Vi avevamo già parlato tempo fa di The Deer God, titolo decisamente coraggioso di Crescent Moon uscito la scorsa primavera sulle altre piattaforme, e ora, finalmente, è disponibile anche su Nintendo Switch. Abbiamo già narrato quanto fosse difficile vivere come un cervo in un mondo selvaggio fatto di paesaggi mozzafiato, di acquitrini, foreste, picchi innevati e così via, dove l’unica regola è quella della sopravvivenza. Ma parlare semplicemente di sopravvivenza in The Deer God è parecchio riduttivo: il titolo, infatti, prende le sue mosse da premesse molto più profonde di quelle che potremmo pensare a prima vista. Da bravo prodotto videoludico indie, questo gioco affronta una serie di temi di natura complessa, come la reincarnazione, la redenzione, il rispetto verso gli animali e la natura. E proprio quest’ultimo fa da sfondo a quello che è l’antefatto, il prologo di questo titolo: un cacciatore, in una notte buia e tempestosa, si accinge a sparare all’ennesimo cervo, sua prossima preda, ma proprio quando il dito fa pressione sul grilletto succede qualcosa di insperato. La natura, in tutte le sue forme, assiste lo sventurato animale ai danni dell’uomo che, invece, viene prima assalito dai lupi e successivamente terminato da un fulmine. Questa intro, seppur nella sua semplicità riesce a condensare bene tutte le tematiche che sono alla base del titolo di Crescent Moon.
La natura in tutte le sue forme (animate e non) si desta e si difende contro chi scavalca le sue regole, fatte comunque di sopravvivenza, e impone con la forza il proprio potere di decidere la morte del prossimo; e nella soppressione di tale minaccia, fisico e metafisico si uniscono in una scena dal retrogusto pagano che pesca a piena forza nei miti e nelle leggende, in particolar modo, nordiche: un dio cervo (Deer God, per l’appunto) gli appare in una dimensione oltre la vita e gli offre la redenzione e la salvezza a patto che viva da cervo. L’uomo, così, si ritroverà nel corpo di un cervo e dovrà vivere, muoversi, sopravvivere come tale. Questa avventura lo condurrà attraverso le mille sfaccettature della vita, viaggiando attraverso scenari di rara bellezza, affrontando le minacce e le insidie della natura, scoprendone i misteri e abbracciando la vita, creandola e aiutandola, umana o animale che sia.
La nostra avventura, quindi, ha inizio e si profila come una endless run attraverso un serie di scenari semplici e funzionali dal design interessante e sfizioso: foreste, giungle, deserti, picchi innevati, paludi e acquitrini intervallati da albe e tramonti mozzafiato saranno il teatro del nostro peregrinare verso l’infinito. Fame e fatica non mancheranno. Ed è così che viene introdotta la feature survival del titolo. Viaggiare, combattere, saltare costerà energia al termine del quale la nostra vita comincerà a drenare gradualmente fino a quando non moriremo. Ovviamente, potremo ovviare a questo problema raccogliendo cibo in giro per gli scenari, questo ci garantirà di rimanere in salute, ma non di crescere. La crescita del personaggio è legata esclusivamente al sistema karmico presente nel titolo: sconfiggere nemici, ovvero quegli animali che ci attaccano, ci garantirà un tornaconto di karma che andrà a riempire una barra. Tale ci permetterà di crescere ogni volta che la completeremo, permettendoci di aumentare le nostre abilità (come saltare più un alto) e il potere offensivo. Non solo, crescere ci consentirà anche di riprodurci (cosa che da pargoli sarebbe un po’ difficile, ovviamente) e creare dei “minion” che avranno, però, vita davvero breve.
Il nostro peregrinare non sarà esente da richieste e quest da parte di creature sparpagliate per i vari scenari, che dovremo completare per proseguire nel nostro viaggio di redenzione. Forse proprio questa componente rappresenta la parte più traballante del titolo che, unita agli elementi semi-RPG non proprio approfonditi, crea un po’ un “mischione” poco accurato che fa giustamente storcere il naso sia a livello di gameplay sia a livello di setting. Infatti queste caratteristiche non sono male e rappresentano un’aggiunta interessante, ma avrebbero potuto trovare un’applicazione meno banale se fossero state approfondite a dovere. Di per sé questa è l’unica vera grande pecca di un titolo che nel suo complesso può regalare qualche ora di totale spensieratezza. E’ molto facile lasciarsi trasportare dagli scenari, accompagnati dalla colonna sonora gradevole e orecchiabile, e percorrere miglia su miglia scavalcando con un bel balzo un’altura o con una decisa incornata questo e quell’animale che si pone di fronte a noi con fare minaccioso. Questo, ovviamente, prima che sopraggiunga la noia, secondo problema del titolo. The Deer God può regalare un forte impatto all’inizio, ma dopo tre orette circa di gioco (soprattutto se filate, come nel nostro caso) comincia a insinuarsi gravemente la noia. Saltellare e combattere nemici a testa bassa è sì divertente, ma alla lunga comincia a stancare: la monotonia è presente e verrà sempre più a galla e, mano a mano che cambieremo scenario, la voglia di soffermarsi per interagire con quanto c’è nel mondo verrà meno, lasciandoci a correre ciecamente verso il bordo dello schermo in attesa di raggiungere il nostro obiettivo.
Ma come si comporta questo titolo su Nintendo Switch? La versione per l’ibrida di Nintendo si presenta esente da qualsiasi bug apparso sulle copie del gioco pubblicato sulle altre piattaforme, rivelandosi completamente pulita e senza alcun tipo di malfunzionamento. Inoltre, The Deer God si presta particolarmente bene a Switch: la portabilità della console dona una nuova linfa al titolo di Crescent Moon, che a sua volta funziona molto bene. La semplicità grafica del titolo non affatica la console (in versione handheld), che non non abbassa la risoluzione e non limita il numero di fps. La “prova Switch” è ampiamente superata e decreta questa come la miglior versione del gioco attualmente disponibile.
The Deer God è un titolo coraggioso che osa senza ombra di dubbio, ma che avrebbe potuto farlo di più se gli sviluppatori avessero deciso di perseguire con più coraggio la propria strada, approfondendo con più cura alcune delle meccaniche che sembrano (ed è importante sottolineare “sembrano”, in quanto il punto di vista dei developer è ignoto) essere lasciate un po’ a se stesse. Nonostante ciò, rimane un buon titolo, di sicuro non per tutti, ma che intrattiene quanto basta e che su Switch, grazie alla sua portabilità, può giocarsi qualche chance in più.