momento delle scelte morali. Una piccola feature che magari fa la differenza, visto che l’utente è in grado di saltare qualche discorso premendo erroneamente qualcosa. Un piccolo difetto che, comunque, non va ad intaccare l’esperienza generale. Ovviamente, non possono mai mancare le opzioni dove modificare alcune impostazioni come il volume o la velocità del testo scritto. Infine il titolo presenta alcune scelte morali nei dialoghi, anche se non presentano un reale impatto nella narrazione.
Mothmen 1966 richiede comunque al giocatore di toccare il controller in specifiche sezioni di gioco. Infatti, nel corso dell’avventura gli sviluppatori hanno inserito dei puzzle dal diverso stile di gameplay per rendere maggiormente varia l’intera avventura. Elementi come l’invasione dei lupi, il disegnare il Mothmen, o il gioco del solitario, danno quel giusto ritmo al prodotto fino al suo completamento. In particolare, l’ultimo che abbiamo menzionato è quello maggiormente riuscito. I comandi magari sono macchinosi e lenti, e questo vale per ogni sezione maggiormente giocosa, difetto a metà, perché in fondo è una delle caratteristiche che dona maggiore autenticità all’intera esperienza. Gli sviluppatori hanno perfino pensato a chi non apprezza questo genere di minigiochi, resi secondari, e saltabili quelli più difficili.
Una propria visione
Come abbiamo notato in questa recensione, una volta completata la breve avventura, Mothmen 1966 ha ben poco da offrire. Gli sviluppatori hanno cercato di offrire una rigiocabilità interna attraverso degli obiettivi che sbloccano delle immagini per la galleria. Purtroppo questo non si rivela un ottimo incentivo per ricominciare l’opera dall’inizio alla fine, lasciando così un senso di vuoto una volta completato.
Apprezzabile comunque come il solitario venga proposto in una modalità a parte, dopo aver raggiunto i titoli di coda. Una possibilità che magari sarebbe stata preferibile per tutti i minigiochi.
Il porting per Nintendo Switch che abbiamo provato è ben riuscito. Nella modalità portatile e casalinga Mothmen 1966 non presenta alcun genere di bug o glitch di sorta, e non sono presenti rallentamenti. Un peccato per la mancanza del supporto al touch screen, che sicuramente avrebbe giovato all’accessibilità del gioco. In ogni caso, un porting senza infamia e senza lode di un prodotto che non riesce a esprimere il suo intero potenziale.