Coraggioso e anche un po’ sbarazzino, è il progetto che Camel 101 ci pone davanti con Syndrome, titolo survival horror in uscita proprio oggi su PC, PlayStation 4 ed Xbox One. Come vi avevamo accennato anche durante l’antreprima che abbiamo scritto riguardo al titolo subito dopo la Gamescom 2016, Syndrome supporterà anche il dispositivo per la realtà virtuale di Oculus. Non vi nego che l’esperienza vissuta nel titolo, ha risvegliato nella mia mente numerosi déjà-vu, e capirete presto le motivazioni. Ok, in parte proprio a Colonia ci erano stati anticipati direttamente dal team alcuni riferimenti ad Alien Isolation, ma non sono gli unici che abbiamo notato. Siete pronti a subire un brusco risveglio? Andiamo a vedere più da vicino cosa ci riserva questo gioco.
Molti dei giochi che conosciamo iniziano con questo cliché: il risveglio. Che sia una vera e propria resurrezione come in Dark Souls 3, che sia da un profondo sonno come nei vari capitoli di Zelda, o che sia da un sonno criogenico, come ad esempio il recente The Turing Test. Syndrome fa parte di quest’ultima categoria. Ci risveglieremo in una cabina criogenica dove siamo rimasti assopiti per un tempo non specificato, situata all’interno di una nave spaziale. La prima cosa di cui ci accorgeremo è che intorno a noi non ci sarà nessuno, saremo praticamente soli a vagare nelle stanze. Dopo aver scoperto, tramite un computer di bordo, che l’equipaggio è per la grande maggioranza deceduto, verremo contattati da una ragazza, e subito dopo da un altro ragazzo. Di chi dovremo fidarci? L’equipaggio, come dicevamo, è stato quasi interamente sterminato… ma gli altri? Parafrasando la nostra guida maschile, diciamo che sono “cambiati”. Come ogni horror che si rispetti, le ambientazioni saranno disseminate di cadaveri, scritte sui muri, uffici messi a soqquadro (hey, aspetta, questa scena l’ho già vista… astronave, sangue, equipaggio “cambiato”…) e così via. Nelle prime battute ci verrà spiegato che il personale della nave spaziale ha cominciato ad impazzire in seguito al ritrovamento di uno strano artefatto (anche qui, qualche piccolo déjà-vu). Il proseguo della trama non sarà ovviamente svelato per evitare eventuali spoiler.
Mancanza d’aria
Il titolo del paragrafo, non è stato scelto a caso. Questo richiama vari aspetti del titolo, dalle ambientazioni create appositamente per essere claustrofobiche, come stanze piccole e buie, cunicoli dell’aria, ma anche strettissimi armadietti dove nasconderci qualora fossimo inseguiti da alcuni mostri. Arriviamo ora alla prima delle “scelte tecniche” dello studio che ci ha fatto storcere il naso: la stamina. In Syndrome, non potremo correre liberamente tra le stanze per sfuggire al nostro destino, o meglio, non per molto. Non sempre lo scontro diretto è la migliore scelta e in più di un caso dovremo scegliere la via della fuga, specie finché non disporremo di un’arma da fuoco. Questa però non durerà molto, perché la stamina si scaricherà in modo decisamente troppo veloce, e non sarà possibile ricominciare a correre finché questa non sarà carica di nuovo almeno per metà. Ok, la scelta di imprimere al gioco una sensazione di ansia tangibile, ma far stancare il nostro protagonista solo dopo pochi metri di scatto nemmeno fosse un sessantenne, ci sembra esagerato. Anche i colpi corpo a corpo consumeranno una piccola parte della stamina, ma si ricaricherà più velocemente, e non scenderà vorticosamente come nel caso della corsa.
