30 anni non sono pochi, specie nel mondo dei videogiochi, e quando poi a spegnere ben trenta candeline è una software house del calibro di Bungie, è quasi automatico che l’interesse aumenti a dismisura. Fondata nel 1990 da Alex Seropian e Jason Jones, la compagnia è prima salita a bordo dei Microsoft Game Studios (dando alla luce la saga di Halo, ad oggi una delle più acclamate di sempre per quanto riguarda gli sparatutto in soggettiva), per poi abbracciare Activision e il sempre crescente successo di Destiny. La compagnia ha però ovviamente iniziato dal basso (com’è giusto che sia) con tutta una serie di titoli minori che ancora oggi sono ricordati con particolare affetto dai fan della casa sviluppatrice statunitense, prima di arrivare al successo e al clamore internazionale che le hanno permesso di entrare di diritto nell’Olimpo degli sviluppatori che contano.
Tutto ebbe inizio con un’intuizione di Seropian, che a soli 21 anni sviluppo e pubblicò (in forma totalmente gratuita) il suo primo gioco, Gnop!, una sorta di clone di Pong per Apple Macintosh. Poco dopo fu il turno di un altro gioco sconosciuto ai più giovani, ovvero Operation Desert Storm, uno sparatutto 2D con visuale dall’alto sempre per computer Apple Macintosh. Il gioco si rivelò essere un notevole successo per l’epoca (parliamo di oltre 2.000 unità vendute).
Una volta incontrato Jones, Seropian decise di premere l’acceleratore su un terzo progetto, ancora più ambizioso: Pathways into Darkness. Si trattava questa volta di uno sparatutto tridimensionale datato 1994 che strizzava l’occhio al leggendario Wolfenstein, con protagonista un soldato delle forze speciali intento a fare a pezzi mostri e creature di vario genere. Il duo composto da Jones e Seropian fece salire a bordo per l’occasione l’art designer Colin Brent, dando così vita a un notevole successo commerciale in grado di ottenere anche il plauso della critica di quegli anni.
Il clamore ottenuto da Pathways into Darkness permise al piccolo studio di sviluppo di ampliarsi con nuovi uffici a Chicago, oltre a poter lentamente allargare il suo organico (salì infatti presto a bordo Doug Zartman, ossia il primo PR dello studio americano). Poco sorprendentemente, il gioco successivo fu un altro FPS dai toni questa volta futuristici, ossia Marathon, realizzato come una fusione ideale tra DOOM e System Shock. Nel novembre 1995 vide la luce anche il sequel, Marathon 2: Durandal, il quale aveva dalla sua una modalità cooperativa ai tempi avveniristica.
Intenzionata a voler cambiare in parte registro (anche per via dello strapotere di Quake, entrato a gamba tesa nel mercato degli FPS), Bungie scelse successivamente di sviluppare un gioco strategico, ben lontano questa volta dagli sparatutto in soggettiva, ovvero Myth: The Fallen Lords, con l’obiettivo di ricreare battaglie su larga scala. La scommessa si rivelò vincente anche stavolta, visto che dopo la pubblicazione su PC e Mac nel 1997 il gioco riuscì a imporsi come uno dei più importanti RTS dell’epoca.
Ormai entrati nel gotha degli sviluppatori a stelle e strisce, Bungie decise di aprire nel ’97 uno studio a San Jose, in California, il quale tirò fuori dal cilindro Oni, un action in terza persona uscito per console PlayStation 2 e PC nel 2001. Vari intoppi durante lo sviluppo, oltre all’acquisizione della licenza da parte di Take-Two Interactive che rallentò ulteriormente i lavori sul gioco, non permisero a Oni di ottenere il successo sperato, tanto che ad oggi è ricordato come il peggior titolo della compagnia (nonostante alcune ottime idee di fondo e uno stile cyberpunk davvero niente male).
La data in cui tutto cambiò fu quella del 19 giugno 2000, ossia quando Microsoft annuncio al mondo l’acquisizione di Bungie con Halo: Combat Evolved, gioco di lancio per la prima Xbox. Jones diede luce a un gioco che aveva dalla sua una visuale in prima persona, ma con alcuni elementi tipici dei giochi in terza persona che sorprendentemente non stonavano affatto, come ad esempio il modello di guida dei vari veicoli.
Il primo Halo fu ai tempi rivoluzionario anche e soprattutto per la sua capacità di adattare il gameplay tipico di un FPS con mouse e tastiera a un sistema di controllo via joypad. Grazie all’aiuto di artisti come Robert McLees e Marcus Lehto, oltre a Shi Kai Wang e Paul Russell, Halo vide la luce al Day One della prima piattaforma Microsoft, imponendosi da subito come uno dei titoli più importanti di sempre, nonché come l’FPS che cambiò per sempre il genere su console.
Complice anche il carisma del protagonista Master Chief, Halo diventò in breve tempo un franchise di assoluto prestigio, punta di lancia delle piattaforme Xbox e della stessa Bungie, ormai legata a doppio filo alla saga di sparatutto sci-fi. Dopo il primo capitolo uscito il 15 novembre 2001, fu infatti il turno di Halo 2, Halo 3, Halo 3: ODST e Halo: Reach, imprimendo nella pietra una serie che riusciva ad accostare una campagna per giocatore singolo epica ed emozionante a un comparto multigiocatore – sia online che offline – realmente sorprendente e in grado di dare vita a una community di giocatori senza eguali.
Gli anni passarono e Bungie decise di ristrutturare l’azienda sin dalle fondamenta: Halo Reach permise alla compagnia di staccarsi da Microsoft e Halo, tanto che poi fu compito di 343 Industries continuarne l’universo narrativo (sino al recente Halo: Infinite).
Una nuova IP era infatti l’occasione perfetta per tornare in campo e Activision decise di cogliere la palla al balzo, diventando publisher ufficiale del nuovo e promettente titolo di Bungie, a cui venne lasciato il controllo creativo totale: nasceva così l’epopea di Destiny. Il gioco uscì infatti sul mercato il 9 settembre 2014 e, neanche troppo sorprendentemente, il successo fu pressoché immediato, nonostante alcuni problemi durante lo sviluppo di questo nuovo FPS multiplayer online.
Pur non offrendo una storia e una mitologia alla pari di quella di Halo, Destiny riuscì a ritagliarsi la sua ampia fetta di fan, gli stessi che all’annuncio di un vero e proprio sequel – sviluppato di pari passo alle ricche espansioni del primo capitolo – avrebbe dovuto espanderne la portata. Uscito nel 2017, Destiny 2 rappresentò una sorta di “nuovo inizio” per Bungie, grazie anche all’inclusione di Luke Smith.
Sebbene la struttura del gioco sia rimasta inalterata rispetto al predecessore, sono ormai cinque anni che il gioco continua a offrire contenuti alla community, nonostante in mezzo vi sia anche la fine della partnership con Activision, cosa questa che ha reso Bungie interamente responsabile del proprio progetto. Il futuro, quindi, è ancora tutto da scrivere: il nostro augurio a Bungie nel nome di Game Legends è ovviamente quello di festeggiare altri 100 anni di successi e, soprattutto, grandi videogiochi.