I giocatori di vecchia data lo sanno bene, conoscono le insidie di un videogioco che concentra tutte le sue forze nel tentare di farti fallire, di farti sbagliare, sanno cosa significa calibrare ogni passo e ogni mossa in funzione di un risultato finale, di un punteggio che potrebbe inevitabilmente etichettarti in un modo piuttosto che in un altro, agli occhi degli amici e soprattutto dei rivali. Sanno cosa significa sudare per fare il tutto più velocemente possibile imparando ogni livello a memoria, conoscono il peso di una sfida ben posta, a discapito di tutto il resto, a discapito della trama, dei personaggi e delle vicissitudini narrative di fondo, ed è proprio su questo tipo di spirito “arcaico” che si costruisce l’esperienza di Sir Lovelot. I ragazzi di Sometimes You e pixel.lu però, non si sono limitati semplicemente a prendere un tipo di approccio “lontano” e a trasporlo in un lavoro contemporaneo, hanno anche tentato di rinfrescarlo con alcune trovate che inevitabilmente ne alleggeriscono i contenuti generali, guizzi curiosi che, pur nella loro semplicità, toccheranno senza dubbio alcune corde particolari, soprattutto dei giocatori più nostalgici.
Di cosa parla questo Sir Lovelot?
Sir Lovelot non ha una vera trama, si tratta di un’avventura nella quale dovrete impersonare i panni di un cavaliere errante, il quale di livello in livello avrà come unico obiettivo quello di conquistare la principessa di turno (non vi è, volutamente parlando, alcun approfondimento di trama su nulla di quanto vi sfilerà davanti agli occhi, traducendo fin dal principio un’esperienza che fa dell’immediatezza un suo punto di forza, sfiorando l’anacronistico nel suo porsi). Il tutto, infatti, è ambientato in un mondo dai richiami favolistici medievaleggianti, con tutta una serie di elementi che rimandano alle storie fantasy più classiche e soprattutto alle fiabe che tutti conosciamo… soltanto che qui non vi è alcuna morale, in ogni senso. Per guadagnarsi l’accesso alle torri delle principesse bisognerà raccogliere alcuni oggetti specifici sparsi nel mondo di gioco (fiori, anelli…), per poi consegnarli loro prontamente, guadagnandosi la tanto ambita stanza in cima alla torre. Certamente ogni ricerca sarà costellata di pericoli di ogni sorta, pericoli che metteranno a dura prova non soltanto la vita del protagonista, ma anche e soprattutto la pazienza di chi stringe il pad nelle proprie mani.
Una struttura arcaica rinfrescata
Dal punto di vista della struttura Sir Lovelot è caratterizzato da una grafica dal taglio artistico legato ai pixel, con una sapiente modellazione di ogni singolo modello e sfondo, che senza dubbio sa come affascinare fin dal primo avvio. L’azione si sviluppa tutta in questo mondo 2D in cui si dovrà affrontare una serie di livelli autoconclusivi pieni di trabocchetti e mostriciattoli di ogni sorta a sbarrare la strada. È proprio il gamepaly il punto di forza maggiore di questo titolo, con uno scorrimento laterale che risulta fluido nell’immediato e riconoscibile, al punto da evitare di spiegare direttamente i vari comandi di gioco, estremamente classici.
Ogni livello si centralizza intorno alla conquista della nuova principessa che dimora da quelle parti. Ottenere il suo favore, come detto sopra, non sarà facile, dato che il level design di Sir Lovelot è caratterizzato da una curva crescente della difficoltà. Se inizialmente le trappole e i trabocchetti e gli ostacoli possono apparire semplici, così non sarà con il graduale avanzare. Il protagonista è in grado di attaccare da medio e lungo raggio, di saltare (anche doppio salto), di sfruttare le sporgenze e di far leva sulle varie superfici presenti in game per superare le situazioni in cui incorre. All’inizio di un nuovo livello di Sir Lovelot si avvierà anche un timer e tutto quello che farete da quel momento in poi verrà valutato e riportato in uno schema esplicativo finale. Non c’è un limite di vite o di morti, non c’è un limite di tentativi, c’è soltanto il punteggio finale sul quale pesa tutto quello che si fa in game. Oltre a superare i vari ostacoli, e a raccogliere gli obiettivi, si potrà anche scegliere di analizzare attentamente il livello in questione, alla ricerca dei vari segreti e monete, ottimi se si vuole raggiungere la perfezione.
Il mondo di Sir Lovelot risulta abbastanza variegato nel suo porsi, pur essendo privo di una vera e propria storia e di una lore. Sono i disegni e quanto si ha davanti agli occhi a parlare, a rimandare a tantissime altre storie che si sono mosse lungo lo stesso genere, cercando di rinfrescare un approccio al consumatore che al giorno d’oggi è rimasto legato ad alcune nicchie precise. Certo, andando oltre la sfida centrale non rimane moltissimo da dire su questo videogioco che, pur divertendo resta abbastanza ripetitivo, portando a un discorso che non trova una vera e propria risoluzione concettuale nel suo avanzare, restando quindi un’esperienza piuttosto fumosa se analizzata in toto, anche se curiosamente emotiva.
Questo Sir Lovelot non vuole assolutamente imbastire ragionamenti intellettuali o riflessioni troppo nostalgiche, basti notare la semplificazione alla base del suo ragionamento di “trama” e soprattutto la goliardia generale presente non soltanto nel suo spirito, ma anche nella sua caratterizzazione strutturale (basti notare i vari titoli ad incorniciare i livelli). È questo tipo di sincerità iniziale che fa del titolo qualcosa di particolarizzato.
Quindi?
In sommi capi con Sir Lovelot ci troviamo davanti a un titolo, in pixel art, estremamente curato dal punto di vista estetico-creativo, con una struttura generale curiosamente nostalgica in cui la sfida del giocatore si fa sempre più centrale, richiedendo quindi una graduale concentrazione che si distacca sempre più dalle apparenti premesse iniziali. Resta da vedere la risposta generale verso un esperimento di mercato del genere, verso un’avventura che tenta di svecchiare alcune dinamiche piuttosto arcaiche del settore, concentrando le sue attenzioni sul giocatore stesso e non troppo sulla scrittura generale ad inquadrarne il contesto, in una cura che senza dubbio per certe piccolezze, andrebbe tenuta d’occhio.