High on Life – Recensione, il peso delle premesse

High on Life è un gioco molto divertente e con dialoghi a dir poco unici, ma deve far spesso i conti con una realtà indie per le sue premesse.

Lorenzo Ardeni
Di Lorenzo Ardeni - Contributor Recensioni Lettura da 6 minuti
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High on Life

Che High on Life fosse un titolo molto atteso (specialmente da noi, e non solo per realizzarne la recensione) è una certezza, non c’è dubbio. Sin dal suo primissimo annuncio, un po’ a sorpresa, abbiamo avuto aspettative alte in merito a quello che si prospettava essere la seconda grande opera videoludica creata dagli ideatori di Rick and Morty.

Il “peso delle premesse” fa riferimento proprio a questo: quanti sarebbero stati interessati al titolo se non ci fossero i creatori della serie animata alle spalle? Non diciamo “nessuno” perché High on Life presenta comunque le sue peculiarità e unicità, ma è indubbio che la maggior parte degli utenti che lo scaricheranno e giocheranno, lo faranno perché hanno delle aspettative.

Ma è proprio quando ciò che ti aspetti è differente da ciò che ricevi che si fa sentire quel maledetto “peso delle premesse”. Non giungiamo però a conclusioni affrettate: la nostra recensione di High on Life sarà infatti quanto più dettagliata possibile su alcuni aspetti fondamentali del gameplay, della narrazione e del comparto grafico-artistico, tre elementi che sono molto più collegati di quanto possa sembrare.

Questo perché la trama del titolo ci mette nei panni di un adolescente qualsiasi, bloccato davanti una console a casa dei suoi genitori con una sorella che non fa altro che comportarsi da teenager americana. Un’improvvisa invasione aliena ci porterà a fare la conoscenza di Kenny, una strana pistola senziente con occhi e bocca: da qui in poi scopriremo che le misteriose creature vogliono usare il genere umano come droga. Di conseguenza, il nostro compito sarà quello di partire per un’avventura a caccia dei vari ranghi del G3, l’organizzazione aliena, per poter salvare l’umanità.

Non abbiamo detto a caso che gameplay, narrazione e comparto grafico convivono all’unisono, proprio perché in High on Life la presenza di Kenny – e delle altre armi senzienti – è costantemente parte integrale sia del gameplay, sia della narrazione e sia dell’impianto artistico. Kenny farà le veci del protagonista in tantissime situazioni, così come avrà allo stesso tempo un ruolo da personaggio secondario: è una presenza costante e unica, soprattutto per via delle innumerevoli battute scomode e rotture della quarta parete.

High on Life

High on Life: non sarete mai davvero il protagonista

A nostro avviso, a fare davvero da protagonisti in High on Life sono i dialoghi, mai scontati e sempre pronti a sorprenderci in modi assurdi. Alcuni discorsi sono addirittura al limite del black humor, sebbene non tocchino mai livelli davvero esagerati per alcun tipo di audience cui l’opera può aspirare. Per quanto riguarda questo aspetto, l’unico difetto reale che ci sentiamo di sottolineare è la mancanza di un doppiaggio in lingua italiana, che avrebbe reso non solo più divertenti alcuni scambi di battute ma anche più comprensibili, specialmente in contesti più movimentati dove è difficile tenere d’occhio i sottotitoli.

Del resto, la narrazione segue costantemente la linea dell’imprevedibilità degli eventi, proponendo al giocatori situazioni quasi sempre differenti e mai davvero scontate. Il problema è però la progressione nella storia, che risulta invece molto più lineare di quello che ci saremmo aspettati e talvolta troppo semplice: parliamo di ripetere un circolo vizioso dove dovremo accettare la taglia del boss di turno, recarci sul suo pianeta, completare la quest principale per poi arrivare allo scontro finale, vincere qualche soldo per poi ripetere tutto.

High on Life

Lo scontro tra originalità e banalità

Sono anche presenti piccoli minigiochi interessanti e una discreta dose di backtracking in perfetto stile metroidvania, che colora un level design altrimenti troppo semplice. Tuttavia, a diventare realmente ripetitivi sono soprattutto gli scontri, che diverranno subito il solito scontro uno contro cento a ondate con avversari che, oltre a non essere per nulla intelligenti, si ripetono addirittura nelle fattezze. A ovviare il problema, seppur in modo marginale, c’è un gunplay abbastanza variegato, divertente e originale, grazie specialmente a un’ottima diversificazione delle armi. 

Anche i dialoghi in sé rischiano di annoiare con il tempo, o quantomeno smettere di sorprendere come facevano nelle prime battute della storia. Il problema più curioso di High on Life, che ci porta a rendere la recensione un’analisi ampia, è che i ritmi di gioco non sono sfruttati quasi mai correttamente: la narrazione è più interessante nelle primissime ore e, al contrario, il gameplay diventa davvero divertente solo con l’avanzare della trama.

High on Life

La premessa narrativa che i creatori di Rick e Morty hanno lavorato sul progetto – che ha poi il mero compito di spingere il marketing del titolo – non ha fatto altro che distruggere le aspettative di molti giocatori che hanno provato High on Life nelle ultime settimane. Parliamo di un titolo che deve fare spesso i conti con la sua natura indie e lo si vede quando notiamo modelli dei personaggi incerti, espressioni facciali non al top, un comparto grafico imperfetto e, cosa che ci è dispiaciuta molto, una colonna sonora per nulla al pari con le aspettative, tantomeno originale.

High on Life
7
Voto 7
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Sono Lorenzo, UX/UI Designer di professione e recensore per passione. Con un amore profondo per le serie di Metal Gear e The Legend of Zelda, da sempre esploro il mondo dei videogiochi cercando di capire cosa rende ogni titolo unico. Oggi sono piantato su Call of Duty e Super Smash Bros., ma non perdo occasione per giocare classici come Super Metroid o Syphon Filter. Scrivo recensioni con uno sguardo critico, ma sempre con la stessa curiosità che mi accompagna da quando ho iniziato a giocare.