CD Projekt RED ha annunciato in un tragico comunicato stampa che Cyberpunk 2077 non uscirà, come precedentemente previsto, il 16 aprile di quest’anno. Purtroppo dovremo aspettare ancora qualche mese per vederlo in azione, ma c’è una grossa fetta dell’utenza che non ha preso bene questa decisione. Questa è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso, visto che avviene anche dopo lo slittamento di giochi come Doom Eternal, The Last of Us Part II, Final Fantasy VII Remake, Marvel’s Avengers e tanto altro. Per non farci mancare niente proprio alcuni giorni fa anche Techland si è unita al valzer con il rinvio di Dying Light 2. Ma cosa sta succedendo?!
Le colpe più imputabili sono sicuramente dovute al lancio delle nuove console, con alcuni di questi giochi che molto probabilmente diventeranno cross-gen, e l’adattamento potrebbe aver richiesto più tempo del previsto. Questo non toglie che l’attuale generazione sarà ricordata per sempre come quella dei rinvii e delle cancellazioni, cosa a cui, temo, dovremo fare necessariamente l’abitudine anche in futuro. Con l’aumentare della potenza, si alza l’asticella qualitativa, cosa che porta lo sviluppatore a dover sempre aggiungere qualcosa in più ad ogni produzione. Proprio per questo, i tempi richiesti dalla creazione di un gioco si sono allungati enormemente rispetto al passato, con i relativi problemi che ne conseguono (come la difficoltà di progettazione o, più comunemente, bug).
Se il problema è il primo abbiamo visto la soluzione davanti ai nostri occhi: giochi come Scalebound sono stati eliminati proprio per questo motivo, mentre in altri casi come in Final Fantasy XV sono usciti particolarmente incompleti. Nel secondo caso invece, ovvero quello che riguarda piccoli errori che minano l’esperienza, i team si prendono di norma qualche mese in più per “pulire il codice”, ovvero eliminare eventuali difetti di contorno.
Qui ci troviamo davanti a due scuole di pensiero completamente opposte, ma per certi versi entrambe comprensibili. Meglio ottenere un gioco raffinato più tardi rispetto alle promesse iniziali o meglio pubblicarlo con qualche difetto e sistemato in corso d’opera? Citando Shigeru Miyamoto “Un gioco rimandato alla fine diventa buono, ma un gioco affrettato è sempre cattivo”. Facciamo un esempio: vi ricordate tutti quanti Vampire: The Masquerade Bloodlines vero? Le sue condizioni al debutto furono pessime, dalle animazioni grezze ai bug che ne impedivano il completamento, problemi tecnici di vario tipo e chi più ne ha più ne metta. Tuttavia, questi problemi divennero un segno particolare del titolo, che però proponeva ai fan anche dialoghi ben scritti, atmosfere dense e idee brillanti. Questo ha fatto sì che il prodotto divenisse di culto, ma solo per un’esclusiva nicchia, mentre avremmo potuto godere di un’opera completa apprezzabile anche dal grande pubblico. Per fare un altro esempio di sogni infranti ci sembra lecito citare anche Knights of the Old Republic 2. Obsidian Entertainment aveva tutto il necessario per un creare un’opera di successo: la sceneggiatura era eccezionale, l’atmosfera di Star Wars era notevole e i miglioramenti rispetto alla formula di BioWare di qualche anno prima avevano un senso. Sfortunatamente, il rilascio è stato affrettato, cosa che ha portato carenze tecniche, bug e contenuti tagliati. Ci sono voluti anni di patch – nemmeno da parte degli sviluppatori, ma dai fan disperati – per portare questo gioco a condizioni quasi normali.
