Quanti di voi ai tempi della scuola non vedevano l’ora che arrivasse l’intervallo? O ancora meglio che le lezioni finissero, per potersi dedicare alle più disparate avventure con i propri compagni di classe? Diciamo che negli anni le abitudini e le attività a disposizione dei bambini già dalla giovanissima età sono molto cambiate rispetto a chi frequentava le scuole elementari durante gli anni 90, e soprattutto in quegli anni, tra figurine dei Pokémon nuove di pacca, macchinine metalliche o attività all’aperto, era una cosa scontata lavorare di fantasia e creare da sé le proprie storie o le proprie competizioni. Tornando indietro a questi ricordi, ma andando un po’ più avanti, DeskWorks ed Aniplex ci presentano l’originalissimo RPG Time: The Legend of Wright, che oggi analizziamo in recensione.
Un dungeon master in erba
In questo particolare gioco interagiremo con Kenta, un piccolo bambino delle scuole elementari, nostro compagno di classe, che finalmente ha ultimato il suo gioco di ruolo! Un gioco che finge di essere un videogioco, ma che ne presenta tutte le caratteristiche: ci sarà l’interfaccia, i tasti da premere, i fondali, e così via… ma sarà tutto disegnato, creato col cartoncino e così via! Ecco quindi che il nostro futuro game designer (è il lavoro dei suoi sogni!) ci presentareà il banco di scuola più “scarabocchiato” al mondo, dove si mostrano tutte le caratteristiche immaginabilmente utili nell’HUD di un videogioco, e ovviamente il suo quaderno, interamente creato per il suo “videogioco”.
In questo, vivremo l’avventura del nostro eroe, Wright, che dovrà salvare il regno e la principessa da un demone super malvagio che ha attaccato all’improvviso con la sua possente armata. Non è tanto l’originalità della storia a colpire, quanto il concepimento dell’idea di sviluppare tutto come se fosse giocato con carta e matita, cosa che durante il playthrough ha lasciato spazio a diverse chicche e a trovate a dir poco geniali.
Il viaggio dell’eroe
Il nostro eroe senza macchia e senza paura però, appena incontrerà il demone finirà sbalzato via, e dopo aver perso la sua potentissima spada, dovra intraprendere un viaggio non solo per raggiungere di nuovo il demone, ma anche per potenziarsi man mano. Guidati da Kenta, che ci farà da narratore, passeremo di fondale in fondale, di luogo in luogo (c’è anche una mappa del mondo!), sconfiggendo nemici, utilizzando gli strampalati oggetti che troveremo, e chiaramnete risolvendo dei piccoli enigmi (alcuni molto simpatici e originali, altri che ci riporteranno alla mente vecchie glorie del passato). Ricordiamoci inoltre che stiamo giocando su un quaderno, quindi ecco che arrivano le feature legate alla matita e alla gomma! Potremo scrivere, disegnare ed altro direttamente sul quaderno di gioco… e chissà se tutto ciò avrà anche un’utilità pratica!
Chiaramente, essendo il narratore nonché Game Master, Kenta sarà una presenza focale nel gioco: ci racconterà gli avvenimenti, ci spiegherà le meccaniche, ci darà consigli, ma soprattutto indosserà delle maschere ruolando i personaggi che incontreremo nel gioco… e sì, parlerà tanto.
Davvero tanto. Per quanto sia piacevole scorrere i vari dialoghi e scoprire le varie simpatiche sfaccettature, questa dinamica fa zoppicare parecchio il gameplay, soprattutto perché interromperà spesso “l’azione” e perché la nuvoletta di testo di Kenta è piccolissima: nel baloon c’è spazio per poche parole, quindi per dire una frase completa, anche breve, sarà necessario scorrere i dialoghi ad esempio premendo 3 volte il tasto di conferma. Come si suol dire, il troppo stroppia. Non è chiaro se si tratti di un espediente per aumentare il tempo di gioco, che non arriva a 10 ore (e che quindi senza sarebbe risultato più corto), ma si trata comunque di una longevità accettabile e congrua al contesto.
Il fantasy che ci piace
Tutto sommato, nonostante evidenti limiti (alcuni ingegnosamente inseriti come feature), RPG Time: The Legend of Wright si è mostrato un gioco all’avanguardia e decisamente piacevole da giocare: spensierato, creativo, insolito, e intrattenenete quanto basta. Questo è stato possibile grazie e soprattutto all’atmosfera leggera creata dallo stile grafico, al contesto, e alla stuzzicante e ben piazzata colonna sonora. Non dimentichiamoci poi che è effettivamente presente un grado di sfida, soprattutto legato alla parte dell’ingegnosità più che all’aspetto ruolistico nudo e crudo, quindi anche i metodi di risoluzione sono allo stesso tempo atipici e intriganti.