Il mercato dei videogiochi mobile si è espanso enormemente dai suoi semplici inizi nel 1994, quando nello storico Hagenuk MT-2000 venne preinstallata una versione speciale dell’immortale Tetris. Ormai sono passati quasi trent’anni da allora, e siamo arrivati a un punto in cui un gioco incredibilmente complesso è in grado di girare senza difficoltà nei più svariati smartphone di tutti i giorni. Il tutto è diventato così comune che non pochi studi hanno trovato il loro mercato principale all’interno di questi dispositivi, alcuni diventando perfino estremamente popolari tra il pubblico. Eppure, prima o poi un passo successivo su console deve avvenire, ed è quello che i ragazzi di Kiwi Walks hanno deciso d’intraprendere. All’interno di questa recensione, quindi, andremo ad analizzare WitchSpring 3 Re:Fine, ovvero la remastered per Nintendo Switch dell’omonimo prodotto uscito originalmente su mobile nel 2017.
Una ragazza dagli splendidi occhi rossi
Come abbiamo già accennato, quello che i giocatori troveranno sulla propria ibrida Nintendo è una versione riveduta e corretta dell’opera originale. Gli sviluppatori hanno così inserito non solo tutti i contenuti presenti nella versione mobile, bensì anche tutta una serie di elementi aggiuntivi pensati per l’occasione; ma andiamo con ordine, visto che vogliamo iniziare questa recensione sulla narrativa fornita da WitchSpring3 Re:Fine. Il gioco racconta di una particolare ragazza con peculiari poteri soprannominata Eirudy che, ormai da molto tempo, vive in isolamento all’interno di una pericolosa foresta. La giovane ha sempre desiderato avere un qualche genere di amico, ma l’unica compagnia che è riuscita ad ottenere è quella delle bambole da lei animate. Infatti, gli umani non hanno alcuna simpatia per le streghe e per questo Eirudy è costretto a rimanere nascosta dove nessuno può trovarla, così da evitare di essere perseguitata o peggio. Un giorno, però, il suo destino cambia radicalmente quando incontra Adrian, un ragazzo calmo e gentile che sembra possedere più di un nobile scopo.
I due fanno subito amicizia, portando così la narrazione su una strada che affronta non solo i temi della discriminazione ma anche il grande rapporto che si crea tra i due eroi. La presenza di finali e vicende multiple, poi, riesce a offrire al giocatore la giusta curiosità. Il tutto si lascia seguire come un racconto per ragazzi, riuscendo a far immedesimare facilmente in una protagonista che si trova pian piano a dover affrontare un mondo più grande e pericolo di quanto potesse immaginare. Certo, alcuni argomenti sono solo accennati e diversi personaggi appaiono particolarmente stereotipati, eppure il team di sviluppo è riuscito nel compito di rendere questa semplicità una propria forza, adattandosi così al pubblico a cui vuole effettivamente rivolgersi. Inoltre, a parte qualche lieve riferimento, il gioco è completamente slegato alla storia dei primi due capitoli del brand, riuscendo a essere un buon punto di approdo per i neofiti del franchise.
In ogni caso, la storia non è presentata attraverso alcun genere di filmato, bensì da una struttura presa di pari passo dalle classiche visual novel con tanto di artwork speciali che compaiono di tanto in tanto, un dettaglio che ci ha lasciati un certo retrogusto amaro in bocca, visto che la presenza di qualche sequenza non ci sarebbe assolutamente dispiaciuta. La scelta effettuata dagli sviluppatori non è comunque da bocciare completamente, in quanto l’obiettivo del team era quello di offrire l’esperienza per come era stata originalmente pensata, anche con la presenza di nuovi disegni realizzati per l’occasione. Come abbiamo constato in questa recensione, WitchSpring 3 Re:Fine presenta un comparto artistico rivisto e più simile a quello del quarto episodio, probabilmente a causa della controversia che ha riguardato l’artista dietro il prodotto originale per dispositivi mobile. Un’altra aggiunta di questa versione è anche il doppiaggio, presente sia in giapponese che in coreano. Selezionabile senza alcun genere di difficoltà è in qualsiasi momento nell’apposito menù, questo si è rivelato come un lavoro di qualità attraverso doppiatori che riescano a rappresentare adeguatamente i caratteri ben distinti dei diversi personaggi. Bisogna comunque constatare la presenza di alti e bassi, visto che non tutte le linee di dialogo sono state doppiate, lasciando quindi un senso di incompletezza che potrebbe dar fastidio a qualche utente.
