Il terremoto che si è abbattuto sabato 30 aprile 2022 sul mondo videoludico in generale, ma nello specifico nel mondo delle sale LAN, che si sono ritrovate dal giorno alla notte in una situazione di “illegalità”, continua a produrre scossoni di assestamento, nonostante una luce in fondo al tunnel sia ben lontana dal vedersi. La strada è lunga, impervia e ricca di ostacoli: non a caso ci troviamo di fronte il “boss di fine gioco” più pericoloso di sempre, ovvero la burocrazia italiana. Procediamo con ordine ed andiamo ad analizzare in primis i fatti e poi a tirare le somme.
Cos’è una sala LAN? E come funziona?
Una Sala LAN è innanzi tutto un luogo di aggregazione (e solo questo dovrebbe far accendere una lampadina circa le difficoltà che questi centri hanno avuto a partire da marzo 2020, periodo di massimo lockdown), preposti all’utilizzo di computer, console o videogiochi in generale (sì, non solo, alcune di queste offrono anche spazi dedicati ai giochi da tavolo o di ruolo stile Dungeons & Dragons), previa iscrizione presso la ASD (Associazione Sportiva Dilettantistica) che presiede il locale. Molto spesso sono luoghi dove le squadre di eSports svolgono le proprie prove di gioco: al pari di come una squadra di calcio si allena su un campo sportivo, qui i player si incontrano e per diverse ore giocano ed affinano le loro tecniche con il coach alle spalle. Alcune sale di questo genere consentono anche le consumazioni di cibo, dal semplice caffè ai più complessi panini, piatti a base di pasta o carne e chi più ne ha, più ne metta: basti pensare che in America o anche in alcune zone europee spesso queste sale di aggregazione hanno un vero e proprio ristorante all’interno dell’area. Insomma, vista così questi posti sono delle vere e proprie macchine da guerra che danno lavoro a molte persone e che possono costituire l’evoluzione di quella che nell’infanzia di chi vi scrive era la “sala giochi”.
LAN-GATE: come ti sigillo l’azienda
Sabato 30 aprile, a seguito di un esposto svolto dall’imprenditore Sergio Milesi, le sale LAN di tutta Italia si sono ritrovate con gli ufficiali davanti alla porta, pronti a mettere i sigilli a tutte le macchine presenti nella struttura e bloccando di fatto il regolare svolgimento del lavoro da parte dei proprietari e del personale (qui nel dettaglio la cronaca di quello che è stato un giorno funesto per questo paese). Cosa ha fermato le sale LAN? Un esposto presso l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli italiani: che interesse ha chi c’è dietro questo esposto? Ebbene dopo una ricerca online, si evince che l’imprenditore bresciano, Sergio Milesi possiede un’azienda da 250 dipendenti, la LED Leisure Entertainment Development, che sarebbe dedita alla creazione di “centri di divertimento e intrattenimento”. Sulla loro pagina LinkedIn, viene mostrato il marchio Joy Village, e la struttura di recente apertura in un noto centro commerciale romano.
Ovviamente la prima cosa che è saltata in testa a molti è stata «che interesse ha avuto tale imprenditore a bloccare un esercizio pubblico che andava avanti da anni?» Ebbene oggi è arrivata la notizia: in breve, secondo il signor Milesi, servono regolamentazioni serie alle sale LAN per permettere a lui (ed anche altre aziende) di investire nel settore degli eSports. Come riportano i colleghi di esportsmag.it, le parole dell’imprenditore sono le seguenti:
“Un imprenditore serio, che vuole investire in un mercato, assumendo dipendenti, e quindi rendendosi responsabile di altre persone e famiglie, ha bisogno di certezze normative. Prima di avviare qualsiasi impresa bisogna essere certi delle norme che regolamentano il settore di interesse“.
Continuano poi precisando:
“Ritengo che i fatti che stanno accadendo, debbano portare il regolatore a emanare delle norme che regolamentino questo settore, per tenere la nostra Nazione al passo con il resto del mondo. La nostra azienda è interessata a investire nel settore eSports, riteniamo che una volta normato possa essere un’offerta di intrattenimento complementare a quella presente nei nostri centri di intrattenimento familiare a marchio Joyvillage. Sarei contentissimo di assumere nuovi collaboratori, ma prima di assumere persone e dare lavoro come imprenditore devo essere tranquillo che l’attività che svolgo sia lecita e normata. Credo sia il minimo che un qualsiasi imprenditore serio possa e debba chiedere”.
Infine conclude con:
“Non l’ho fatto per bloccare una concorrenza che ritengo sleale, le azioni che stanno intraprendendo Adm, non sono state da noi richieste, ma sono dettate probabilmente dalle normative esistenti. E proprio perché non volevo creare problemi, ho fatto seguire l’esposto da un interpello, al quale l’ente è obbligato a rispondere entro 90 giorni, col quale chiedo qual è la corretta interpretazione della norma. Se Adm non trovasse anomalie non avrebbe alcun motivo per chiudere una struttura”.
A seguito di tutto questo, sui social network come TikTok, Facebook ed Instagram moltissimi utenti ed esponenti del panorama eSportivo (e non solo, anche streamer su Twitch e content creator su YouTube) hanno commentato l’accaduto come una presa di posizione scellerata e poco orientata verso una vera risoluzione di una lacuna normativa, quanto piuttosto vista come il mero interesse personale mascherato da una crociata per la legislazione latente. Al momento la situazione è in mano allo Stato Italiano e questo è di certo un bene da una parte, ma lascia indubbiamente perplessi gli esercenti: è chiaro che in questo Paese la burocrazia è di una lentezza insensata, talvolta capace di rendere complessa una cosa semplice e banale al limite dell’inverosimile. Figuriamoci a regolamentare un intero settore, potrebbero volerci mesi o addirittura anni, e nel frattempo le cose potrebbero repentinamente cambiare, facendo crollare quei luoghi di aggregazione che fino a ieri hanno “cresciuto” decine di giocatori ed eSportivi professionisti.