Chi l’ha detto che un videogioco debba essere necessariamente impegnato o profondo? Chi l’ha detto che debba presentare dinamiche che vadano oltre il semplice divertimento momentaneo? Ogni tanto ritornare all’infanzia fa bene, e nella semplicità di alcune intenzioni interattive si schiudono quelle esperienze tutte contemporanee in cui la semplicità la fa da padrona, in sfondi anche folli ed eccessivi. Tutto ciò per raccontavi la nostra esperienza in anteprima con Giants Uprising, un early access attualmente presente sul catalogo di Steam.
Questa si è rivelata stata abbastanza “inaspettata”, soprattutto nelle dinamiche a disegnarne l’avanzamento e nelle varie scelte strutturali. Quasi un viaggio indietro nel tempo, appunto, a quando eravamo bambini e giocavamo con i nostri giocattoli costruendo avventure mostruose e colossali, caotiche e senza alcun freno. Sviluppato da Varsav Game Studios, questo videogioco in corso d’opera ha ancora molto da migliorare, anche se le buone intenzioni si vedono tutte.
Un gigante in un mondo crudele
Gli eventi a disegnare la trama di Giants Uprising attingono dalle leggende antiche e dalle storie dell’epica classica, ibridando elementi dalla tradizione norrena fino a quella romana. Il mondo è conteso fra gli esseri umani e i giganti. Da una parte troviamo regioni in cui gli umani sono riusciti, con astuzia, a schiavizzare tutti i giganti, requisendo la loro conoscenza. Altrove, invece, vige una sorta di armonia che equilibra la reciproca convivenza fra queste due forme di vita. Ambientato in un mondo dark fantasy dagli spunti antichi, il titolo ci lancia nei panni di Rogbar, un gigante schiavizzato e obbligato a lottare contro i propri simili in una sorta di pseudo Colosseo. La violenza e l’eccitazione del pubblico sono due piatti di una stessa bilancia in questo mondo, andando ad incontrarsi con le mire politiche di chi muove i fili dall’ombra.
Al suo fianco, anzi, sarebbe più corretto dire sulla sua spalla, troviamo Kielbasa, un essere umano dall’accento british che si ritroverà invischiato in questa fuga, sostenendolo lungo tutto il cammino di distruzione e morte che si lascerà alle spalle (funge anche da voce principale delle varie vicende e da spalla comica). In realtà non c’è molto di più da dire. Fin dall’inizio controlleremo il suddetto gigante, ed attraverso il tutorial prenderemo confidenza con i vari comandi. Rogbar può attaccare, correre, difendersi, distruggere tutto con un “pestone”, raccogliere oggetti e lanciarli in ogni dove, e mangiare quando i punti vita cominciano a scendere.
Per fare pratica si avrà la possibilità di lottare in arena, per poi fuggire e cominciare questa folle corsa di villaggio in villaggio, in cui potremo tranquillamente distruggere ogni cosa (più o meno) ci si pari davanti. Questa dinamica distruttiva e libera fin dall’inizio esalta inevitabilmente, ispirando sensazioni di onnipotenza. Alle lunghe però, la ripetitività prende il sopravvento in un gioco diviso per livelli. In ogni livello dovremo vedercela con i vari elementi decorativi dell’ambiente, con gli eserciti che tenteranno di fermarci, e con alcune particolari torrette e strumenti offensivi simili. In aggiunta anche alcuni giganti tenteranno di sbarrarci la strada (anche se dovrebbero essere dalla nostra parte).
Quest’ultimi restano gli scontri più interessanti e un minimo complicati. Ad ogni livello si ottengono alcuni punti abilità spendibili in uno skill tree presente esclusivamente nel menù principale. Come cornice narrativa abbiamo alcune particolari vicende di trama che tentano di contestualizzare l’azione violenta generale, con alcuni sviluppi, anche fantapolitici niente male, in conseguenza del nostro stesso avanzamento. La presenza di queste cutscene restituisce senza dubbio alcune sensazioni fondamentali a rendere un minimo credibile e coerente ciò che accade a schermo.
Un gigante lento
Attraverso la nostra prova di Giants Uprising, però, non possiamo non parlarvi delle sue problematiche più evidenti. Come detto sopra la ripetitività per adesso la fa da padrona in un videogioco che tenta di dinamizzarsi, senza però riuscirci del tutto. In aggiunta abbiamo le poche animazioni, anche legnose, a disegnare sia il nostro protagonista che i vari antagonisti lungo il suo cammino. Per non parlare del lato ottimizzazione, con evidenti modifiche obbligatorie, soprattutto nei momenti di distruzione massima in cui i frame calano a picco.
Parlando dell’estetica generale per ora non c’è moltissimo da dire. Le ambientazioni sono abbastanza immersive e curate, anche se necessiterebbero di qualche smussatura generale, accompagnata da una cifra maggiore anche per quanto concerne il comparto sonoro. Questi elementi ci ricordano sempre che si tratta di un lavoro che deve imparare dai propri attuali problemi per concludersi al meglio.