Smile 2 è il sequel diretto di Smile, uscito nel 2022 con la regia di Parker Finn, giovane regista statunitense alla sua opera quarta. Un nuovo film horror (che potrebbe oggi diventare una saga), che ha catturato l’attenzione di un vasto pubblico ed anche di una buona fetta di critica, che ne ha lodato le scelte registiche, ma che è stato anche capace di creare jumpscare, ed una storia originale – per quanto possibile – nel panorama horror. Era quindi tempo, dopo i buoni risultati al botteghino del primo capitolo, di continuare la storia cercando di produrre qualcosa di nuovo ma al tempo stesso legato al primo capitolo.
Una discesa verso il suicidio…
Una misteriosa entità si impossessa del malcapitato di turno, protagonista o meno del film, e fa sí che piano piano, nel corso di una manciata di giorni, impazzisca. A partire da piccole allucinazioni in cui la vittima vede persone (anche conosciute) che le sorridono in maniera alquanto inquietante, fino alla completa perdita della capacità di distinguere la realtà dalla fantasia.
Le vittime cominciano ad avere visioni che durano anche ore e che mostrano una realtà completamente parallela, mentre nella vita reale non hanno idea di ciò che sta succedendo e ciò che stanno facendo. Sono capaci quindi di azioni anche molto violente e, soprattutto… di uccidersi.
Dopo una manciata di giorni, spesso meno di una settimana, l’entità compie l’atto finale: fa sì che la vittima si suicida di fronte alla successiva vittima, che sarà quindi a sua volta impossessata per la sola “colpa” di aver assistito all’atto. E così, la scia di possessioni e suicidio prosegue in una catena che si può interrompere solamente se l’impossessato di turno compie un omicidio di fronte ad un testimone, a cui l’entità passerebbe “saltando” il suicidio dell’impossessato.
Tutto questo, viene ampiamente spiegato nel corso del primo film, dove la vittima è una donna che lavora in un ospedale, ha un marito ed un gatto. La sua discesa verso la disperazione e la piena possessione, tra le visioni di persone che sorridono e danno il titolo al film, ha catturato l’attenzione di molti e può ricordare per alcuni aspetti narrazioni introspettive come in Insomnia di Christopher Nolan, accrescendo le aspettative per il seguito, Smile 2. Ma queste aspettative sono state rispettate?
Attese rispettate?
Difficile rispondere a questa domanda, perché la storia del sequel inizia in maniera interessante, con il tentativo dell’ultimo impossessato del primo film, di liberarsi dell’entità tramite un omicidio. Purtroppo, le cose non vanno per il meglio e la catena continua, attraversando prima ambienti di clienti di traffici di droga e poi una star della pop music internazionale, protagonista di questo film, interpretata da Ridley Scott.
La storia di una star piena di responsabilità, alle cui dipendenze lavora un pieno entourage, con un seguito di milioni di persone, si incrocia con la discesa nella solita pazzia, i sorrisi inquietanti, le allucinazioni. Purtroppo però, la storia non si muove, ma diventa un loop. Non si approfondisce nulla riguardo l’origine o le caratteristiche dell’entità, non c’è nessun tentativo vero di fare qualcosa, e l’unico personaggio “Deus ex machina” (Peter Jacobson, attore di cinema e serie tv conosciutissimo) che prova a fare qualcosa, ha un peso davvero troppo marginale. Da segnalare però la presenza di Ray Nicholson, figlio d’arte che, pur apparendo per un minutaggio molto limitato, riesce a sorridere alla protagonista in maniera inquietante quanto poteva essere il sorriso del padre nel film che lo ha reso una leggenda.
Il verdetto
Insomma, tutto quello che c’era di buono nel primo film, non è stato riproposto nel secondo, forse a voler cercare anche una nuova strada che per incidente ha allontanato troppo il risultato.
Tecnicamente, Smile 2, va alla grande. La regia fa delle scelte peculiari ed apprezzabili, così come la fotografia, che riprende anche dei movimenti introdotti nel primo film. Le musiche danno il loro peso importante e tutti i reparti dialogano bene tra loro e danno buoni risultati (d’altronde, il budget è importante). Quello che manca è proprio “la ciccia”: qualcosa che non si può compensare con il cast.
Il finale, forse l’unico possibile, porterebbe un terzo capitolo a poter essere molto diverso dai primi due capitoli. Sembrerebbe infatti difficile che la saga si fermi qui, ma al tempo stesso anche pensare ad un nuovo sequel originali. Se ne parlerà tra un paio di anni?