Source of Madness – Recensione, un roguelike sperimentale e caotico

Questa è la nostra recensione di Source of Madness, un roguelike che tenta di sperimentare aggrovigliandosi, purtroppo, su se stesso.

Nicholas Massa
Di Nicholas Massa Recensioni Lettura da 7 minuti
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Source of Madness

In questi anni abbiamo visto moltissimi sviluppatori giocare con i vari generi a loro disposizione, sperimentandone le potenzialità. Source of Madness, titolo di cui oggi vi proponiamo la nostra recensione, s’inscatola perfettamente in questa tipologia di lavori. Si tratta di un videogioco che si origina da un genere preciso e ne attinge alcuni fra gli elementi più classici e conosciuti, rielaborando il tutto attraverso un’ispirazione letteraria quasi ingombrante al giorno d’oggi. Questo non è affatto il primo videogioco ispirato al lavoro di H.P. Lovecraft che analizziamo, il punto è che sul mercato di prodotti con questa specifica identità culturale ed estetica se ne trova a iosa, diventa quindi cruciale il tentare di dare nuova linfa a qualcosa  verso cui i consumatori sono abbastanza nauseati. Partendo da questa riflessione si suppone abbiano lavorato allo sviluppo di questo particolare videogioco che, come accennato anche sopra, muove i suoi primi passi in un contesto riconoscibilissimo, cercando d’intarsiarlo con elementi disegnati da uno sperimentalismo che funziona fino a un certo punto.

Ah, ma quindi?

Source of Madness è un roguelike, è bene specificarlo immediatamente in una recensione, e come tale è disegnato da tantissime dinamiche tipiche di questo genere di giochi. La “trama” si sviluppa lungo le terre di Creta. Le sue lande sono state invase da orde di mostri informi provenienti dalla Luna, cui è legato un particolare rito di connessione. L’obiettivo principale del giocatore sarà quello di liberare queste terre, laddove fosse possibile, guidando una sorta di setta cui fanno parte i cosiddetti cultisti, uomini di conoscenza riuniti in gruppo da un obiettivo comune che ci è dato scoprire passo passo. I ragazzi di Carry Castel hanno costruito un titolo volutamente fumoso in cui muoversi, risultando dispersivo fin dal principio e giocando con le percezioni soggettive di chi sta giocando. Gli eventi si aprono in un percorso che conduce all’immenso Hub centrale. Nella Torre della Follia entreremo in contatto con i primi dettagli a dipingere il mondo di gioco. Il posto, infatti, regala curiosi incontri con altri cultisti come noi, caratterizzati da frasi fuggevoli e indicazioni varie. Questo sarà il posto che impareremo a conoscere meglio nel corso delle nostre run, dato che vi faremo ritorno molto spesso, quindi non deve spaventare la sua grandezza, piuttosto incuriosire per le possibilità future.

Source of Madness recensione

In questa recensione di Source of Madness ovviamente non possiamo astenerci dal parlare del gameplay. Questo, come in ogni roguelike che si rispetti, è disegnato da una quantità infinita di run, di tentativi e di morti. Ad ogni sconfitta tutto si azzera per ricominciare a giocare con un cultista nuovo di zecca. Questi si distinguono fra loro per nome e cognome e per sesso. L’estetica è sempre la stessa. Tentare di farsi strada nel mondo esterno alla torre equivale a entrare in contatto sia con le due monete di gioco (sangue e monete) e con tutte le mostruosità a disegnarlo. Il sangue accumulato di volta in volta resterà a noi, consentendo di lavorare sulla crescita del nostro personaggio. In funzione di ciò nell’Hub si trova uno specifico albero di crescita in cui spendere i punti ottenuti sia per sbloccare le classi disponibili ognuna caratterizzata da elementi specifici e bonus particolari), sia per sbloccare le armi -principalmente anelli – lungo il percorso (queste si distinguono fra loro per rarità), sia per le varie abilità. Una volta iniziata una nuova run tutto dipenderà dal caso anche dal punto di vista difensivo. Espplorare significa trovare, e trovare significa anche raccogliere oggetti difensivi come i cappucci, o i mantelli o le pietre, o alcuni elementi di supporto. Inoltre il mondo in cui ci si muove presenta anche luoghi sicuri in cui fare acquisti da particolari mercanti, nonché checkpoint conclusivi in cui è possibile, al termine di un’area, salvare la partita, oltre a ricaricare le proprie fiasche di vita.

Lovecraftiano 

Come accennato anche sopra, Source of Madness presenta due caratteristiche molto importanti, un gameplay familiare agli amanti del genere (qui gli elementi roguelike si fondono a uno stile action di immediata lettura), e come leggeremo a breve nella recensione, uno stile molto sperimentale. É proprio lo sperimentalismo alla base di questo gioco ad attirare l’attenzione. Dal punti di vista estetico è lovecraftiano in tutto e per tutto. Il contesto di gioco è cupissimo, come lo sono anche tutti i personaggi che vi dimorano, sia amici che nemici. Dal punto di vista del sound design nulla da dire, anche perché le sensazioni restituite sono perfettamente coerenti con quello che si suppone volessero trasmettere. Dal punto di vista strutturale, invece, qualche pecca rallenta le emozioni generali.

Source of Madness recensione

L’idea di trovarsi a sopravvivere in un mondo totalmente procedurale resta interessante, donando all’ambientazione qualche piglio artistico da non sottovalutare affatto. Le beghe però sopraggiungono quando si affrontano i vari mostri. Anche questi sono procedurali, disegnati e gestiti di volta in volta da un’intelligenza artificiale che cresce insieme alle varie run. Il problema si palesa quando ci si ritrova troppo spesso ad affrontare delle indicibili mostruosità deformi e tentacolari difficilmente leggibili dal punto di vista offensivo. La difficile gestione di alcuni scontri inficia con l’esperienza generale, trasformando ben presto la fascinazione e la difficoltà di gioco in puro caos a schermo. Un peccato soprattutto per l’idea di partenza.

Source of Madness
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Voto 6
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Adora i videogiochi e il cinema fin dalla più tenera età e a volte si ritrova a rifletterci su... Forse anche troppo. La scrittura resta un'altra costante della sua vita. Ha pubblicato due romanzi (a vent'anni e venti quattro) cominciando a lavorare sul web con varie realtà editoriali (siti, blog, testate giornalistiche), relazionandosi con un mondo che non ha più abbandonato.