KFC e Sfera Ebbasta: il pollo fritto da disco d’oro – Intervista a Paolo Toffano, Marketing Manager di KFC Italia

Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con Paolo Toffano, Marketing Manager di KFC Italia, sulla collaborazione tra KFC e Sfera Ebbasta

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Di prattico Lettura da 12 minuti

Questa è una storia. Una storia di pollo fritto, di trapper e di KFC. Ci sono cose che in Italia ci vengono bene. Senza ritardi, burocrazia, tagli dello Stato: mangiare. A noi ci viene bene mangiare. Se ne sono accorte anche le grosse catene alimentari sbarcate nel bel paese e per forza di cose un prodotto che funziona in Inghilterra , vende in Spagna e va così così in Francia, avrà bisogno di uno studio e di uno uno storytelling tutto suo per il lancio nel Bel Paese. KFC questo l’ha capito e dal 2014 ha iniziato a costruire la propria identità tricolore attraverso la fantasia, un tone of voice frizzante e tanto, tanto, buon pollo. Nello stesso momento, 2 settimane fa, Sfera Ebbasta lancia il suo nuovo album, “Famoso”. La chicca che andiamo a scoprire oggi è proprio la collab di KFC con il trapper di Cinisello Balsamo: un bucket da 12 Tender Crispy, 2 patatine medie, 2 Pepsi Max, una large di Pop Corn Chicken e 3 salse “più rosse dei capelli di Sfera Ebbasta”, Ketchup, Barbecue e 2Hot4You. Questo è il “Famoso Menu”, limited italiana. Per due persone eh. A livello internazionale, in questi ultimi due anni, avevamo già visto quanto contino le collaborazioni Street nel mercato Food 2.0: molto spesso il target è proprio lo stesso. Ma in Italia qualcosa del genere non l’avevamo mai messa in piedi: poi però ci ha pensato Paolo Toffano, Marketing Manager di KFC Italia. E allora andiamo a intervistarlo, in un Microsoft Teams dove si presenta con lo sfondo green screen di un panino gigante in oro. È una delle visioni più romantiche della mia vita. In questo momento, proprio in questo momento, chiedimi se sono felice.

Le basi, che altrimenti ci perdiamo. Come è nata questa collaborazione?

Diciamo che è stata una collaborazione nata anche in tempi piuttosto stretti, però in modo molto naturale. Ci sono tante affinità, non vorrei esagerare ma direi quasi elettive, tra il nostro Brand e Sfera. Noi siamo un marchio internazionale americano arrivato relativamente da poco qui in Italia – cinque anni – e siamo molto apprezzati dai giovani che poi sono anche i fan di Sfera. Lui, allo stesso tempo, è molto ambizioso e dall’Italia è volato negli States per il suo ultimo disco, praticamente il nostro percorso inverso, ma con le stesse dinamiche: la velleità di sfondare anche oltre oceano, la grinta. Diciamo che il suo primo contatto con KFC è avvenuto proprio negli Stati Uniti: lui ha registrato lì “Famoso” e raccontava tempo fa come durante le poche pause che aveva tra una registrazione e l’altra ha scoperto il pollo del Colonnello. È da lì che è nata questa collaborazione: lui ha scelto i suoi prodotti preferiti che aveva conosciuto negli USA e che poi ha ritrovato in Italia e abbiamo creato insieme il Famoso Menu, a riprende il nome del disco. Diciamo che non potevamo perdere l’occasione di fare questa collaborazione dall’impronta molto allegra, frizzante, soprattutto in un anno in cui di serenità, di leggerezza, ce n’è stata poca.

Eccolo qua il colpevole di questa bellezza

Dell’attività mi è piaciuto soprattutto il branding a tema street, d’impatto

E sì, il Menu è stato lanciato con degli adesivi che ha disegnato Sfera stesso attaccati a tutti i prodotti di questa limited che durerà fino al 20 dicembre. Oltre al fatto che è un bell’effetto vedere la faccia di Sfera sul bucket, il nostro prodotto iconico, abbiamo pensato ad una edizione a tempo perché diciamocelo: sappiamo tutti bene quanto siano fashionisti e modaioli i trapper. In aggiunta, Sfera ha pensato ad una sua capsule collection dedicata, con t-shirt, cappellini, felpe, tutte in vendita nell’e-commerce del suo sito.

Le collaborazioni food dei rapper americani negli scorsi mesi sono state tante e d’impatto. Quanto le tendenze d’oltreoceano hanno influenzato la vostra scelta della partnership?

Beh, partiamo dicendo che questo tipo di collaborazioni nel mondo del food sono molto più rare che, per esempio nel mondo della moda, nel senso che se pensi a tanti rapper – o comunque cantanti – che hanno fatto collaborazioni con tutto quello che è il mondo dello Streetwear ti accorgi che nel food era, fino a questo periodo, assolutamente più raro. Travis Scott è stato sicuramente un apripista ma erano un paio decadi che non succedeva di vedere qualche celebrities – che peraltro prima di norma provenivano dal mondo dello sport – non facesse una collaborazione con il mondo del fast food. Siamo sicuramente davanti ad un periodo di cambiamento e come tale va prestata molta attenzione al fenomeno.

La black t-shirt della capsule di Sfera

Quindi possiamo dire che KFC si è cominciata a interessare al mondo street o l’attività rimarrà una mossa isolata in attesa di sviluppi?

