Haven – Recensione, una storia d’amore su PlayStation 5

Abbiamo avuto modo di vivere la storia d'amore di Haven su PlayStation 5, ecco la nostra recensione del gioco a cura di The Game Bakers.

Andrea Pellicane
Di Andrea Pellicane Recensioni Lettura da 9 minuti
8.3
Haven

L’amore è un tema ormai usato in mille contesti, spesso abusato fino a essere stantio, proprio poiché presente nella vita di ognuno e ormai ridisegnato in migliaia di opere. Dal cinema alla televisione, passando per i libri e gli spettacoli, potremmo forse star parlando del Jolly più sfruttato in tutti i campi dell’intrattenimento, viste le mille possibilità che offre e il risultato che può raggiungere con facilità: coinvolgere gli utenti nella storia narrata. C’è però da dire che nel mondo dei videogiochi non è così comune trovarsi davanti a un racconto romantico da manuale, amaro e dolce come la parola stessa, ormai classico, che riesca a immedesimare nella narrazione chiunque non abbia un vero e proprio cuore di pietra. A metà fra il classico e l’innovativo quindi, lo sviluppatore The Game Bakers – che potrebbe suonare familiare grazie a Furi, sua opera precedente – propone l’avventura di Haven.haven

Un gioco che mette al primo posto il rapporto fra Yu e Kai, due ragazzi con una storia che merita di essere raccontata, la quale viene arricchita e resa unica nel suo essere comune. L’opera è disponibile da oggi su PC, PlayStation 5, Xbox One e Xbox Series X/S (anche su Xbox Game Pass), ma lo sviluppatore è anche al lavoro sulle versioni PlayStation 4 e Nintendo Switch, le quali faranno il loro debutto nel corso del prossimo anno. Al fine di provare alcune feature esclusive dell’opera legate al DualSense, abbiamo quindi testato a fondo il gioco su PlayStation 5 e siamo qui per parlarvene. Ovviamente, il seguente testo non contiene alcuno spoiler sulla trama, il quale rovinerebbe parte dell’esperienza, se non dei brevi incipit narrativi atti a contestualizzare le peculiarità dell’esperienza.

Mai l’uno, senza l’altra

In un universo futuristico e distopico, un sistema politico di tirannia costringe due ragazzi a fuggire in un pianeta lontano, quasi irrintracciabile e pressoché impossibile da raggiungere. Il viaggio va tuttavia – relativamente – a buon fine, ed è qui che inizia la vera storia di Haven. Il gioco punta a farci vivere la storia d’amore di Yu e Kai, includendone ogni dettaglio. Dal dover sopravvivere in queste lande magiche e ispirate, ai momenti di rabbia e disperazione, fino alle situazioni più dolci e addirittura a tratti spinte. Con uno stile narrativo calmo, lo sviluppatore riesce a dare i giusti tempi per ogni azione, lasciando che il giocatore evolva la sua conoscenza del gioco proprio assieme al rapporto dei due. Non vogliamo fornirvi come già accennato alcun ulteriore accenno sulla storia, che a tratti presenta ritmi sbagliati nonché diverse lacune sparse qua e là, ma che vi farà piacere ascoltare e vivere in prima persona se siete amanti di questo genere di produzioni.

Non è facile mettere insieme un rapporto come questo con le classiche necessità di un videogioco, ed è per questo che lo sviluppatore ha pensato bene di utilizzare il mondo di gioco come una fantasiosa tela da dipingere pian piano, in tutta tranquillità. Il sistema ludico prevede infatti i soli – o quasi – spostamenti dei protagonisti, che viaggiano attraverso delle correnti di flusso per ottenere risorse, dando la possibilità all’utente di scoprire via via di più su questo assurdo pianeta e sulla storia del suo mondo, grazie in particolar modo ai curatissimi dialoghi. A dirla tutta sono presenti anche dei combattimenti, raramente obbligatori per fortuna, che spezzano il ritmo spesso in maniera errata, con un sistema tattico in tempo reale non particolarmente riuscito, arricchito da varie meccaniche RPG old style tutt’altro che soddisfacenti. Questo viene proposto poiché i protagonisti devono spesso liberare i simpatici esseri del loro mondo dalla Ruggine, uno strano materiale che viene approfondito nel corso del gioco, il quale li rende aggressivi. Questo ricopre poi quasi tutte le zone di gioco, ma ripulendolo diventa possibile costruire alcuni oggetti, nonché progredire nella storia e sbloccare alcuni segreti che erano coperti.