Magie che diventano ibride
Il lavoro necessario per la trasposizione di un gioco da una piattaforma a un’altra è più difficile di quanto si potrebbe pensare. Ogni team di sviluppo deve pensare a cosa modificare per rendere l’approccio il più confortevole possibile e valutare se è possibile modificare determinati dettagli tecnici, studiando inoltre la complessità di possibili cambiamenti ludici. I ragazzi di Kiwi Walks hanno così deciso di offrire un’esperienza che ricorda sicuramente il prodotto originale, senza comunque farsi mancare certi accorgimenti apprezzabili. Oltre a presentare al suo interno tutti gli aggiornamenti contenutistici apportati nella versione originale, il giocatore si troverà nuovamente di fronte a un JRPG a turni con un art style super deformed. Sin da subito è inoltre evidente la natura story driven della produzione, in cui non mancano la presenza di determinati obiettivi secondari che però fanno più da riempitivo rispetto al resto del pacchetto. La struttura ludica sin da subito si rivela molto semplice e guidata, lasciando quella sensazione di mondo sicuramente esplorabile ma comunque delimitato da muri invisibili. A dir la verità, il gioco si divide in piccole aree estremamente limitate che vengono popolate da oggetti da raccogliere, nemici visibili che stanno fermi sul posto e ogni tanto qualche personaggio amichevole come il mercante.
In generale, il gioco sembra far conto di limitazioni che Switch non presenta, dimostrando in parte fallita questa operazione di rimasterizzazione. Certo, l’idea è quella di offrire il capitolo più apprezzato del franchise agli amanti della console Nintendo, eppure qualche modifica generale nel world design non ci sarebbe dispiaciuta. Gradita comunque l’attuale presenza di una minimappa, che si rivela opzionale ma offre una buona struttura dell’area in cui attualmente si trova la protagonista. Ritorna ovviamente anche la mappa principale, in cui è possibile osservare con precisione dove si trova l’attuale obiettivo sia primario che secondario attualmente in corso. Peccato che anche in questo caso non tutto sia andato per il verso giusto, visto un sistema di navigazione leggermente scomodo; questo perché i diversi menù di gioco non sono stati modificati rispetto alla versione originale per smartphone, tanto che sembrano tener conto ancora di uno utilizzo con touch screen qui non presente.
Infatti, in questa recensione di WitchSpring 3 Re:Fine abbiamo constato che ogni singola azione è ora esclusivamente svolgibile con i controlli tradizionali. Per quanto ogni meccanica di gioco sia evidentemente pensata per un utilizzo con il touch screen, in modalità portatile la versione Switch dell’opera non utilizza questa caratteristica della console. Un vero peccato, perché così si va a perdere quell’obiettivo originale di offrire una esperienza espansa ma fedele all’opera originale. Possiamo però congratularci con gli sviluppatori sul miglioramento grafico effettuato, grazie a una buona rilavorazione degli ambienti che andremo esplorando. Non siamo certamente di fronte a un prodotto che vuole scontrarsi con le migliori produzioni grafiche e stilistiche degli ultimi anni, eppure il risultato finale si lascia guardare positivamente agli occhi dell’utente. Ovviamente la stessa miglioria è stata apportata anche ai modelli di gioco, sia per quanto riguarda i personaggi principali che i nemici, portando a casa non un lavoro superbo ma che mostra gli evidenti passi in avanti compiuti dagli sviluppatori. Anche qui ci troviamo comunque innanzi a un lavoro compiuto a metà, visto il completo riciclo delle animazioni in questa riedizione in ogni linea di codice.
Le bambole, amiche mute ma con cuore
Abbiamo parlato in generale dell’ossatura del gameplay esplorativo in questa recensione, ma mancano ancora due elementi importanti di WitchSpring 3 Re:Fine. Cominciamo parlando di una piccola ma importante area accessibile sin dai primi minuti di gioco, ovvero la casa della protagonista. Qui la ragazza è in grado di svolgere diverse importanti attività come dormire per riottenere le forze, salvare i propri progressi nel suo diario oppure lasciare al sicuro i suoi oggetti all’interno di uno splendido baule. Ci sono comunque tre caratteristiche principali da effettuare al suo interno: la creazione di magie, il dar vita alle bambole e l’allenamento. Attraverso i materiali che Eirudy raccoglie nel corso della sua avventura, saremo in grado di creare oggetti curativi ed elementi magici da poter utilizzare in svariate occasioni. Per farlo, però, dovrete utilizzare un apposito pentolone magico presente al centro di quello che noi definiremmo come il suo soggiorno. Questa caratteristica di gameplay si presenta molto semplice nella sya struttura, e per questo funziona nel poco tempo che porta via all’utente, con un approccio “user friendly” che appare più come un pregio che come un difetto, essendo perfettamente adattato con l’esperienza che il team voleva offrire.
La creazione delle bambole si rivela un concetto estremamente affascinante, con cui è possibile ottenere le classiche evocazioni. Per ottenerle il giocatore deve dar vita a varie creature in base all’apposita barra che riempie ogni volta che Eirudy sconfigge un qualsiasi nemico. Come è facile aspettarsi, questa non è immediatamente accessibile al massimo della sua completa capacità, visto che prima dovrà essere ampliata per poter dar vita alle bambole più potenti della collezione della ragazza. Una volta che queste entreranno a far parte del proprio roster di evocazioni, le potremo poi potenziare ulteriormente. In generale anche qui la semplicità è la chiave del tutto, e come sopra aiuta ad aumentare la velocità ed accessibilità offerte dall’esperienza. Certo, la mancanza di una possibilità di creare bambole personalizzate è un’occasione sprecata, ma il risultato finale si è rivelato comunque soddisfacente.
