Arrivato verso la fine del 2018 grazie al publishing di Devolver Digital, Gris si è subito rivelato come un prodotto fuori da ogni tipico canone del mercato. Dopo essere uscito solamente su PC e su Nintendo Switch il titolo è riuscito a trovare una nuova luce verso la fine del 2019, arricchendo anche il catalogo di PS4, ma facendo nel mentre un giro dalle parti del mobile con IOS. Pronti a ricrederci in positivo sulle potenzialità espressive del videogioco abbiamo avuto la possibilità di provare l’opera proprio nella sua ultima versione rilasciata… vediamo di cosa si tratta!
Viaggio nel dolore
Non ci vuole molto per rimanere incuriositi – ed estremamente affascinati – da quello che Gris porta su schermo. Nei primi secondi dall’inizio dell’avventura una donna intona infatti un magnifico canto, il quale apre le danze alla colonna sonora del gioco, per poi affacciarsi bruscamente ad una triste verità. La sua voce sembra essere sparita, volatilizzata nel nulla e senza alcun preavviso. Nel giro di pochi attimi il terreno si screpola fino a sbriciolarsi ed infine distruggersi, portando la protagonista a cadere in un oblio tetro e sconosciuto.
Ci si rende immediatamente conto di come la narrazione di Gris sia completamente muta, neanche una parola è arrivata all’orecchio del giocatore, il quale è stato invece incantato dalle melodie appena udite. Pad alla mano è il momento di proseguire, di capire cosa stia succedendo e di provare a risolvere il problema appena riscontrato. Così la ragazza s’incammina in uno scenario 2D unico ed incantevole, presentando una grafica forse al giorno d’oggi senza eguali: non parliamo di modelli estremamente complessi, di Ray Tracing o di chissà qualche diavoleria tecnologica, ma di una vera e propria opera d’arte. Il titolo è infatti completamente rappresentato con uno stile di disegno ad acquerelli, dalle delicate e stupefacenti animazioni a degli scenari ispirati fuori da ogni misura concepibile.
La storia non viene d’altro canto esplicata, tutti gli elementi legati ad essa devono – e per fortuna riescono – a trasparire da ciò che elegantemente si muove su schermo. Siamo davanti alla massima espressione della narrazione muta, che riesce a spiccare positivamente in Gris forse più di quanto si sia mai visto nell’intera storia dei videogiochi. Insomma, il vero fiore all’occhiello dell’opera è lo stupefacente comparto grafico e stilistico, che per fortuna riesce ad essere accompagnato dai 60 fotogrammi al secondo anche su PS4 (numero necessario per godere al meglio del lavoro svolto da Nomada Studio). Tuttavia, è chiaro che ci si trovi in un’ambiente ben diverso da quello di una galleria d’arte, non bisogna dimenticare che stiamo giocando e che Gris è proprio un videogioco – con un comparto artistico a dir poco eccelso, ma pur sempre un videogioco.
Il lineare cammino degli acquerelli
Arriva il momento in cui bisogna mettere da parte lo stupore ed entrare più a fondo nel mero aspetto ludico. Abbiamo tra le mani un platform 2D che vuole essere particolarmente semplice. Stiamo letteralmente parlando di un gameplay che accompagna la grafica ed il comparto artistico, accarezzando il giocatore ed invogliandolo a proseguire senza risultare neanche lontanamente ostico. Non bisogna far altro che camminare, in molti pezzi non si potrà neanche parlare di platform quanto di walking simulator in 2D, tuttavia talvolta qualche piccolo puzzle ambientale andrà completato e qualche piattaforma svolazzante abilmente raggiunta.
Non ci sarà mai però un vero e proprio livello di sfida, non si può morire e non è presente neanche un game over… non è assolutamente quello a cui Gris punta. Parliamo di un’opera, questa volta più che mai, che dura poco più di due ore e non mira d’altro canto ad aumentare questo numero, c’è sempre il rischio che lo stupore si tramuti in noia ed alteri le sensazioni che il giocatore percepisce. Proseguendo nei livelli – che simboleggiano in fin dei conti la coscienza della protagonista – nuove meccaniche si aggiungono, riuscendo a rendere leggermente più elaborati gli “enigmi” presenti, ma permettendo al gameplay di rimanere nel complesso estremamente intuitivo e semplice.
Le soluzioni di level design sono magistralmente congegnate, non appunto per una difficoltà di fondo, quanto perché riescono a stupire ed emozionare con delle piccole idee che rappresentate su schermo (o su tela?) esplodono in un tripudio di magnifici colori. In fin dei conti però, nonostante risulti essere d’accompagnamento e non sia il fulcro dell’esperienza, gli sviluppatori avrebbero potuto mettere un po’ più di enfasi nella gestione della progressione, che diventa quindi facilmente monotona ed eccessivamente di contorno nel quadro generale, rischiando fortemente di sfigurarlo.
Occhi e orecchie
Con gli scenari che proseguono quasi da soli non si può che restare incantati anche dalla colonna sonora di Gris, la quale è stata minuziosamente realizzata. Moltissime canzoni originali, perfettamente adatte per ogni contesto e perfettamente in linea con l’atmosfera che si respira nei vari momenti. Come infatti le meccaniche variano nel corso dell’esperienza lo stesso fanno gli scenari, che cambiano molto velocemente ed armonicamente assieme all’intensità degli eventi che accadono alla ragazza.
È piacevole notare come la qualità generale rimanga perlopiù la stessa durante l’intero corso degli avvenimenti, senza cali di stile – fatta eccezione per un po’ di ripetitività – o evidenti limiti di produzione, i quali sarebbero invece stati prevedibili vista la ristrettezza del team di sviluppo. Le altre software house dovranno presumibilmente prendere esempio da Gris: non servono milioni di dollari per creare un’opera autoriale in grado di commuovere, stupire, e rivoluzionare l’intero mercato con le sue qualità!