Contemporaneamente a quanto appena detto, ci sono giochi il cui tempo extra ha contribuito a rendere il gioco piacevole e ben realizzato. Un altro grande esempio che possiamo portare è quello del noto The Last Guardian, esclusiva PlayStation 4 che ha riscontrato tantissimi apprezzamenti. L’opera del game designer Fumito Ueda ha richiesto più di un decennio e il rischio che finisse cancellata era piuttosto grande. Tuttavia, quando il gioco alla fine è uscito, tantissimi utenti si sono ritrovati notevolmente soddisfatti (nonostante alcune evidenti criticità). Nella maggior parte dei casi i giochi vengono rilasciati prematuramente, per questo poi ci troviamo con GB di patch già dal day one. Questo spesso avviene anche a causa di motivi finanziari, visto che il publisher, o anche le software house, non possono permettersi sempre di trascinare troppo per le lunghe lo sviluppo. Per questo poi si ha la necessità di attingere ai soldi dei pre-order o delle collector’s edition… ma questo è un altro discorso che svierebbe troppo sull’argomento principale.
Torniamo quindi a parlare più nello specifico di CD Projekt RED. The Witcher 3: Wild Hunt è stato un titolo capace nel 2015 di portarsi a casa il GOTY, nonostante la concorrenza di pesi massimi del calibro di Bloodborne. Indipendentemente dall’indiscussa qualità proposta dallo studio polacco, l’avventura dello Strigo ha zoppicato, e parecchio, nei primi mesi del suo ciclo vitale. Era evidente che alcune cose non erano state calcolate bene nell’ecosistema generale, sia per quanto concerne il mondo di gioco, sia la gestione dei menù e dell’economia interna. Questi aspetti, oltre anche a un sistema di combattimento troppo rigido, hanno portato inevitabilmente i fan al dibattito. Il terzo capitolo di questa serie è uscito dopo tre rinvii, nonostante si tratti di CD Projekt RED portare all’epoca avanti questo tipo di sviluppo era un esborso economico ancora troppo grande. La software house si è indubbiamente distinta nei mesi a seguire, fino all’ultimo e gigante aggiornamento che ha alzato il livello di tutta la produzione. Adesso l’avventura di Geralt è quasi perfetta, ma sarebbe potuta essere così dall’inizio se, magari, i fan assetati di hype avessero lasciato lavorare con più calma il team.
Anche per questo ci sarebbe da aprire una breve parentesi sulla cultura dell’hype riguardante i giochi, ormai diventata una vera arma a doppio taglio. Se da una parte questo genere di entusiasmi smuove fin dalle fondamenta il mercato, dall’altro basta davvero poco per ritrovarsi con le gambe a terra. È successo a Square Enix dopo l’ultimo Kingdom Hearts, è successo con Death Stranding e continuerà a succedere con giochi sempre diversi. Questo perché gli utenti, alla vista di trailer spesso ingannevoli, si fanno prendere da un entusiasmo fin troppo smodato, cosa che porta sia a una percentuale più alta di delusione che all’eccessiva pressione per degli studi, magari ancora non pronti a fare il grande passo. La colpa di questo però è anche delle stesse case, che incitano le masse proponendo però prodotti finali che non rispettano poi le aspettative (un esempio che possiamo fare in questo ambito è quello di No Man’s Sky, che alla release si rivelò nettamente più inferiore alle aspettative).
Come già accennato in apertura, un’altra grande delusione per molti è stato il rinvio, seppur di un solo mese, di Final Fantasy VII Remake, che non arriverà più a marzo ma debutterà a il 10 aprile. Oltre alle questioni tecniche, forse per non creare troppa competizione ad aprile CD Projekt RED ha optato per posticipare la produzione, ma soprattutto per non ricadere nell’errore fatto con The Witcher 3 e dare ciò che hanno promesso ai fan… o forse di più.
La paura principale è quindi quella che tutte queste opere rinviate escano proprio a ridosso del debutto delle nuove console, cosa che potrebbe portare i giocatori ad aspettare un porting definitivo delle opere in nex gen (hype e spoiler permettendo). Purtroppo ad ora non abbiamo ulteriori informazioni, sappiamo grazie a dei rumor che PlayStation 5 potrebbe essere presentata a febbraio, ma non sappiamo come le case di sviluppo di terze parti abbiano deciso di affrontare questa situazione visto che, ad ora, tutti i giochi nominati, con l’aggiunta di Ghost of Thushima, sono stati promessi sposi di questa generazione, e il loro arrivo ancora non è previsto sulle nuove console.