Tra le serie più longeve e conosciute che in un qualche modo hanno fatto la storia del nostro amato media videoludico, una delle più importanti è senza ombra di dubbio quella di Call of Duty, brand che nel corso d’intere generazioni è riuscito a stregare milioni e milioni di giocatori in tutto il mondo, alle volte con capitoli incredibilmente riusciti, in altri casi meno. Soprattutto a partire dai tempi di Ghost – ma potremmo anche tornare con la mente a Modern Warfare 3 – si cominciò infatti a percepire nell’aria un certo malcontento generale tra i fan, un susseguirsi di critiche e polemiche andate facendosi sempre più pressanti ad ogni nuovo capitolo, almeno fin quando Activision non ha deciso di ripescare dal cilindro l’epopea Modern Warfare attraverso un reboot che l’anno scorso seppe convincere una larga fetta della fanbase. Ebbene, con la palla passata nelle mani di Treyarch si è ritentato il colpaccio, questa volta riprendendo però l’intreccio di Black Ops e dando forma a una nuova formula narrativa pensata come punto di collegamento tra Call of Duty Black Ops (2010) e Call of Duty Black Ops 2 (2012). Con le aspettative alle stelle, abbiamo così acceso la nostra fiammante PlayStation 5 per lanciarci nella nuova avventura di Call of Duty Black Ops Cold War, e ora, dopo ore ed ore passate in compagnia dell’ultima creatura di casa Activision, siamo finalmente pronti a darvi il nostro responso finale.
Salvare il mondo con stile
Come detto poco sopra, Call of Duty Black Ops Cold War si pone come seguito del primo Black Ops, catapultandoci nel pieno degli anni ’80, quando la Guerra Fredda tra Stati Uniti e Unione Sovietica imperversava in tutto il mondo, tra missioni di spionaggio, terrore per le strade e quel sentore di un’imminente guerra nucleare potenzialmente capace di decimare il genere umano. Sarà proprio in questo contesto che farà la sua apparizione Bell, il nostro alter ego digitale – di cui potremo scegliere non solo il sesso, ma anche il profilo psicologico e caratteriale, con conseguenti bonus passivi utili durante la partita – che si ritroverà a dover aiutare il governo degli Stati Uniti d’America a evitare la proverbiale distruzione del mondo civilizzato, il tutto in compagnia di svariati personaggi ben noti ai fan, tra i quali spiccano in particolare Alex Mason e il buon vecchio Woods. Volendo spendere qualche parola proprio per i personaggi, questi ci sono sembrati tutti ben caratterizzati e capaci di farsi apprezzare per le proprie peculiarità, con siparietti e battute che delineano più che degnamente il loro mood.
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Come facilmente immaginabile, l’avventura si porta dietro tutte le caratteristiche che hanno reso famose le campagne single-player della saga, tra sparatorie senza esclusione di colpi, inseguimenti a bordo di veicoli e scene hollywoodiane dove sarà la spettacolarità a farla da padrone. Fortunatamente, ciò che si evince fin dai primi istanti in-game è un’ottima differenziazione delle varie vicissitudini che andremo affrontando, le quali ci porteranno a vivere intensi scontri affiancati da apprezzabili missioni stealth dove muoversi nell’ombra. Un secondo prima saremo a bordo di un elicottero per dispensare fuoco e fiamme, quello dopo dovremo cecchinare con precisione millimetrica qualsiasi sventurato ci si dovesse presentare innanzi, e poi ancora eccoci travestiti da soldati russi, attenti a evitare sguardi indesiderati, il tutto spesso senza soluzione di continuità o pause di alcuna sorta. La varietà di situazioni è indubbiamente lodevole e contribuisce a rendere memorabile ogni istante della propria partita, peccato solo che questa – ancora una volta, come da tradizione – sia tutt’altro che longeva, con i titoli di coda che faranno la loro apparizione dopo poco più di cinque ore.
Al fine ultimo d’offrire un po’ di sostanza in più alle vicende, i ragazzi di Treyarch hanno ben pensato di lasciare una maggior libertà decisionale al giocatore, il quale potrà spesso compiere importanti scelte che avranno successivi risvolti nell’intreccio narrativo, con finali multipli raggiungibili a seconda delle nostre decisioni. Inoltre, gli sviluppatori non hanno disdegnato neanche la realizzazione di alcune missioni secondarie che, seppur non particolarmente articolate o complesse, offrono qualche contenuto in più che di sicuro non fa male. Peccato solo per quel palpabile senso di déjà vu che andrà ripresentandosi a più riprese man mano che giocheremo e per un’intelligenza artificiale che sembra rimasta ancorata alla generazione Ps3/360. In definitiva, la campagna single-player di Call of Duty Black Ops Cold War è esattamente quello che ci saremmo aspettati, un breve ma intenso susseguirsi di sparatorie e fasi scriptate dove l’azione “Made in Hollywood” vi farà schizzare l’adrenalina alle stelle; pochi fronzoli, pochi momenti morti, ma solo tanti massacri e la giusta dose di varietà a condire il tutto.
