Siamo nel dicembre 2015, esce nei cinema di tutto il mondo Star Wars: Episodio VII – Il Risveglio della Forza. L’attesissimo capostipite della nuova “Trilogia Sequel” della rinascente saga stellare scaturita dal genio di George Lucas è risultato essere un successo straodinario sia in termini di critica che economici: il regista J. J. Abrams, coadiuvato da molti degli storici autori dei precedenti film di Star Wars, è riuscito ad immergerci nuovamente nel fantastico e vastissimo universo di Guerre Stellari miscelando sapientemente le atmosfere del passato care ai fan con i moderni mezzi cinematografici. Nel medesimo anno, per ingannare l’attesa tra un episodio e il successivo, Walt Disney Company (proprietario sin dal 2012 di Lucasfilm Ltd., e dunque anche del marchio Star Wars) annunciò il progetto “Star Wars Anthlogy Series”, una raccolta di spin-off e storie parallele che vanno ad affiancare la serie principale. Rogue One: A Star Wars Story è il primo esponente di questa serie e, ve lo diciamo subito, non si poteva avere inizio migliore.
Tanto tempo fa, in una galassia lontana lontana…
…spunta da subito la prima sorpresa, data l’assenza della storica carrellata di testa che da sempre introduceva e contestualizzava il film. Questo è il primo segno, il primo indizio di ciò che il regista Gareth Edwards (“Monsters” 2010, “Godzilla” 2014) tiene a sottolineare agli spettatori: Rogue One è un midquel, in quanto sequel di Episodio III – La Vendetta dei Sith (2005) e prequel di Episodio IV – Una Nuova Speranza (1977), ma allo stesso tempo è slegato dalla linea principale degli eventi; esso è infatti “solo” una piccola storia, un focus su uno dei tanti eventi finora tenuti dietro le quinte nell’enorme scacchiere della Guerra Civile Galattica tra la tenace Alleanza Ribelle in lotta per la libertà e il mastodontico e tirannico Impero Galattico. Il tutto prende spunto da una frase, presente da ormai 40 anni nei summenzionati titoli di testa di episodio IV (al tempo noto in Italia semplicemente come Guerre Stellari) e nella memoria dei fan più accaniti:
“È un periodo di guerra civile. Navi spaziali Ribelli, colpendo da una base segreta, hanno ottenuto la loro prima vittoria contro il malvagio Impero Galattico. Durante la battaglia, spie Ribelli sono riuscite a rubare i piani segreti dell’arma decisiva dell’Impero, la MORTE NERA, una stazione spaziale corazzata di tale potenza da poter distruggere un intero pianeta.”
Tale squadra di spie ribelli è la Rogue One che da il nome alla pellicola, e questa è la storia della loro impresa.
La prima parte, dedicata quasi interamente a presentare tutti i vari personaggi (tra cui la protagonista Gyn Erso, sebbene sia importante sottolineare che il “protagonista” è la squadra nella sua interezza), è interessante, sebbene sia possibile avvertire delle incertezze a livello di regia, con alcune situazioni e personaggi che avrebbero meritato un maggiore approfondimento. Tutto ciò viene però compensato da una messa in scena eccellente, con pianeti affascinanti e una resa finalmente oppressiva e dilagante dell’Impero: esso è titanico, tirannico e pomposo, ad ogni inquadratura dei già enormi Star Destroyer (ottimamente realizzati, come tutte le altre navi e tecnologie del film, grazie ad un’ottima mistura di CGI e modelli reali) se ne alternano quelle di mezzi ancor più colossali. Ecco dunque apparire la minaccia imminente, la Morte Nera che, costantemente getta una minacciosa ombra sulla galassia per tutta la durata del film… mai però minacciosa quanto quella di lui, sì proprio lui, l’Oscuro Signore dei Sith Darth Vader, che qui appare in poche scene ben calibrate e dal potentissimo impatto visivo.