Considera che in generale il fattore Street è un po’ nel nostro dna: siamo un Brand Pop e l’attitudine Street style è parte integrante della mentalità di ogni fast food, molto legato a tutte le immagini che abbiamo dai film americani, dalla musica. Pensa alla componente “realizzazione” della musica Rap o Trap: un ragazzo parte da Cinisello Balsamo e arriva a fare un disco in America. Anche il nostro Colonnello è il simbolo del self made man, no? La tenacia, la voglia di farcela dei ragazzi di oggi : questa componente ci caratterizza sicuramente, poi ovviamente si inserisce all’interno di una strategia di comunicazione di marketing più ampia, ma rimane nel nostro core. Quello che vogliamo fare noi come brand, anche nei social, è costruire e mantenere sempre di più il rapporto con la community e sicuramente la musica fa parte degli interessi del nostro pubblico. Quindi sarà possibile ritoccarla il futuro, magari, vedremo.

In un mercato come quello italiano quali pensate siano le mosse più adatte per un fast food per costruire la propria identity?

In Italia abbiamo una cultura della cucina che è molto radicata. Se pensi che ogni regione – se non quasi ogni città – ha le sue le sue ricette, ti accorgi quanto per noi italiani sia un argomento importantissimo. Una cosa del tutto non banale è essere distintivi nell’offerta: per un fast food il fattore “good value for money”, cioè che mangio a sufficienza spendendo poco, è più legato necessariamente ai valori del brand. Quindi essere distintivi è difficile e noi siamo partiti dal pollo fritto: noi siamo leader a livello mondiale del pollo fritto, come Sfera, no? Pollo Ebbasta. La cosa che ci viene riconosciuta è che noi abbiamo davvero il pollo. Se tu apri un nostro Tender Crispy lo vedi che non è macinato, è vero pollo, quindi la bontà e la qualità del prodotto è diventata la principale differenziazione rispetto agli altri grandi marchi. Le nostre cucina sono cucine vere, le persone ai fornelli sono cuochi, non addetti ai lavori: l’esperienza che fai all’interno del ristorante è il nostro core business e lo stesso bucket, la nostra icona principale, è proprio il sinonimo di convivialità, di condivisione. In Italia abbiamo milioni di bar, tavole calde, pizzerie al taglio: un fast food nel nostro paese ha un competitor ogni venti metri. Tu puoi decidere di mangiare il panino con la mortadella o di mangiare un hamburger o un bucket di pollo. La competizione è molto capillare: per farsi spazio bisogna essere diversi da tutti gli altri. Difficile eh, ma che soddisfazione quando ci si riesce. E ci stiamo riuscendo, perché ci viene riconosciuto dalle ricerche che facciamo sul consumatore, la clientela ci apprezza per l’innovazione, la differenziazione e la qualità del prodotto, quindi di questo siamo assolutamente orgogliosi.


E in questo frangente, quali sono le priorità e le proposte di KFC? Che feedback vi sta dando l’Italia?

Come priorità noi teniamo moltissimo al rapporto con le persone, covid permettendo, anche proprio all’interno del locale. Poi ovviamente c’è anche dietro una multinazionale che ci permette di attingere a svariati e variegati prodotti senza doverci inventare, per esempio sui social, tutti i giorni l’acqua calda. Siamo un mercato ancora giovane in Italia, in super espansione: perfino quest’anno non ci siamo fermati, abbiamo aperto 8 ristoranti nonostante il periodo non proprio ottimale. La nostra pipe line, che ovviamente doveva essere più ambiziosa, è andata avanti, magari per vie traverse. Penso al delivery, che da task da tenere d’occhio nei “to do” è diventato improvvisamente prioritario. Quindi diciamo che la soddisfazione anche quest’anno c’è stata, considera anche il lancio dell’app ufficiale italiana e l’andamento dei social. Ecco, in generale come nostro fattore chiave direi il rapporto umano in un mondo digitalizzato.

L’identità del brand nei social che quindi diventa essenziale

Assolutamente. Cerchiamo ovviamente di stare al passo con i tempi, se non addirittura di anticiparli, in un mondo che è sempre più robotizzato. Partiamo proprio dal Colonello: era un uomo estremamente moderno. Faceva tantissime interviste televisive, era presente fisicamente nelle pubblicità di KFC, sempre vestito con il suo abito bianco… era un uomo di marketing pazzesco, aveva già capito in tempi non sospetti quanto certi dettagli facessero la riconoscibilità di un marchio. Come Dylan Dog, sempre vestito nello stesso modo definito, ha reso sé stesso un elemento molto identificativo. Noi la stessa riconoscibilità la convertiamo nei nostri social: lui era un uomo molto ironico, molto resiliente… sono famosi tutti i no che ha ricevuto. Di conseguenza, il nostro tono di comunicazione ci permette di essere sempre molto ironici, a volte anche un po’ irriverenti.

E… intervista finita, cominciamo a uscire: KFC ha invitato la redazione al locale di Roma Tiburtina per provare il Famoso Menu, quindi vi lasciamo le chiavi qua, chiudete voi. Oh, ecco il link alla pagina Instagram di KFC Italia così potete diventare anche voi Pollowers del Colonnello e seguire con i vostri occhi le prossime campagne marketing. Ci vediamo presto, magari con qualche bucket in più. Bella!

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