Civil War – Recensione, il ritratto distopico degli Stati Uniti di Alex Garland

Alex Garland torna al cinema con Civil War mettendo in guardia lo spettatore unendo attualità e distopia: ecco la nostra recensione.

Mauro Landriscina
Di Mauro Landriscina - Contributor Recensioni Lettura da 9 minuti
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Civil War

Dopo la parentesi su Netflix con Annientamento e lo sfortunato Men uscito un paio di anni fa, Alex Garland torna in sala con il suo Civil War, un racconto crudo e violento che segue le vicende di un gruppo di fotografi che attraversa gli Stati Uniti nella quale è scoppiata una guerra tra stati separazionisti. L’obiettivo del regista e scrittore del film è sicuramente interessante, ma potrebbe risultare altrettanto divisivo (come in effetti sta succedendo): raccontare il presente con un contesto distopico, ma al contempo estremamente vicino a un futuro possibile non solo per gli States, ma per molte altre realtà in tutto il mondo. Con la recensione di Civil War ci teniamo a sottolineare fin da subito come questo sia sicuramente uno dei migliori film del 2024, e che sicuramente vuole essere sia faro, sia monito di ciò che potrebbe succedere, a seconda di come andranno le elezioni che avverranno il prossimo novembre.

La guerra non cambia mai…

Alex Garland con Civil War impacchetta un film d’azione estremamente crudo per quanto sia attuale in ciò che racconta. L’utilizzo di campi lunghissimi per la gran parte di questo viaggio ci permette di prendere visione di tutte le conseguenze scatenate dai vari scontri che sono accaduti e che continuano ad avvenire in tutti gli stati, lasciando nella mente dello spettatore un profondo senso di inquietudine e disagio.

L’utilizzo della macchina da presa è quasi da manuale, anche se molto impostato, perciò Garland decide di sperimentare in maniera molto massiccia dal lato del sonoro e del montaggio. Troviamo infatti nel lungometraggio delle sequenze molto impattanti, costruite quasi alla perfezione grazie alla sapiente mano del direttore del montaggio Jake Roberts, come per esempio una sequenza di sparatoria che si conclude con uno dei needle drop migliori degli ultimi anni, dove la musica si fonde in maniera perfetta a ciò che vediamo su schermo grazie a slow motion e all’uso degli scatti delle macchine fotografiche a ritmo di musica… in una sola parola: clamoroso!

Il regista qui diventa tutt’uno con lo stesso gruppo di fotografi. Senza prendere nessuna parte, mostra la crudeltà della guerra, sia dalla parte di una fazione, sia dall’altra. Attraverso le loro fotografie questo gruppo di reporter immortala la brutalità di questa seconda guerra civile americana, e di tutto l’orrore che i nostri protagonisti sono disposti a sopportare per il solo obiettivo di documentare l’attualità al resto del mondo e rimanere nella storia.

Una “fotografia” dell’attualità…

Garland ha scritto questo film nel 2020, in piena pandemia e nel bel mezzo delle proteste negli US, da una parte contro le forze armate (ricordando l’assassinio di George Floyd), e dall’altra dei negazionisti dei vaccini. Vien da sé che con questo suo film, il regista e scrittore ha l’intenzione di far aprire gli occhi sia al popolo americano, ma anche un po’ al resto del mondo, su come un conflitto possa davvero nascere dal nulla e sfociare nella catastrofe. Lui non dà né incipit né soluzione a questa guerra, vuole semplicemente mostrare cosa potrebbe succedere se uno stato venisse represso fino alla fine, e quali sarebbero le conseguenze di una guida inefficiente.

Tornando alla fotografia, il d.o.p. Rob Hardy crea delle atmosfere quasi sull’orlo del genere horror per quanto macabre e verosimili. Alcuni shot vedono autostrade con chilometri di auto abbandonate e città fantasma lasciate al controllo di poche bande che ormai hanno preso il potere, e che anche tra di loro si danno guerra a suon di proiettili, dando quasi l’idea che il regista si sia ispirato parecchio a The Last of Us per dare l’idea di questo tracollo totale della società a causa di un evento incontrollabile.