È proprio parlando dei personaggi che bisogna incorrere in alcune osservazioni perchè, sebbene nel complesso il cast sia ben assortito e i ruoli ben si adattino, si torna anche a sottolineare la poca caratterizzazione di alcuni: Gyn Erso è una donna dalla grande forza d’animo ma non riesce ad inspirare particolare attrattiva, al contrario di alcuni suoi commilitoni (come il fantastico robot ex-imperiale K-2SO o il sacerdote della forza Chirrut Îmwe), così come il villain, costituito dal Direttore Imperiale Orson Krennic, è un uomo frustrato e desideroso di potere, ma allo stesso tempo risulta di poco spessore (insomma, cattivo perchè facente parte dei cattivi, senza ulteriori motivazioni). Non mancano però le piacevoli sorprese, come un ottimo Mads Mikkelsen nel ruolo di Galen Erso, padre di Gyn, e qualche “ritorno inaspettato” come un redivivo Peter Cushing che, come precedentemente annunciato durante la lavorazione del film, torna ad impersonare lo spietato Grand Moff Tarkin grazie alla potenza della CGI.
“La Forza è con me, sono tutt’uno con la Forza”
Un altro grande merito va però rivolto a Rogue One: può esistere Star Wars senza Jedi, Forza e Spade Laser (sebbene questi ultimi due non siano del tutto assenti)? Sì, perchè Rogue One ha proprio il merito di osare, andare oltre i classici stilemi della saga riuscendo però a rimanere un eccellente Star Wars…a tratti anche più Star Wars del, pur sempre ottimo, Risveglio della Forza. Il film di Edwards è un film di Guerra con la “G” maiuscola, con atmosfere cupe, una fotografia sporca e desaturata e con una finalmente realistica Alleanza Ribelle, tutt’altro che l’intonsa paladina del bene che, nella sua “ingenuità di sceneggiatura”, la trilogia classica aveva dipinto. Non mancano neanche inquietanti (e incredibilimente coraggiosi, per un film Disney) riferimenti ad eventi reali, come la drammatica situzione siriana, qui “metaforizzata” in una particolare scena. Tutto ciò fa molto bene ad un brand che da tempo rimaneva confinato ai suoi cardini di “avventura fantasy ambientata in un contesto sci-fi”, sottolineando come anche Star Wars possa risultare un prodotto molto maturo, perchè Rogue One, va precisato, è un film si adatto ad un pubblico generico ma anche specificatamente indirizzato ad un target di spettatori piuttosto adulto.
Menzione d’onore va fatta ad un ultima, ma non meno importante, coraggiosa scelta di Lucasfilm: siamo ormai stati abituati a credere che “non sarebbe Star Wars senza John Williams alle musiche”, ebbene è proprio un altro dei meriti di questo film l’aver dimostrato il contrario! Michael Giacchino, già compositore delle colonne sonore dei vari Star Trek di J. J. Abrams, ha qui fatto un lavoro magistrale miscelando sapientemente temi familiari con musiche realizzate appositamente, creando così brani memorabili ed estremamente orecchiabili, in grado di adattarsi alla perfezione a luoghi e personaggi.
“Abbiamo una speranza. Le ribellioni si fondano sulla speranza!”
Rogue One: A Star Wars Story è un film sorprendente (sicuramente tra i migliori della saga) che, sebbene afflitto da una parte iniziale che stenta ad ingranare e da personaggi che avrebbero forse avuto bisogno di un maggiore approfondimento, riesce presto a calare lo spettatore in un contesto nuovo da tempo meritevole di attenzione: le Guerre Stellari viste attraverso gli occhi del soldato comune. Senza abbandonare lo spirito della saga, anche grazie a intelligenti e ben dosate citazioni e camei che faranno la delizia dei fan più attenti ed accaniti, Edwards è riuscito a tutti gli effetti a realizzare un eccellente mix tra “Salvate il Soldato Ryan” (1998), “Quella Sporca Dozzina” (1967) e “Apocalypse Now” (1979) che sia però anche in grado di espandere ed approfondire l’universo Lucassiano in modi originali ed affascinanti. “Speranza” parola chiave del film, è ora quella che tutti i fan possono condividere sul futuro di questo promettente progetto tale “Star Wars Anthology“. Vi lasciamo al trailer finale della pellicola, ora in sala in tutto il mondo, e al nostro meritatissimo voto!