La biologia marina è una branca ancora poco approfondita dall’uomo e siamo a conoscenza solo di una piccola parte di quello che le profondità marine nascondono. Allo stesso modo il panorama dei giochi indipendenti è incredibilmente vasto e nasconde al suo interno molte piccole perle pronte per essere trovate. Una di queste perle è In Other Waters, un videogioco indie ideato dallo sviluppatore, scrittore e artista inglese Gareth Damien Martin e titolo di lancio del piccolo studio indipendente Jump Over The Age. Il progetto nasce su Kickstarter, dove in poco tempo riesce a catturare l’attenzione di moltissimi giocatori grazie al curioso e innovativo approccio minimalista dal punto di vista artistico e del gameplay. In Other Waters è disponibile per PC, Mac e Nintendo Switch dallo scorso 3 aprile 2020.
In Other Waters: benvenuti su Gliese667Cc
Ci troviamo di fronte ad una storia che non può assolutamente essere definita originale, ma è proprio il modo particolare in cui viene raccontata a renderla un’esperienza unica nel suo genere. Il giocatore si ritrova nei panni di un’Intelligenza Artificiale all’interno della tuta da immersione di Ellery Vas, una scienziata in viaggio alla ricerca di Minae Nomura, sua cara amica e collega. Prima di sparire nel nulla per mesi, Minae ha inviato ad Ellery le sue coordinate, permettendo alla scienziata di arrivare sul pianeta Gliese667Cc che incredibilmente presenta forme di vita acquatica. Il modo in cui In Other Waters immagina il primo incontro tra esseri umani e forme di vite aliene è molto diverso dal tipo di fantascienza a cui stiamo stati abituati negli anni.
L’unico modo che abbiamo per comunicare con Ellery è attraverso la scelta tra “sì” o “no”, perciò per la maggior parte del tempo ci limiteremo ad ascoltarla mentre esprime la sua preoccupazione e la paura al pensiero della scomparsa di Minae, e la sua curiosità di fronte alle incredibile scoperte scientifiche. Anche se le nostre possibilità di comunicazione sono limitate, le nostre risposte andranno comunque a fare la differenza. La buona scrittura dei dialoghi ci permette di entrare nello spirito di Ellery, e sono tantissime le parti dell’avventura in cui il giocatore vorrebbe dirle molto di più. L’unica cosa che possiamo fare per lei è essere delle buone guide, perché metterla in pericolo, scegliere i percorsi in modo sconsiderato o prendere decisioni sbagliate in momenti importanti, possono farle perdere facilmente la fiducia nei nostri confronti.
Un approccio minimalista alla biologia marina
Anche se si può completare in circa dieci ore focalizzandosi solo ed esclusivamente sulle missioni principali, In Other Waters spinge i giocatori ad esplorare le vaste aree alla ricerca di ulteriori creature da studiare e campioni da recuperare. Ognuna delle creature incontrate ha una voce da completare nel “compendio”, e sarà proprio Ellery a dirci quali campioni dovremo recuperare e dove trovarli. Per completare il compendio il giocatore dovrà tornare in zone già esplorate e scoprirne di nuove grazie all’utilizzo dei potenziamenti che possono essere sbloccati nel corso dell’avventura. Considerando il fatto che l’intera esperienza narrativa si basa su dialoghi, descrizioni e considerazioni scientifiche, riuscire a completare il compendio offre una visione più complessiva del vasto universo che ci troviamo ad esplorare, oltre ad offrirci la possibilità di vedere finalmente in modo concreto ciò che ci circonda grazie a dei piccoli e suggestivi sketch fatti da Ellery.
Come AI, noi saremo in grado di vedere solo i dati topografici di ciò che ci circonda attraverso la scansione delle aree visitate. Riusciamo a farci un’idea delle creature, delle ambientazioni e sostanzialmente di tutto quello intorno a noi solo grazie alle spiegazioni di Ellery. E proprio come le vecchie avventure testuali, è la fantasia del giocatore a dover riempire quei vuoti, attraverso le descrizioni che ci permettono di costruire un quadro mentale piuttosto chiaro dell’ecosistema alieno di questo mondo. Così come il gameplay, anche la parte grafica e artistica è estremamente minimalista rendendo il tutto perfettamente armonico. La mappa e i vari elementi al suo interno vengono rappresentati con varie tonalità del blu e del giallo, in base alla profondità a cui ci troviamo. Il design audio e la colonna sonora sono uno dei più grandi pregi del gioco, e sarà facile per i giocatori lasciarsi lentamente trascinare nel clima marino. Le creature “cantano” quando incrociano il nostro passaggio, le pozze acide provocano dei danni alla superficie esterna della tuta, e la profondità delle grotte sotterranee possono essere percepite attraverso la diversa intensità dei suoni.
Su Nintendo Switch è possibile giocare al titolo sia in modalità portatile che in dock, utilizzando in entrambi i casi i comandi dei Joy-Con che ci vengono presentati all’inizio dell’avventura. Se la versione dock ha il pregio di mostrare su schermo tutta la bellezza dell’interfaccia grafica e dei suoi meravigliosi colori – oltre a far leggere decisamente meglio il testo, fin troppo piccolo in alcune parti del gioco-, il touchpad della versione portatile riesce a rendere l’esperienza di gioco decisamente più immersiva.
Non ci troviamo di fronte ad un gioco tecnicamente perfetto, i cali di frame sono abbastanza frequenti nelle aree più ampie della mappa e diversi bug dell’interfaccia visiva rendono alcune parti dell’esplorazione decisamente frustranti. La mancanza di un effettivo tutorial va purtroppo a contaminare parte dell’esperienza narrativa. Al giocatore vengono immediatamente lasciati i comandi, e anche se l’interfaccia principale viene presentata all’inizio del gioco, alcune funzioni sbloccabili più avanti nella storia non vengono minimamente trattate. Per esempio la possibilità di utilizzare i campioni raccolti per avanzare in alcune parti della mappa viene spiegata solo sotto il punto di vista narrativo, il che lascia effettivamente un gran senso di confusione nel giocatore e fa momentaneamente annullare il precedente percorso di “immersione”. Almeno per il momento la localizzazione in italiano non è disponibile, il che rende il titolo molto difficile da recuperare per chi non mastica bene l’inglese, a causa dei numerosissimi termini tecnici.
In conclusione In Other Waters è un titolo decisamente interessante, che riesce a tenere incollati allo schermo dall’inizio alla fine, e che sprona ad andare avanti e a lavorare il più possibile con la propria fantasia. La narrativa, l’estetica e la colonna sonora sono perfettamente in sintonia e permettono facilmente di immergersi nel titolo. E sebbene siano presenti alcuni difetti, l’esperienza finale lascia sicuramente qualcosa nel giocatore, facendogli vivere l’avventura da un punto di vista inaspettato.