Dopo un grandissimo successo tra pubblico e critica, Remothered: Tormented Fathers arriva anche su PlayStation 4 ed Xbox One. Il titolo italiano di Darril Arts e Stormind Games è il primo di una trilogia survival horror, un gioiello che va a sottolineare quanti passi in avanti stiano facendo gli sviluppatori nostrani, offrendo un livello qualitativo davvero ottimo. Chris Darril e compagni hanno infatti creato uno dei titoli migliori mai presentatisi nello stivale, e l’arrivo del gioco sulle console di punta del 2018 ne aumenta ulteriormente la fruibilità. Possiamo dire con estremo compiacimento che non si è trattato di un semplice adattamento della versione che abbiamo recensito su PC, ma che sono stati anche comprese quelle piccole migliorie apportate al titolo dopo la sua uscita.
Ancora una volta, ancora nel buio
In questo horror in terza persona, andiamo a vestire i panni della dottoressa Rosemary Reed, che giunta nella sinistra magione della famiglia Felton – Gallo dichiarerà di voler accertarsi delle condizioni di salute dell’anziano padrone di casa, che fino a qualche tempo prima era ricoverato in una clinica. Senza mantenere il basso profilo che si era prefissata all’inizio, la donna (dalle fattezze di Jodie Foster) scoprirà le proprie carte: rivela di essere alla ricerca di notizie sulla scomparsa della figlia del Sig. Felton, avvenuta molti anni prima e senza lasciare una singola traccia. Chiaramente le domande della dottoressa non sono ben gradite, ed oltre ad essere smascherata viene malamente cacciata dalla dimora. Rientrata di nascosto nella notte, cercando a tutti i costi una risposta, inizierà il vero e proprio incubo. Il suo, e il nostro. Intrappolati, provando a scappare in qualsiasi modo per non essere uccisi. Già, perché una volta che il Signor Felton ci scoprirà a girovagare per le sue stanze, non sarà proprio felice di vederci… né lui, né qualcun altro. Senza entrare troppo nei dettagli per evitare spoiler, Remothered: Tormented Fathers è un susseguirsi turbinoso di colpi di scena, puntando sui suoi più grandi punti di forza: angoscia, ansia, paura, e la chiara sensazione di impotenza. Quali sono le motivazioni che hanno spinto Rosemary Reed a rientrare a tutti i costi in questa trappola infernale? Vi invitiamo calorosamente a scoprirlo.
Senza Pistola, ma con un Pad
Una delle caratteristiche fondamentali in Remothered è proprio questo feeling: il non poter far nulla per contrattaccare, rimandare l’inevitabile con le poche cose che la muffita casa ci offre tra cassetti e mobilia. Va da sé che per fruire al massimo di questo titolo, è necessario un comfort di un certo livello, con ogni singola azione ed ogni secondo che valgono oro. Chiaramente la differenza principale tra la versione PC e quella per console di Remothered: Tormented Fathers sta proprio nel modo in cui viene giocato. Uno studio più accurato e tempistiche meno proibitive, hanno fatto in modo che la mappatura dei tasti su pad risulti istintiva, magari ispirandosi anche ad altri generi per trovare una coerenza generale e far sentire a proprio agio il giocatore. Lì dove riusciamo a guadagnare prontezza, vi è l’altra faccia della medaglia, dove la precisione nel puntamento e la ricerca dell’angolo esatto della telecamera per eseguire un’azione sono decisamente più complicati rispetto a quello che otterremmo con il mouse… e anche in questo caso si tratta di perdere millisecondi preziosi.
No Way Out
Già, perché in questo titolo saremo braccati, dovremo acuire tutti i nostri sensi, sfruttarli al massimo per cogliere il momento giusto, e nel frattempo sfruttare la nostra astuzia per sfuggire ai nostri aguzzini in un misto tra nascondino e acchiapparella. Sfrutteremo inoltre nascondigli, corde per bloccare delle porte, e chiaramente oggetti e chiavi per aprirne altre. Gli enigmi che ci pone il titolo sono di facile risoluzione… ma dove la loro difficoltà intrinseca risiede nel malato backtracking necessario per attuare i nostri piani. Questo significa dover più volte evitare il caro signor Felton sfruttando gli spazi più angusti della casa, oppure rallentarlo lanciandogli oggetti contundenti, oppure ancora distrarlo con espedienti per creare forti rumori. Nel caso ci scoprisse, potremo difenderci con delle armi bianche improvvisate che lo renderanno innocuo per pochissimi attimi. Ma se dovessimo sentirci addosso il suo fetido fiato senza qualcosa del genere per salvarci… beh, potete immaginare cosa accadrebbe. Le palpitazioni saranno sempre accelerate, ed il vostro cuore diventerà protagonista e spettatore del gioco. Ricordate però che mantenere la calma sarà essenziale per la buona riuscita dei quick time event votati alla vostra incolumità.
C’era una volta…
La trama ha un ruolo centrale in questo gioco, muovendo i fili ed intrigando il giocatore quanto basta, caratteristica arricchita dall’ottima regia che sta dietro al titolo. L’unico difetto da questo punto di vista, sta nell’eccessiva velocità con cui le informazioni vengono ritrovate ed assimilate dalla dottoressa Reed, consumando la curiosità del giocatore in fretta. Stando alle 4 ore e mezza circa della durata totale del gioco, d’altro canto, questa celerità nell’offrire quanti più chiarimenti possibili al giocatore trova una sua dimensione.
Sul piano tecnico possiamo ritenerci soddisfatti: come già detto, le varie migliorie apportate al titolo sono state implementate anche nelle versioni console, anche se è stato necessario un leggero downgrade grafico per standardizzare il rapporto tra la qualità di questo comparto e i fotogrammi al secondo. Certo, se cercate il massimo dell’esperienza da questo punto di vista il consiglio è quello di fruire del gioco utilizzando un PC di prima fascia, ma possiamo assicurarvi che la versione PlayStation 4 (quella da noi testata per la review) riesce a rendere ottimamente su schermo, mantenendo il punto di forza sui grigi e sui neri senza disdegnare le zone più illuminate… magari dalla piccola torcia che portiamo con noi. Preparatevi ad essere rapiti e oppressi dall’ottimo level design, da una claustrofobia costante… e in alcuni casi ancora più pressante.