Crackdown 3 – Recensione, distruzione e caos arrivano su Xbox

Simone Lelli
Di Simone Lelli - Editor in Chief Recensioni Lettura da 7 minuti
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Crackdown 3

Di Crackdown 3 ne parliamo ormai dal 2015, anno in cui quel gioco (che non aveva avuto tanto successo con la sua seconda iterazione) trovava nuova linfa vitale grazie al cloud computing e alla feature di distruzione totale di palazzi e di ogni zona della mappa. Alcune volte però fare il passo più lungo della gamba può portare a delle complicazioni davvero gravi nella riuscita di un prodotto, problemi che potrebbero inficiare parzialmente o totalmente sul titolo. Crackdown 3 rientrerà tra questi? Sarà riuscita l’ultima fatica Microsoft a uscire fuori da quel pesante downgrade di cui tutti parlano oggi?

Un’estetica che traballa

Prendendo in mano il controller durante le sessioni di Crackdown 3, sembra come se qualcosa fosse rimasto fermo: vuoi per i lunghi 4 anni di lavoro, vuoi per forse un’idea ormai anacronistica, ma partendo fin dal principio tutto quello che vedrete a schermo sembra leggermente sbagliato. Il grande Terry Crews parte in pompa magna con un discorso motivatore per nulla male, ma anche la sua verve esagerata risulta fuori contesto. Superata l’introduzione, ciò che vedremo sarà una grande città colorata e futuristica, quanto basta a farci accettare la sua estetica un po’ troppo plasticosa e poco realistica (ma ci sta, è lo stile scelto per questo titolo).

Crackdown 3

Se stavate già pregustando la distruzione totale di ogni singolo palazzo o muro, in Crackdown 3 questa dinamica è stata ridotta in modo netto: nel single player potrete distruggere qualcosa, ma i danni non saranno generati dinamicamente, bensì i materiali si romperanno in modo netto e poco realistico. Nel multiplayer viene utilizzata la potenza del cloud computing, ma questo si riduce ad una distruzione accentuata ma comunque fittizia, dove ogni singolo palazzo o piattaforma sembreranno fatti di plastica e dove la distruzione rimarrà fine a sé stessa. Proprio qui parleremo, per l’ultima volta, delle aspettative: si parlava nel 2015 della possibilità di rompere ogni singolo muro e sfruttare questo vantaggio, magari entrando in stanze che, a detta degli sviluppatori, sarebbero state create una dopo l’altra, conferendo un feeling realistico a questa meccanica. Ora invece, rompere un muro vi porterà soltanto nel vuoto cosmico di questi palazzoni finti e poco dettagliati. Se però riuscite a superare questi ostacoli dati dall’estetica e dalle aspettative, vi si aprirà un mondo.

Una sostanza per niente male

Perché alla fine Crackdown 3 è dannatamente divertente, sia nella sua campagna single player, fuori di testa e adrenalinica, sia nella Wrecking Zone, la modalità multiplayer. Partiamo dagli inizi.

Nella modalità single player vi troverete in un mondo aperto e in un setting che ricorda molto, in termini di dinamica, il primo capitolo della serie: nei panni di un agente vi ritroverete su questa città di nome New Providence, controllata da un’organizzazione malvagia, Terra Nova, con il vostro compito che sarà quello di aiutare i ribelli. Avrete quindi “nelle orecchie” sia la classica voce dell’Agenzia, sia quella di una ragazza che vi guiderà tra obiettivi scontati ma al contempo divertenti. Dovrete sconfiggere i sottoposti di questa terribile organizzazione per risalire la scala e togliere di mezzo la mente a capo di tutto.

Per farlo, dovrete entrare nei quartieri di ognuno di questi sotto-boss, completare degli obiettivi (classici come pulisci la zona, distruggi il palazzo, ecc) e avanzare di volta in volta. Il divertimento starà proprio in questo: il core del gioco vi porterà a saltare da una piattaforma all’altra, sparando all’impazzata a nemici di vario tipo con armi di vario genere. Potrete inoltre spostarvi poi da una zona all’altra grazie ai mezzi che troverete in giro, anch’essi sempre più futuristici e strani.

Abbiamo detto che questo titolo si avvicina di più al primo capitolo che al secondo: spariscono infatti gli “agenti zombie” in favore di nemici umani e robotici, che stavolta però si differenziano ulteriormente, aggiungendo varietà ai combattimenti. In questo modo sarà vitale cambiare arma (o rubarla per terra) per adattarsi allo scontro, con delle boss fight finali che richiederanno un po’ di tattica (ma non troppa).

Crackdown 3

Nella Wrecking Zone tutta la baldoria delle sparatorie viene traslata nel multiplayer, in mappe grandi quanto basta e con una dinamicità maggiore (grazie a dei punti di salto simili a Quake). Proprio qui inoltre, anche grazie al cloud computing, diventerà più importante sfruttare la distruttibilità degli oggetti, vuoi per liberare traiettorie di tiro, vuoi per cogliere di sorpresa i nemici.

La fine di Icaro?

Crackdown 3 è un moderno Icaro del videogioco: lungi da essere perfetto, se fosse uscito oggi senza nessuna pretesa, forse avrebbe ricevuto un gradimento maggiore. Le aspettative create da quella possibilità di crivellare un muro di colpi e vederli a segno uno dopo l’altro (con rispettiva porzione caduta) invece pesano ulteriormente su questo gioco, creando un danno maggiore a tutti quei giocatori che si aspettano qualcosa in più. Fortunatamente allo sciogliersi delle ali Crackdown 3 sopperisce con un mezzo di trasporto sostitutivo, quello del divertimento e dell’azione pura. Non basta a risollevare completamente il titolo, ma basta il giusto per rendere il gioco appetibile sia per i fan della serie che attendevano ormai da anni di tornare nell’Agenzia, sia per i neofiti che invece potrebbero cercare quel tipo di gioco che ormai risulta difficile vedere, e che Xbox ha potuto conoscere con Sunset Overdrive.

Crackdown 3
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Amante dei videogiochi, non si fa però sfuggire cinema e serie tv, fumetti e tutto ciò che riguarda la cultura pop e nerd. Collezionista con seri problemi di spazio, videogioca da quando ha memoria, anche se ha capito di amarli su quell'isola di Shadow Moses.