Shovel Knight è un nome estremamente importante per i titoli indipendenti, un gioco che ha ricevuto un quantitativo di elogi spropositato nel lontano 2014, sia dalla critica specializzata che dalla community di appassionati. Tuttavia, dopo circa 7 anni e numerose espansioni, il secondo capitolo ufficiale dell’acclamata saga non è ancora arrivato. Per questo motivo il prodotto del quale vi parleremo oggi potrebbe essere un valido esperimento per proseguire con uno stile ludico spiccatamente più puzzle il corso dell’avventura del mitico Cavaliere della Pala. Se non fosse che, come già accennato, vi sono importantissime differenze sul lato ludico, rispetto all’originale simil platform, da tenere in considerazione. Scopriamo quindi com’è andata in questa recensione di Shovel Knight Pocket Dungeon.
Tanta ironia nella storia di Shovel Knight Pocket Dungeon
Dobbiamo cominciare questa disamina con alcuni accenni alla storia del gioco per poter poi così passare al gameplay, vera anima del titolo. Il Cavaliere della Pala torna nuovamente a farci visita, questa volta però imprigionato nel Pocket Dungeon, un luogo mutevole che, come in ogni roguelike che si rispetti, cambia la sua struttura in modo quasi casuale ma mantenendo sempre delle costanti come la serie di ambientazioni e il tipo di nemici che ci troveremo dinanzi in una determinata sezione. Durante il nostro viaggio avremo a che fare con il Puzzle Knight, un alleato “esperto di Dungeon” che aiuteremo, nel tentativo di scappare da questa mutevole prigione nella quale ci siamo ritrovati. La storia come al solito è ricolma fino all’orlo d’ironia e di battute scanzonate oltre che di un genuino no-sense tipico della serie che ci ha lasciato piacevolmente colpiti nel complesso. Tuttavia, come abbiamo già detto, a nostro modo di vedere il fulcro dell’offerta ludica è il gameplay, nel bene e nel male.
L’avvento di Tetris non ha proprio fatto bene a Shovel Knight
Di fatto, ciò che più ci ha lasciati contrariati in questa recensione per Shovel Knight Pocket Dungeon è la nuova struttura ludica del prodotto, che a nostro modo di vedere non si è sposata benissimo con i crismi della serie, per quanto allo stesso tempo non si parli ovviamente di un fallimento su tutta la linea. Come già precedentemente accennato, Shovel Knight era originariamente un titolo dal gusto platformico di ottima qualità, con un gameplay intuitivo e una storia ilare e divertente. Shovel Knight Pocket Dungeon porta quello stesso universo di successo in un diverso tipo di videogioco, inserendolo in un prodotto che potrebbe rientrare nel contesto dei puzzle-game, più precisamente sul medesimo stile del celeberrimo Tetris. In sostanza, gli appassionati al gioco con i mattoncini colorati riconosceranno parte delle meccaniche a loro familiari anche in questo prodotto, con le catene di oggetti dello stesso tipo che vengono abbattuti contemporaneamente in una sorta di combo a catena. Tuttavia – e per fortuna – esistono anche degli elementi distintivi che puntano a rendere il progetto a suo modo originale e non un semplice more of the same di Tetris. Ci riferiamo nel dettaglio al “combat system” del gioco e alle due modalità presenti.
Partiamo quindi dal “sistema di combattimento”, e usiamo le virgolette non a caso, poiché parliamo di una sorta di minigioco dentro il titolo più che di un vero e proprio elemento ludico costruito appositamente. Infatti, il nostro Cavaliere dovrà liberare il percorso per i suoi compagni attraverso i livelli cercando al contempo di non venir sopraffatto dagli oggetti e dai nemici a schermo. Per farlo dovrà utilizzare la sua celebre pala con la quale prendere a vangate le creature nemiche e i massi di terra che gli si pareranno innanzi. Inoltre, come già accennato, se si affronta un gruppo di nemici dello stesso identico tipo, tutti quelli adiacenti l’uno con l’alto verranno abbattuti in una multi-kill istantanea. Aggredire gli ostili sulla strada non è però un processo sicuro, poiché a meno che non si equipaggino potenti artefatti, si subirà sempre un certo quantitativo di danni ogni volta che si attacca, come risposta istantanea e inevitabile all’aggressione. Il valore del danno dipende dal tipo di avversario affrontato, con alcuni pericolosissimi nemici in particolare che possono infliggere ferite quasi mortali, mentre ci si può curare tramite delle pozioni curative comunissime nei livelli di gioco, e che possono essere aumentate grazie alle combo.
Qui si può aprire il discorso relativo alle modalità di gioco presenti; sono due, una simil roguelike e l’altra puzzle. La prima, (la roguelike) e la più brutale delle due, perdere i sensi a causa dei troppi danni subiti fa ricominciare la partita da capo, anche se almeno è possibile portare con sé delle gemme utili per sbloccare abilità secondarie nei negozi. La modalità puzzle è più permissiva e le vite sono infinite, tuttavia se il percorso si riempie troppo e si viene sopraffatti, allora si ricomincia comunque tutto da capo. Le due modalità sono poi customizzabili a piacimento entro certi limiti, in modo da garantire ai giocatori le caratteristiche che più preferiscono, come ad esempio un numero specifico di vite massimo. Il sistema, a nostro modo di vedere, funziona ma va a perdere molto del fascino del titolo originale con un prodotto che nel complesso sa di già visto, anche con le sopracitate caratteristiche inedite per il genere. Ad esempio, il fatto di dover necessariamente subire danno da parte dei nemici quando si interagisce con loro, se da una parte aumenta la natura quasi strategica dell’esperienza, può portare in certi casi a situazioni senza speranza nelle quali ci si trova circondati e assolutamente impotenti dinanzi a una sconfitta ormai certa.
Siamo ben consci che parte dell’esperienza ludica e della “bravura” in-game risieda proprio nello studiare con attenzione la composizione degli avversari in arrivo ed eseguire molteplici combo risolutive, ma crediamo allo stesso tempo che il prodotto avrebbe giovato della possibilità intrinseca di non sopportare ferite in modo obbligatorio, magari con la funzione di colpire il nemico alle spalle invece che frontalmente per uscirne incolumi. Come precedentemente accennato, è poi possibile ottenere dei potenti manufatti o armi aggiuntive che sbloccano varie abilità, come quella per ottenere combo più remunerative in termini di valuta ottenuta, congelare i nemici per un certo quantitativo di tempo o addirittura attaccare senza subire danni dai nemici minori.
Tuttavia, questi potenziamenti una volta sbloccati non sono fissi, ma ottenibili in modo casuale durante le missioni, spesso come premio per combo o con l’apertura di preziosi forzieri. Questo contesto amplia senza dubbio la varietà d’esperienza, ma non aiuta moltissimo il titolo sul fattore bilanciamento. Buono invece il settore dei contenuti, con numerosi livelli, vari eroi utilizzabili, Boss Fight nel complesso interessanti, e anche una modalità versus in locale per sfidarsi nell’ottenimento del miglior punteggio. Apriamo poi un’ultima veloce parentesi sul lato tecnico del titolo che si è dimostrato come leggerissimo anche su configurazioni datate, e con un livello di dettaglio dei personaggi e della grafica simil 8bit molto migliorata se confrontata a quella del gioco originale del 2014. Nonostante si parli di una produzione minore, il lavoro dei ragazzi di Yacht Club Games e Vine resta comunque esteticamente gradevole e piacevole sia da giocare che da vedere.