Project Zero Mask of the Lunar Eclipse – Recensione, l’orrore è tornato

Ecco la nostra recensione di Project Zero: Mask of the Lunar Eclipse, un titolo nipponico mai arrivato in occidente prima di questa release.

Marcello Paolillo
Di Marcello Paolillo Recensioni Lettura da 7 minuti
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Project Zero: Mask of the Lunar Eclipse

La serie di Project Zero ha sicuramente un posto speciale nel cuore degli amanti del genere horror, sebbene non sia mai riuscita a fare breccia come alcune sue più illustri saghe parallele, come Resident Evil o Silent Hill. Vero anche che il franchise, noto anche come Fatal Frame, è davvero ricchissimo di capitoli più o meno meritevoli di attenzioni, specie quelli usciti nei primi anni duemila. Project Zero: Mask of the Lunar Eclipse è sicuramente uno di questi: pubblicato in origine su console Nintendo Wii nel lontano 2008, purtroppo nel solo territorio giapponese, il titolo in questione rimane uno degli episodi più amati dai fan della serie horror di Koei Tecmo. Nonostante le vendite non propriamente entusiasmanti, il publisher nipponico ha ora deciso finalmente di proporlo al di fuori dei confini giapponesi.

Il gioco si propone come una versione rimasterizzata del titolo per tutte le principali piattaforme presenti sul mercato, inclusa Nintendo Switch (versione da noi testata), riportandoci così tra le nebbie dell’inquietante isola di Rogetsu, armati – se così possiamo dire – della nostra fedele Camera Obscura. Project Zero: Mask of the Lunar Eclipse segue le vicende di tre ragazze, Ruka, Misaki e Madoka, le quali si trovano loro malgrado coinvolte in un caso di scomparsa all’interno di un vecchio ospedale psichiatrico. Durante l’avventura, saremo chiamati a svelare i misteri del passato della struttura e della terribile tragedia che lo ha colpito anni prima. La storia, che si rifà ad alcuni classici horror nipponici sia cinematografici che letterari, è tutto sommato ben strutturata e scritta, con colpi di scena dosati in maniera decisamente coerente. Tuttavia, per i giocatori che si avvicinano per la prima volta alla serie di Project Zero potrebbe essere a tratti difficile seguire la trama, soprattutto se non hanno giocato ai titoli precedenti della serie, essendoci un gran numero agganci ai capitoli passati.

Così come per altri titoli della serie, Project Zero: Mask of the Lunar Eclipse non si nega l’inclusione di tematiche adulte, sia per quanto riguarda il coinvolgimento di minori che per una certa violenza di fondo, davvero senza filtri. L’intreccio narrativo del gioco merita quindi la massima attenzione, così come sarà interessante recuperare tutti i documenti all’intero delle varie ambientazione, utili a svelare retroscena e particolari nascosti nell’ombra.

A livello di gameplay, la versione rimasterizzata di Project Zero: Mask of the Lunar Eclipse è del tutto simile a quella dei giochi precedenti della serie, incluso l’originale per Wii. Il giocatore sarà chiamato infatti a controllare il personaggio principale mentre esplora l’ospedale e affronta i fantasmi che incontrerà, usando una vecchia macchina fotografica per catturarli. La meccanica della fotografia, vero marchio di fabbrica per la serie, è il perno su cui si fonda l’intera esperienza, visto che saremo chiamati ad utilizzarla per catturare i fantasmi nel momento giusto – e in una certa posizione – per infliggere danni specifici.

Questo aggiunge un elemento strategico ai combattimenti che i fan di Project Zero conoscono fin troppo bene, visto e considerato che dovremo scegliere con attenzione quale fantasma affrontare e come farlo. Da non dimenticare inoltre che è possibile potenziare la Camera Obscura applicando delle lenti speciali, ognuna con delle abilità specifiche, potenziandone in questo modo le funzioni base. L’esplorazione, quindi, è lenta e metodica come ci si aspetterebbe da un gioco di questo genere, sebbene alcuni nemici metteranno a dura prova i riflessi dei giocatori, specie ai livelli di difficoltà più elevati.

Purtroppo, rispetto all’edizione originale, la remaster in questione ha ben poche nuove frecce al suo arco: oltre ad un comparto grafico riveduto e corretto, le uniche, vere novità di questa riedizione sono rappresentate dall’introduzione di una modalità fotografica e una serie di costumi ed accessori aggiuntivi, alcuni ottenibili tramite il pre-ordine digitale del gioco, altri direttamente dallo shop in-game. Un po’ troppo poco, a ben vedere, considerando lo sforzo di portare in occidente un survival horror che i fan chiedono a gran voce ormai da diversi anni.

A livello tecnico, come accennato poco sopra, le atmosfere da incubo della sperduta isola giapponese di Rogetsu sono state rese in maniera più che sufficiente dal team di sviluppo, sebbene il lavoro di ammodernamento svolto sia tutt’altro che perfetto. La cura nel replicare i modelli poligonali dei personaggi principali tradisce infatti una certa legnosità nelle animazioni, così come alcune texture risultano essere davvero poco definite, specie quando decideremo di avvicinare la telecamera a porte o muri. Discorso diametralmente opposto per quanto riguarda il comparto audio del gioco: come anche i precedenti capitoli del franchise, anche Project Zero: Mask of the Lunar Eclipse offre un sonoro davvero agghiacciante, contraddistinto da inquietanti rumori di sottofondo, urla e lamenti, i quali contribuiscono a rendere le nostre peregrinazioni all’interno dell’ospedale realmente terrificanti.

Alla fine della fiera, però, è evidente che Koei Tecmo non abbia creduto pienamente alle potenzialità della remaster, tirando nuovamente il freno a mano su uno dei suoi brand più noti che mai come ora necessiterebbe di un rilancio a modo (e di una pubblicazione che magari non sia relativa solo al mercato digitale). Pesa infine l’assenza della lingua italiana, tra le varie cose, sia scritta che parlata.

Project Zero: Mask of the Lunar Eclipse
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Voto 7
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Da anni critico del settore, ha scritto e scrive attualmente su diverse testate online dedicate ai videogames e al cinema, passando anche per i fumetti. La carriera di Marcello inizia nel 2003 e da allora non si è più fermato: dopo essersi fatto notare sui primi siti di settore, è arrivato a firmare articoli per le più importanti testate web italiane, oltre che per la carta stampata. Pavo non è il suo nome anagrafico: è il suo nome vero.