Avete presente quella comicità fine, e a volte irriverente, che non si può non trovare geniale? Avete presente il classico sfondamento della quarta parete atto a coinvolgere lo spettatore ancora di più? E poi… avete presente i quadri del Rinascimento? Già, anche se questo terzo fattore sembra non collimare affatto con i primi due, sono proprio questi gli ingredienti dei titoli creati da Joe Richardson: sia la prima delle sue creazioni, Four Last Things, sia il suo diretto sequel, The Procession to Calvary, sono infatti delle avventure grafiche create giocando, modificando e sovrapponendo decine e decine di famosissimi quadri, con una maestria tale da far sembrare che la storia narrata nel videogame sia all’effettivo quella che i dipinti vogliono raccontare. The Four Last Things ha “fatto il botto” grazie alle sue caratteristiche, sia con una grandissima considerazione dell’utenza, sia con una valutazione media della critica specializzata da far arrossire un titolo indie. Per questo secondo capitolo però, appunto The Procession to Calvary, a dare fiducia al creatore è stata SUPERHOT PRESENTS, che ha co-pubblicato insieme allo stesso Richardson il titolo. Proprio loro infatti sono stati oggetto tempo fa di un piccolo miracolo indie, appunto SUPERHOT. Scopriamo insieme se questo sequel è stato degno del predecessore!
“NO MORE MURDERS!”
La guerra è finalmente finita! E dopo anni di massacri e sangue, è giunto il tempo di rinfoderare la spada e appendere al chiodo l’armatura… QUALE SCIAGURA! Per la nostra protagonista si tratta di una vera e propria catastrofe! La felicità per lei è qualcosa che scorre sul filo della lama, nel fragore dei suoi passi e nelle grida delle sue vittime! E la fine della guerra è una punizione senza precedenti. Dopo la vittoria, infatti, il nuovo re “Immortal John” (che nessun altro è se non il protagonista del predecessore Four Last Things) ha dettato la nuova legge divina: niente più uccisioni! Il sangue che ha macchiato la terra è fin troppo, e ora ci si appresta a vivere un sereno periodo di pace. Eppure su questa vittoria c’è solo una piccola macchia: Heavenly Peter è riuscito a scampare al suo destino, sopravvivendo alla guerra e fuggendo altrove. Come in molte delle regole divine tuttavia, c’è sempre qualche piccola scappatoia… e quale miglior proposta per la nostra protagonista se non quella di intraprendere un viaggio per trovare Heavenly Peter e fargli assaggiare l’acciaio della sua spada?
Il gameplay di The Procession to Calvary ricalca quindi gli stilemi delle avventure grafiche di stampo classico, ma con alcune feature molto particolari: in primis, disporremo di una spada, che potremo usare a nostro piacimento (e discrezione) su oggetti… e persone. Ricordate la prima regola? Beh, potrete anche trasgredire, quante volte? Non si sa. Sarete avvertiti? assolutamente si, le conseguenze? Beh… chi può dirlo? Diciamo che il gioco ci metterà anche di fronte a finali multipli, e a delle situazioni che sfonderanno di prepotenza la quarta parete. Una comicità alla Monty Python, ironia estrema su Gesù e su Dio, il tutto sfruttando quadri estremamente famosi di svariati artisti del medesimo periodo. La stessa protagonista è la personificazione del famoso quadro “Bellona” di Rembrandt, che di certo non avremmo mai pensato così spiccatamente “sanguigna”. E ancora allusioni, situazioni scomode, e tanta tata satira.
Ars musicae
Oltre alle risate, agli easter egg, e a una trama che nella sua paradossalità rischia di avere molto senso, c’è anche un’enorme spazio per l’arte, visiva e musicale. In ogni singolo scenario che ci viene proposto è presente un sottofondo musicale d’autore: le varie composizioni sono “performate” da piccoli gruppi di persone (sempre tratti da diversi dipinti), opere storiche incastonate all’interno delle varie situazioni in modo a dir poco perfetto e coerente, alle quali non potremo far altro che applaudire. Osservando i musici, potremo inoltre scoprire quale composizione stiamo ascoltando, e chiaramente l’autore. Piccola chicca inoltre, inserita all’interno del gioco, è un piccolo museo di quadri dove sono riportate le varie tele dalle quali Richardson ha preso ispirazione, ambienti e soggetti mixandoli a dovere.
Procession to Calvary è quindi un’avventura creata e studiata con cognizione di causa, ma che pecca per una difficoltà non troppo elevata – aspetto in ogni caso secondario, date anche tutte le variabili disponibili per risolvere la situazione (spada o non spada?) – e una longevità piuttosto timida.