Purtroppo, anche per quanto riguarda il livello delle meccaniche di gioco e aspetto tecnico, il titolo non si presenta proprio in forma smagliante. Abbiamo riscontrato numerosi bug, specialmente per quanto riguarda la compenetrazione: nel caso in cui noi decidessimo, facendo un esempio, di colpire un qualsiasi muro o oggetto della stanza con la nostra arma, questa vi passerà attraverso, senza creare né un rumore, né altro. Altre imperfezioni riguardano la gestione dell’inventario, nonostante minimalista, che risulta buggata nelle sezioni di armi ed oggetti equipaggiati. Anche le ambientazioni danno i loro grattacapi: a volte sembrerà che il vostro personaggio stia salendo un gradino in aria, in zone totalmente libere; oppure nella prima rampa di scale che incontrerete nel gioco, se vi fermerete completamente a metà o in cima ad essa, scivolerete giù lentamente. Uno dei difetti che però rischia di minare ancor di più l’esperienza di molti giocatori, è l’esagerato backtracking necessario per procedere nella storia. Sarà infatti ordinaria amministrazione percorrere a ritroso interi ponti della nave, solamente per tornare all’ascensore e passare ad un altro (ve ne accorgerete già sui ponti 4 e 5, provare per credere). Che sia un modo per aumentarne la longevità? Comprensibile, fino ad un certo punto. Altra nota: nel gioco non sono presenti checkpoint, dunque ogni qualvolta moriremo, sarà automaticamente caricato l’ultimo salvataggio. Ciò significa che se non stiamo attenti dovremo ricominciare da capo intere fasi che avevamo concluso due obiettivi fa. Sembra scritto come se fosse un aspetto negativo, ma in realtà è una delle caratteristiche più coerenti e in linea con il genere presente in Syndrome.
Brutti, nerboruti, e un po’ meccanici
I nemici che ci troveremo di fronte saranno, come un survival che si rispetti, di varie tipologie, differenziandosi per aspetto, dimensioni, velocità, e ovviamente pericolosità. Affrontarli all’inizio non sarà proprio una passeggiata, in particolar modo perché durante il primo atto potremo fare affidamento solamente sulla nostra arma corpo a corpo. Ovviamente quando disporremo anche di armi da fuoco, potremo sfruttarle per tenerli a distanza ed ucciderli prima che ci raggiungano. Anche con esse però, non sarà semplicissimo, dato che con l’arrivo delle armi, aumenterà anche il numero di abomini che vi potranno attaccare in contemporanea. Le meccaniche di attacco sono molto semplici, e tutto sommato (fatta eccezione per le compenetrazioni sopra citate) non presentano difetti. Oltre ad avere alcune parti del corpo meccaniche, questi abomini avranno anche dei movimenti un po’ goffi: alcuni di essi sembrano saltellare mentre camminano, e più che fare paura, fanno quasi sorridere. I nemici però non sono l’unica minaccia che potremo incontrare, poiché dovremo stare attenti anche a non calpestare cavi elettrici scoperti, oltre a non farci colpire da getti di vapore dalle pareti…e vi giuro che sono quasi più pericolosi loro dei mostri! In ogni caso, le munizioni e le cure che troveremo in giro non sono moltissime, dunque vi consigliamo caldamente di gestirle nel miglior modo possibile, come in un Resident Evil che si rispetti.
Un’oscura minaccia, con qualche luce
Parliamoci chiaro: Syndrome non brilla certo per la qualità delle texture, o dei dettagli di oggetti e nemici, ma tutto sommato riesce nell’intento di trasmettere quel pizzico di follia e angoscia all’interno del giocatore. Le ambientazioni possono risultare ripetitive sia per le tematiche, sia per gli oggetti usati nel realizzarle, ma dopotutto anche questo è uno stereotipo della classica “astronave futuristica”. L’illuminazione sarà scarsa in gran parte degli ambienti, ma i giochi di ombre proposti non sono all’altezza dell’atmosfera creata dalle poche luci sparse nelle mappe, ovviamente anche a qualità massima. La parte peggiore però, sono le animazioni: in caso di morte una piccola scena vedrà il mostro di turno squartarvi (sempre mantenendo la visuale in prima persona) da di fronte…anche se vi attaccheranno alle spalle; il tutto condito con una scritta in bianco su sfondo nero che ci informerà del nostro game over. Come già detto, anche il menù è stato creato in maniera molto minimalista, non troviamo nemmeno un elenco dei comandi per imparare ad usarlo. Questo vale anche per i comandi di gioco: alcuni dei tasti, come quello per la cura rapida, ho dovuto scoprirli per tentativi…ed è stato abbastanza seccante. Infine, il comparto sonoro risulta tuttalpiù anonimo, ma tutto sommato riesce bene nel suo ruolo, come anche il doppiaggio.