In compagnia è tutto più divertente
Come da prassi per ogni capitolo del franchise di casa Activision, anche in questo caso il vero cuore pulsante della produzione continua a essere rappresentato da tutte quelle modalità multiplayer che vanno a costituire un buon 80% dell’esperienza generale. Andando più nello specifico, Call of Duty Black Ops Cold War offre tre diverse opzioni per intrattenersi in compagnia di qualche altro giocatore in giro per il mondo: Multiplayer, Warzone e Zombie. Parlando del multiplayer, inutile dire che tutti i fan del brand si sentiranno immediatamente a casa. Le varie modalità presenti all’interno della produzione sono tanto variegate quanto ben rodate, capaci di attirare l’attenzione di diverse fette d’utenza e pensate per venire incontro ai gusti di tutti. Deathmatch a squadre, Tutti contro tutti, Uccisione confermata, Dominio e molto altro ancora, già dopo pochi minuti in-game ci si sente subito a casa, anche grazie a quel sistema di progressione da anni divenuto parte integrante dell’esperienza targata COD, lì dove qualsiasi cosa farete durante i match contribuirà a farvi ottenere esperienza con cui salire di livello e sbloccare nuove armi, gadget e abilità con cui personalizzare il proprio personaggio, il tutto al fine ultimo di creare il miglior set possibile per i propri gusti.
In questo ricco calderone non mancano poi interessanti ritorni come le Combined Arms – dove dovrete muovervi in enormi mappe conquistando punti di controllo specifici per acquisire punti, il tutto potendo far uso di veicoli aerei e terrestri – o, ancora, nuove aggiunte quali VIP Escort e, soprattutto, Dirty Bomb. Quest’ultima aggiunta in particolare si è rivelata vincente, mostrandosi in una forma che pur riprendendo elementi da altre modalità (le similitudini con Warzone sono evidenti) riesce a mostrare un proprio carisma, indubbiamente una delle opzioni più intriganti e gustose di questo nuovo pacchetto in salsa Call of Duty. Parlando invece proprio di Warzone, è oramai chiaro che tale modalità battle-royale è divenuta a tutti gli effetti una componente di rilievo all’interno del franchise che andremo rivedendo anche con il sopraggiungere di futuri capitoli del brand. Allo stato attuale vi è in realtà ben poco da dire, Warzone è esattamente tutto ciò che potemmo scoprire l’anno scorso senza particolari cambiamenti, al punto tale che l’intera modalità rimane salda nelle mani di Infinity Ward, la quale continuerà a occuparsene anche in futuro. Fin dalla sua presentazione ufficiale, Activision ha infatti chiarito immediatamente come l’arrivo di Call of Duty Black Ops Cold War non avrebbe stravolto in alcun modo l’esperienza di Warzone, la quale si sarebbe limitata piuttosto ad un arricchimento generale tramite tutta una serie di aggiornamenti che sarebbero andati ad espandere di mese in mese tale modalità. Per il momento, insomma, Warzone è rimasta praticamente invariata da ciò che era in passato; tutti i fan continueranno ad apprezzarla mentre i detrattori non avranno motivi particolari per offrirle una seconda chance.
Ogni buona esperienza multiplayer che si rispetti deve però poggiare su colonne resistenti, e quelle di questo Call of Duty Black Ops Cold War sono sufficientemente solide, seppur non sia mancata qualche crepa. La varietà di mappe disponibili al momento non fa infatti gridare al miracolo e, per quanto siano stati già confermati futuri aggiornamenti gratuiti con nuove ambientazioni, avere al lancio appena 11 mappe risulta piuttosto mortificante. Non tutte ci sono poi parse particolarmente riuscite sotto il profilo del level design, un susseguirsi di alti e bassi che ci ha fatto storcere parecchio il naso. I server non hanno invece mai mostrato il minimo cedimento e ogni partita è filata liscia e tranquilla, anche nelle situazioni più concitate. Vi confermiamo inoltre la presenza del cosiddetto “Skill-based Matchmaking”, strumento attraverso il quale i giocatori con cui vi scontrerete verranno scelti a seconda della vostra abilità in campo; in poche parole, più sarete abili, più dovrete sudarvi ogni partita. Menzione d’onore anche per ciò che riguarda il bilanciamento, con armi generalmente ben bilanciate – anche se ci aspettiamo cambiamenti per qualche bocca da fuoco che allo stato attuale appare esageratamente letale – e un time to kill sufficientemente generoso, spesso e volentieri capace di dare una preziosa opportunità a chi saprà giocarsela d’astuzia ma sostanzialmente inutile per i novellini alle prime armi.
