Il mondo videoludico ha sempre avuto una grande tradizione per quanto concerne i videogiochi a tema piratesco, ambientazione che ha sempre posseduto un indiscutibile fascino. Dal più recente Sea of Thieves, passando per l’immortale Monkey Island fino ad arrivare a Sid Meier’s Pirates!, l’universo piratesco è sicuramente uno dei più sfruttati (e amati) nella storia videoludica. Il peso che si porta sulle spalle un titolo come Here be Dragons. quindi, non è da poco. Il titolo sviluppato dal team indie Red Zero Games ci trascina infatti in un viaggio nell’immensa distesa marina della quale il nostro mondo è composto. E per sopravvivere alle mille avversità dei sette mari servirà tanto ingegno… e tanta fortuna!
Aye, Capitano!
Here Be Dragons è un titolo strategico a turni il cui gameplay si ispira alle tipiche caratteristiche di un gioco da tavolo governato dalla Dea Bendata, incarnata nel potere dei dadi. La produzione è ambientata in un 1500 alternativo, con un mare governato da pirati malvagi, mostri marini e… Cristoforo “Black” Colombo. Oltre a questo non mancheranno anche altri simpatici espedienti narrativi e di gameplay, come per esempio le barche da pesca che ci attaccheranno con degli anatemi verbali. Here be Dragons è un titolo che vive, a livello narrativo, quasi unicamente di gag le quali, seppur alle volte banali, rendono l’esperienza complessiva divertente e a suo modo rilassante. La trama, comunque, è solo un espediente per dare un contesto al titolo.
L’unica modalità di gioco, ovvero la campagna, ci vedrà vestire i panni del capitano J. Maligna al quale sarà affidata un’ardua impresa: ripulire il mare da ogni nefandezza presente così da poter ampliare i territori del regno. Come accennato poc’anzi, il gameplay dell’opera può letteralmente riassumersi in un gioco da tavolo, anche visivamente. Here be Dragons, a livello estetico, è la perfetta via di mezzo fra un fumetto ed un board-game, dove i colori saranno quasi del tutto assenti così da rendere ancor più azzeccato l’effetto cartaceo del tutto.
Una volta che verranno schierate le nostre unità e quelle nemiche sul tavolo virtuale, il gioco vero e proprio avrà finalmente inizio. Dopo che un piccolo angelo al bordo di una nuvola sputerà (letteralmente) un dado D6, dovremo assegnare ogni volto del dado ai nostri vascelli e in base alle associazioni fatte e al numero selezionato potremo ottenere dei benefici specifici, come un bonus d’attacco o il poter riparare le nostre navi.
Ogni unità presente sul peculiare campo di battaglia avrà accanto un valore di attacco e difesa che ne determinerà, ovviamente, la potenza offensiva e il potere di assorbimento dei danni. Here Be Dragons utilizza anche il sistema di “iniziativa”, che sarà deciso in base alla somma dei dati assegnati. Chi avrà la somma più bassa potrà iniziare il turno per primo.
La fortuna aiuta gli audaci
Il gioco, in fin dei conti, è tutto qui. il gameplay di Here Be Dragons è in sostanza composto unicamente da queste fasi di combattimento a turni le quali saranno in buona parte governate dal concetto di proceduralità. La randomicità permea il titolo e ciò renderà le sfide sempre diverse ma anche molto impegnative. Here Be Dragons, infatti, sembra affidarsi troppo al caso e alle volte l’abilità del giocatore viene messa in secondo piano. Non sarà raro vincere un combattimento grazie al potere della fortuna o perdere nonostante i vostri innumerevoli sforzi strategici.
I combattimenti potranno comunque essere semplificati grazie all’inchiostro, risorsa che potremo utilizzare per variare alcuni parametri del combattimento, come il poter modificare il valore di uno dei dadi, il tutto al fine ultimo di passare in vantaggio nel caso in cui dovessimo ritrovarci in situazioni pericolose. Peccato che non solo l’inchiostro sarà utilizzabile poche volte durante l’avventura, ma sarà ottenibile in modo casuale.
Per concludere
Here Be Dragons, quindi, è un titolo con buone idee le quali però devono arrendersi alla predominante componente randomica, il che è inaccettabile visto che il 90% dell’esperienza è concentrata sul gameplay. Quello che rimane è un titolo comunque valido, molto peculiare sul lato estetico (gli intermezzi narrativi in stile fumetto sono di pregevole fattura) e azzeccato sul lato humor. Il comparto sonoro, seppur pulito e ben programmato, risulta però alquanto anonimo e dimenticabile.
Il combat system, sulla carta parecchio interessante e originale, risulta fin troppo affidato al caso, e questo porta Here be Dragons a perdere parecchi punti. Siamo insomma innanzi a un titolo consigliato principalmente per chi ama le ambientazioni piratesche e per chi riesce a chiudere un occhio (o anche due) davanti all’onnipresente componente randomica.