havenL’intera parte gestionale non è di poco conto, questa fornisce il giusto pretesto per esplorare il mondo in cerca di risorse, per cucinare e ottenere degli upgrade. Nonostante lo sviluppatore abbia curato molto le scene di intermezzo e il rapporto dei protagonisti, c’è da dire che nel corso delle circa 6 ore di gioco alcune azioni diventano monotone, e sul finale è facile rendersi conto di come la software house abbia fatto bene a non portarla sulle lunghe. Una volta terminato il gioco è comunque possibile continuare a bazzicare nel mondo, per raccogliere le risorse e continuare l’esperienza in un end-game potenzialmente infinito, atto magari a raggiungere il Trofeo di Platino o collezionare obiettivi sulle piattaforme Xbox.

Il mondo magico di Haven, tutto per noi

Se c’è un plauso da fare allo sviluppatore, questo riguarda la direzione artistica dell’esperienza. Chiunque avrà giocato Haven riuscirà a ricordarsi delle emozioni che ha provato guardando un semplice screen, grazie a personaggi e ambientazioni davvero ben caratterizzati, espressivi pur nei limiti grafici e protagonisti in un mondo che ha davvero carisma da vendere. Non è raro che venga voglia di esplorare il pianeta solamente per scoprire cosa si cela dietro una struttura o vicino a un po’ di Ruggine, o magari per fare la conoscenza degli esseri che lo abitano e reperire dei collezionabili (con i quali è poi possibile interagire per dar vita a simpatici sketch). Ciò che rende la produzione interessante si cela anche dietro alla naturalezza del rapporto di Yu e Kai, umano più che mai e ben oltre il concetto di personaggi inventati, questo saprà senza dubbio farvi stringere il cuore in ben più di un’occasione. Specifichiamo che è possibile anche vivere l’esperienza in cooperativa, ma che probabilmente per apprezzarla appieno sono necessari momenti contemplativi e di esplorazione adatti maggiormente al giocatore singolo.

havenSul lato tecnico il gioco non offre purtroppo texture ad altissima risoluzione, fattore che come già detto viene per fortuna ben colmato da un comparto artistico d’impatto e soddisfacente. Il level design è ben strutturato e caratterizza con successo l’universo narrativo, proprio come tutti i personaggi che ne fanno parte. Sul lato sonoro l’opera si difende piuttosto bene, grazie a una colonna sonora davvero di qualità, tuttavia spesso mal posizionata e ripetitiva al punto da rovinare momenti magici. Su PlayStation 5 Haven permette di scegliere fra la modalità prestazioni e quella grafica. Quest’ultima migliora leggermente l’impatto generale, ma è abbastanza difficile notare le effettive differenze, se non per i cali di framerate a dirla tutta piuttosto frequenti. Pur puntando ai 120 FPS invece, la modalità prestazioni non raggiunge molto spesso l’obiettivo, e non offre in ogni caso un numero granitico, considerando poi che il tipo di gameplay non è particolarmente indicato per apprezzare questa feature. Possiamo dire in soldoni che la scelta di una o dell’altra modalità non cambierà radicalmente la vostra esperienza, e che forse una singola via di mezzo sarebbe stata più apprezzabile. Menzione d’onore va fatta per il DualSense, i quali grilletti adattivi vengono sfruttati in diverse occasioni durante l’esplorazione (nulla di rivoluzionario, ma piuttosto piacevole e inaspettato), come vale anche per il feedback aptico.

Haven
8.3
Voto 8.3
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Nasce nel 2000 già possessore di una Playstation 1 e già appassionato di videogiochi. In tenera età scopre il mondo dell’informatica ed inizia la sua inutile corsa verso la bramatissima Master Race. Nonostante la potenza di calcolo sia la sua linfa vitale è alla perenne ricerca della varietà e di titoli indie che piacciono solo a lui, incurante del fatto che potrebbero funzionare agevolmente anche su un tostapane. Viene spesso avvistato mentre effettua incomprensibili ragionamenti (soprattutto per lui) legati all'economia. Eccelle particolarmente nel trovare i momenti meno opportuni per iniziare e divorare intere serie TV.