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Ant-Man and the Wasp: Quantumania – Recensione di un disastro in miniatura

Terzo giro per Peyton Reed che dirige ancora una volta il “suo” super eroe, Ant-Man: il cineasta americano ha già infatti eseguito la regia per i primi due capitoli dell’uomo formica. Ant-Man and the Wasp: Quantumania arriva come punto focale della nuova narrazione Marvel Studios, portando sul grande schermo Kang il Conquistatore, nemico già visto nella serie Loki, su Disney+. Cosa accadrà ora, con questa rivelazione? Eccovi serviti.

Nel Regno Quantico

Scott Lang (Paul Rudd) vive la sua vita in un mondo semiperfetto (dal suo punto di vista): è fidanzato con Hope van Dyne (Evangeline Lilly), scrive libri sulla sua esperienza come supereroe, recupera il rapporto con la figlia Cassie e si diletta a chiacchierare con il suocero e la suocera, rispettivamente Henry “Hank” Pym (Michael Douglas) e Janet van Dyne (Michelle Pfeiffer). Tutto sembra andare per il verso giusto una volta tanto, fin quando non si scopre che Cassie si diletta a creare congegni che interagiscono con il Regno Quantico (luogo dove era dispersa Janet trenta anni prima). A quanto pare la ex-Wasp Janet non ha detto a nessuno chi risiede nel Regno e quanto possa essere pericoloso interagirvi.

Per una serie di rocamboleschi eventi, i cinque si ritrovano tutti nel Regno Quantico, ovviamente non nella stessa zona ma in luoghi diversi: parte un viaggio per i nostri eroi che devono ritrovarsi mentre cercano di sfuggire alle grinfie di Kang. Con una trama che di base non brilla per nulla, Ant-Man and the Wasp: Quantumania si posiziona, in quanto a stile, esattamente in mezzo ai predecessori: tra il primo capitolo in chiave comico-banale, e il secondo decisamente più serioso a tinte action. Nel film non si risparmiano battute (anche a sfondo sessuale) e situazioni con doppi sensi, strano ed insolito, il tutto in salsa supereroi dove volano scazzottate e proiettili con la consapevolezza che nessuno si farà male.

Kang, Conquistatore ma non troppo

Come abbiamo imparato in Loki, Kang sarà il nemico principale di questa serie di film e viene presentato ufficialmente qui in Ant-Man and the Wasp: Quantumania. A vestire i panni di questo viaggiatore del tempo c’è uno straordinario e dannatamente espressivo Jonathan Majors, che a breve vedremo sul sul ring in Creed III (diretto da Michael B. Jordan). Kang il Conquistatore è un despota che indossa un’armatura in stile Iron Man, dotata di poteri inimmaginabili, capace di controllare tecnologie al di fuori della nostra immaginazione, in grado di creare barriere di energia e scatenare raggi laser di una potenza inaudita.

Kang è inarrestabile, sicuro di sé e forte della sua potenza… e questo è proprio il problema del film, che affronteremo tra poco, prima però spendiamo due parole sui co-protagonisti. Hope van Dyne/Wasp convince fino ad un certo punto: Evangeline Lilly è indubbiamente invecchiata e non poco, al punto che si fa fatica a percepirla come la figlia di un’eccezionale e – senza mezzi termini – fichissima Michelle Pfeiffer, l’attrice sfoggia un capello corto che piuttosto che ringiovanirla la invecchia ancora di più, senza contare che sembra ingessatissima nelle movenze perfino quando indossa la sua tuta da supereroina, mentre quella che dovrebbe essere la madre e obbiettivamente più anziana, Janet, è brillante, scattante e piena di vita.

Michael Douglas si conferma la star che è sempre stato, senza dubbio più ingessato di tutti gli altri ma con un carisma da primato, capace di farci emozionare usando il cervello e non i muscoli, di cui è obbiettivamente sprovvisto. Cassie (Kathryn Love Newton) entra in gioco come outsider e non sembra avere molte capacità, mostrandosi come una versione femminile di Ant-Man alle prime armi, ma comunque convincente.

Disastro Quantico

Marvel Studios ha speso dieci anni per presentarci e farci vivere l’ombra di Thanos, un nemico immenso, imbattibile che ha peraltro vinto, di base, per poi perdere la battaglia finale solo grazie ad uno stratagemma dell’eroe di tutti noi, Iron Man (Tony Stark), che con l’estremo sacrificio ha messo un punto alla potenza del Titano. Kang il Conquistatore non è un nemico da prendere sotto gamba, anzi è uno di quei personaggi che ha da sempre richiesto (sulla carta stampata) l’intervento di forze anche cosmiche per essere arginato: come può Scott Lang avere la meglio su un nemico potente come Kang?

Se ci ragionate un secondo non ha alcun senso: è come se aveste visto Thanos sconfitto da Falcon e poi lo avessero ripresentato come minaccia intergalattica: chiunque di noi avrebbe gridato allo scandalo, e così è anche qui in Ant-Man and the Wasp: Quantumania. Senza cadere nello spoiler più banale, è ovvio che i nostri eroi avranno la meglio sul nemico, il problema non è solo che viene rappresentato come un nemico inarrestabile, ma che venga sconfitto per altro in una maniera così banale da restare a bocca aperta: se poi ci aggiungete una delle due scene finali (che troverete alla fine dei titoli di coda) che danno ancora più importanza al nemico visto poco prima, va da sé che tutto finisca in cavalleria. Ant-Man and the Wasp: Quantumania è un film mediocre che non avremmo visto se non facesse parte di questo universo narrativo.

Ant-Man and the Wasp: Quantumania

5

Ant-Man and the Wasp: Quantumania è un disastro ad alto budget che tenta di presentare un nuovo nemico per l'intero universo che però viene rocambolescamente sconfitto dal più improbabile dei super eroi e dalla sua ciurma parenti. Sebbene ci siano momenti interessanti, questi vengono obliterati dall'idiozia di fondo e da macchiette interpretate da nemici inconcludenti e scene ad alto contenuto visivo fine a se stesse. Battute forzate a doppio senso e colonna sonora per nulla coinvolgente, il film sarebbe stato un capitolo dell'epopea marvelliana eludibile non fosse che le premesse date dalla presenza di questo nemico, Kang il Conquistatore sono state disattese dall'inadeguatezza di quest'ultimo e degli eroi che lo affrontano.

Tiziano Sbrozzi
Lusso, stile e visione: gli elementi che servono per creare una versione esterna di se. Tiziano crede fortemente che l'abito faccia il monaco, che la persona si definisca non solo dalle azioni ma dalle scelte che compie. Saper scegliere è un'arte fine che va coltivata.

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