Un Call of Duty invaso dai non morti
Da molti anni a questa parte l’epopea di Call of Duty vanta nel suo ecosistema l’apprezzata modalità Zombie, la quale permette ai giocatori – in solitaria o con qualche amico al seguito – di lanciarsi alla carica all’interno di articolate mappe dove far man bassa d’affamati zombie desiderosi solo di sbranarci. Com’era facilmente immaginabile, il tutto è stato riproposto anche con Call of Duty Black Ops Cold War, seppur con qualche interessante differenza per mezzo della quale gli sviluppatori hanno potuto rimescolare le carte in tavola. Ciò che si denota fin da subito è infatti la scelta presa dal team di sviluppo, che dopo anni passati a trattare la modalità Zombie come un’esperienza slegata dal classico multiplayer, questa volta hanno deciso di legare il tutto in un unico ecosistema che tiene conto di tutti i progressi che farete giocando. Ecco quindi che l’esperienza, le armi, i gadget e le abilità ottenute nel classico multiplayer verranno trasferite su Zombie e, al contempo, giocando in modalità Zombie continuerete ad aumentare di livello sbloccando nuovo equipaggiamento che potrete poi utilizzare nei più classici match online. Per l’occasione, i ragazzi di Treyarch hanno infatti voluto lasciare ai giocatori l’ardua decisione del setup con cui lanciarsi al massacro contro i non morti eliminando tra l’altro anche alcune meccaniche da anni ben rodate – come la presenza di armi specifiche ottenibili solo in particolari sezioni della mappa – per far spazio a qualche nuova soluzione pensata per rinfrescare un’offerta che cominciava a sapere di stantio.
Il risultato finale appare così indubbiamente galvanizzante e fresco, pur senza abbandonare quel mood proprio della modalità fatto d’intricate ambientazioni esplorabili, enigmi ambientali e infinite orde di mangia cervelli pronti a farci la pelle. Piccola menzione anche per la modalità Spec Ops, giunta alla sua terza iterazione ma ancora capace di divertire parecchio, un’aggiunta sicuramente gradita che arricchisce ancor di più la già ottima offerta di questo nuovo capitolo del brand.
Ecco quindi che solo a questo punto vogliamo trattare di un altro elemento particolarmente importante all’interno del franchise e che abbiamo volutamente trascurato fino ad ora, il gunplay più nudo e crudo. Qualsiasi fan di Call of Duty è ben conscio di quanto il giusto feeling con l’arma da fuoco impugnata in partita possa fare la differenza tra un capitolo riuscito e un altro rivelatosi a dir poco fallimentare. In particolare, però, quest’anno il tutto assume ancor più importanza grazie al sopraggiungere delle nuove console e di PlayStation 5 in generale, la quale attraverso il suo Dualsense punta a offrire un feedback mai provata prima. Sotto il profilo più classico dell’esperienza, possiamo confermarvi senza remore alcuna che il feeling di ogni singola arma presente appare curato in ogni minimo dettaglio, un’attenzione certosina che offre un’esperienza diversa a seconda dell’arma che starete impugnando.
Questa sensazione va facendosi però ancor più forte nel momento in cui s’impugna il Dualsense di PS5, caratterizzato da quel feedback aptico tanto chiacchierato che, almeno in questo caso, fa il suo sporco lavoro. A seconda dell’arma impugnata, infatti, i grilletti per sparare e mirare si faranno più o meno duri, così da restituire – alla lontana, questo è ovvio – il senso di pesantezza che caratterizza quell’arma. Ecco quindi che per utilizzare una mitragliatrice pesante dovrete spingere con forza sui grilletti, mentre una pistola richiederà una pressione assai meno “violenta”. L’effetto è sicuramente straniante in un primo momento, ma dopo un poco di abitudine il tutto scorre fluidamente e naturalmente, una peculiarità che pur senza stravolgere il gameplay, in qualche modo lo arricchisce in una maniera che non ci saremmo assolutamente aspettati. Da un punto di vista spiccatamente tecnico, il sopraggiungere della Next-Gen ha indubbiamente permesso alla software house d’offrire vette grafiche capaci di lasciare senza fiato, seppur in parte sia possibile notare quella natura cross-gen che caratterizza molte delle produzioni odierne. Il lavoro si attesta comunque su livelli piuttosto alti, tra animazioni convincenti, un’eccellente conta poligonale dei personaggi, texture di qualità e ottimi giochi di luci e ombre, seppur qualche spigolo da smussare qua e là non manchi. Non da meno si è poi ovviamente rivelato il comparto audio, caratterizzato da una colonna sonora incalzante e da un doppiaggio italiano di gran livello.