Quello che dimostra ulteriormente l’origine mobile del prodotto è probabile l’ultimo degli elementi principali della casa, ovvero l’allenamento, lì dove il giocatore dovrà scegliere una serie di esercizi da far compiere alla protagonista. Come abbiamo constato in questa recensione di WitchSpring 3 Re:Fine, per aumentare la potenza delle nostre caratteristiche non serve combattere infinite schieri di nemici come in altre opere del genere, ma semplicemente utilizzare il più possibile questa funzione di allenamento in accoppiata con la giusta arma. Effettivamente questa idea non toglie che qualche minuto nell’intera esperienza di gioco, eppure si rivela in generale particolarmente monotona e poco soddisfacente. Certo, continua la filosofia della semplicità strutturale su cui si basa tutto il lavoro dei ragazzi di Kiwi Walks, eppure in questo caso il metodo con cui il tutto è stato costruito non riesce a convincere completamente.
Combattimenti a volto scoperto
Non possiamo certamente sorvolare uno degli elementi più importanti di questo prodotto, ovvero il suo combat system. Come abbiamo accennato all’inizio della nostra recensione, WitchSpring 3 Re:Fine è un JRPG a turni estremamente classico. Certo, l’infrastruttura dei menù può sembrare diversa rispetto a esponenti ben più famosi del genere, ma l’essenza del gameplay è quella a cui molti giocatori sono ormai abituati. La nostra protagonista sarà così in grado di attaccare, effettuare magie, evocare le bambole in suo aiuto, scappare dalla battaglia, il tutto affiancato da alcune altre opzioni già viste in prodotti del genere.
L’unica differenza rispetto ad altri esponenti è la mancanza dell’elemento sorpresa, a parte alcuni specifici casi. Infatti, nel mondo di gioco i nemici affrontabili sono ben visibili, con tanto di area rossa che delinea l’area in cui inizia automaticamente lo scontro. Inoltre, ogni statistica dell’avversario viene segnata prima di avviare lo scontro, permettendo quindi di far decidere al giocatore in tempo la strategia da utilizzare, o magari scappare per rimandare l’incontro in un non precisato momento futuro. Queste scelte di design si vanno sicuramente a collegare alla ricerca di semplicità e accessibilità generale, riuscendo nuovamente in parte in questo compito. Infatti, per quanto apprezziamo la visibilità offerta al giocatore, i dettagli generali li consideriamo estremamente eccessivi. Alla fine non esiste un reale svantaggio in caso di morte o scappatoia dallo scontro, rendendo così esagerate le diverse informazioni precedentemente fornite.
In termini di gameplay nudo e crudo, questo si è rivelato particolarmente semplice da apprendere, con l’utente che dovrà eliminare i propri avversari a suon di fendenti e magie. Ovviamente, per utilizzare quest’ultime ci sono i classici MP, oltre agli HP che segnano la vita posseduta da Eirudy. In generale, il sistema creato funziona ma non presenta alcun genere di originalità o guizzo creativo, con un senso di monotonia sempre più pressante. Il gioco chiederà ben presto al giocatore di visitare i soliti luoghi o svolgere le solite azioni, senza riuscire ad offrire grossi incentivi a parte il completamente dell’obiettivo di turno.
L’edizione definitiva
In generale, la versione Nintendo Switch di WitchSpring 3 Re:Fine non presenta alcun tipo di problema in termini di prestazioni tecniche. Il frame rate appare stabile mentre la telecamera è generalmente gestita piuttosto bene, senza dimenticare poi l’assenza di gravi glitch o bug di sorta. Purtroppo non è tutto perfetto, ed è possibile notare in alcuni momenti dell’avventura come i diversi modelli non si incastrino perfettamente con l’ambiente, osservando situazioni in cui è possibile oltrepassare il corpo di una persona o creatura. Interessante notare comunque la presenza di diversi extra all’interno di questa ripubblicazione, come la possibilità di vedere il bestiario dei nemici incontrati o i diversi artwork che si sbloccano nel corso della storia. Non possiamo poi dimenticarci della colonna sonora, che riesce nel compito di accompagnare nel viaggio che la protagonista dovrà affrontare.
Alcune tracce sono estremamente ben realizzate, offrendo perfettamente quella sensazione generale d’immersione nelle varie situazioni presenti, con alcune in particolare che dimostrano la qualità delle varie composizioni. Fortunatamente, nel menù principale è presente una funzione jukebox che permette di ascoltare tutte le tracce che si sono sbloccate. Nel caso non riusciate proprio a sopportarle, è comunque possibile disattivare completamente la soundtrack, così come qualsiasi altro effetto sonoro, nell’apposito menù di gioco. Infine, è assente qualsivoglia localizzazione in italiano, elemento che potenzialmente potrebbe scoraggiare più di qualche videogiocatore ad affrontare l’avventura.