Il sapiente e oculato utilizzo delle luci e delle ombre da parte del direttore della fotografia raggiunge il suo climax in due sequenze precise dell’opera: nel finale, ovviamente, dove Garland decide anche di inserire un forte messaggio contro i mass media, e nella sequenza con protagonista Jesse Plemons, che nonostante la brevissima parte che quasi rasenta il “cameo”, ci regala forse la scena più d’impatto di Civil War, e si conferma essere ancora una volta – come se ce ne fosse il bisogno – uno degli attori migliori della scena hollywoodiana.

…E uno sguardo al futuro

E a proposito di attori, Civil War presenta un cast di primissimo ordine, che sta venendo elogiato anche da chi non ha esattamente gradito il film. Nel gruppo di fotografi protagonisti abbiamo infatti una Kirsten Dunst in stato di grazia, che qui interpreta Lee, una reporter di guerra diventata celeberrima nel suo settore per la popolarità e la “bellezza” dei suoi scatti, inteso nel modo quanto più ironico possibile. L’attrice americana attraverso i suoi sguardi e i suoi silenzi ci trasmette tutta la tensione e la paura del suo personaggio. Una paura che deve reprimere del tutto per mostrare in realtà una forza d’animo e una sicurezza assoluta, che con gli anni di esperienza sui campi di battaglia in giro per il mondo è sicuramente diventata ormai parte integrante del suo carattere. In quella che potrebbe essere la miglior interpretazione nella sua carriera, Kirsten Dunst si cala perfettamente nel ruolo di una persona pronta alla più totale abnegazione e decisa più che mai di intervistare il presidente degli Stati Uniti (interpretato da Nick Offerman, fresco di vittoria agli Emmy per il suo ruolo in The Last of Us).

Insieme a lei nel gruppo di protagonisti troviamo anche Joel (Wagner Moura) e Jessie (Cailee Spaeny), il primo è il collega storico di Lee che a differenza di lei decide di sopprimere la paura e la tensione del campo di battaglia attraverso l’alcool e la competizione, trattando la tragedia che si sta compiendo nel suo Paese quasi come se fosse un gioco; la seconda invece è una giovane reporter e fan di Lee che quasi si intrufola di nascosto nel van dei protagonisti per seguire il sogno di diventare una war reporter proprio come lei, ma la realtà si rivelerà per lei molto più dura e spaventosa di quanto potesse immaginare. A chiudere il quartetto di protagonisti vediamo Sammy (Stephen McKinley Henderson), giornalista veterano e mentore di Lee e Joel, che decide di accompagnare i due nella loro missione quasi impossibile di raggiungere la Casa Bianca.

“La verità agli occhi di tutti”

Civil War è un tipo di film necessario dunque, che spiattella in faccia la verità di cosa potrebbe accadere negli Stati Uniti o anche in tutto il mondo – tenendo soprattutto conto degli eventi di Capitol Hill del gennaio 2021 – e che potrebbe inficiare molto sul giudizio generale che questa pellicola potrebbe ricevere dal pubblico.

Il consiglio è ovviamente quello di andarlo a vedere, per assistere a una prova registica e attoriale da manuale, condita da una fotografia curata nei minimi dettagli e un montaggio visivo e sonoro di grande impatto, il tutto condito da una colonna sonora decisamente di alto livello e targata A24. Ovviamente un sottotesto politico aleggia per tutto il film, ma come detto in apertura, il regista, come i reporter protagonisti dell’opera, rimane neutrale, decidendo di mostrare semplicemente la realtà di quello che sta avvenendo in questa distopica – ma non così distante – realtà.

Civil War
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Voto 9
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Contributor
Nato nel 1997, fin da piccolo si appassiona di videogiochi grazie al Game Boy Color del fratello maggiore. Pensa troppo al futuro e poco al presente, spesso perdendosi nei suoi pensieri e andando quindi a sbattere su qualche palo per strada. Il suo sogno nel cassetto è quello di dirigere un film d'animazione.