Alone in the Dark è una serie che ha visto nel corso degli anni molteplici revival e rimasterizzazioni, spesso senza soddisfare pienamente né la critica né il pubblico. Dopo vari capitoli più o meno meritevoli e un reboot del 2008 che si allontanava dalle radici senza riscuotere il successo sperato (senza contare un paio di film live action davvero orrendi), Pieces Interactive ha ora deciso di accettare la sfida, proponendo al pubblico un nuovo capitolo che fungesse da vero e proprio riavvio per la saga che ha dato il là al genere dei survival horror così come li conosciamo oggi.
Nonostante il pedigree del team di sviluppo in questione, con pochi giochi all’attivo conosciuti al grande pubblico (nonché di dubbio spessore ludico), si è puntato sulla presenza di attori di un certo calibro come Jodie Comer e David Harbour, al fine di attirare l’attenzione del pubblico che – vuoi per il disinteresse, vuoi per il fatto di essere troppo giovani – non hanno mai sentito parlare di Alone in the Dark. Scopriamo, quindi, come se la cava questo nuovo rilancio del franchise horror per eccellenza.
L’orrore è tornato
La trama, curata da Mikael Hedberg, noto per lavori come Amnesia: Rebirth e SOMA, promette di ricollegarsi alle origini della serie. Il gioco è ambientato negli anni ’20 e segue la storia di Emily Hartwood, che cerca di scoprire cosa sia successo a suo zio Jeremy, scomparso misteriosamente. Per farlo, si avvale dell’aiuto dell’investigatore Edward Carnby e insieme si dirigono verso la villa di Derceto, un luogo sinistro che nasconde numerosi segreti oscuri.
Il giocatore potrà decidere chi dei due personaggi principali interpretare, con una prima parte identica per entrambi, ma con alcuni passaggi dell’avventura differenti e che provvederanno a offrire una visione d’insieme su ciò che effettivamente è accaduto a Jeremy decisamente più ampia. Portare a termine il gioco sia con Emily che con Edward aiuterà quindi a chiarire elementi della trama che altresì sarebbero lasciati in sospeso, oltre al fatto che per ottenere il 100% dei dettagli narrativi (e collezionabili) sarà necessaria una doppia run (che non vi porterà via più di 10 ore per ciascun personaggio).
Durante l’esplorazione della villa, i protagonisti saranno chiamati ad affrontare strane creature, reami terrificanti, mostri ributtanti e una presenza malvagia che trama dietro le quinte. La trama si basa, in partenza, sui ricordi distorti di Jeremy, aggiungendo profondità psicologica al tutto. Ovviamente, non vi riveleremo altro per non rovinarvi la sorpresa, ma da questo punto di vista sono ovviamente ravvisabili un bel po’ di analogie coi racconti di Lovecraft, lo scrittore dell’occulto che ha sicuramente posto le basi per il racconto.
Il gameplay comprende esplorazione, puzzle e combattimenti, sebbene il layout dei livelli sia abbastanza semplicistico: oltre a dover spesso tornare sui nostri passi, elemento comune in questo tipo di giochi, e alla mappa che è sì ben realizzata ma non di certo particolarmente chiara, si procede senza incontrare troppe difficoltà. Il gioco offre anche la possibilità di adottare un approccio tradizionale e uno più moderno.
Nel primo tutti gli aiuti verranno disattivati e non ci saranno indicatori nelle mappe, mentre il secondo prevede invece suggerimenti testuali che appariranno quando non saprete come avanzare o come risolvere un enigma.
A livello di gameplay, ci saremo forse aspettati maggiore freschezza, considerando anche che il gioco stato anche rimandato, dando agli sviluppatori più tempo per rifinire gli aspetti del gioco, ma così purtroppo non è stato. Il sistema di combattimento si basa sui classici scontri con armi da fuoco, ma con la possibilità di usare armi da taglio raccolte lungo il percorso. I combattimenti corpo a corpo sono goffi e le meccaniche stealth non sempre funzionano, rendendo Alone in the Dark molto simile a un gioco di una quindicina di anni fa.
Un nuovo incubo
Oltre a queste non proprio trascurabili caratteristiche, neppure il comparto tecnico sembra far gridare al miracolo, con un design generico e texture appena sufficienti, oltre ad animazioni sotto il livello di guardia. Anche i bug compromettono l’esperienza ed è davvero un peccato che il gioco non sia stato limato a dovere in occasione della release, sebbene siamo certi che le consuete patch post day one correggeranno il tutto in corso d’opera.
La colonna sonora, composta da Jason Köhnen e Árni Bergur Zoëga, crea un’atmosfera unica, con brani jazz e ambient che riescono sicuramente a fare il loro lavoro, immergendoci in un contesto oscuro e segreto, perfettamente in linea con lo spirito della saga.
In definitiva, Alone in the Dark manca l’obiettivo di rinvigorire la serie, rimanendo un rilancio con potenziale ma non abbastanza per riaffermarsi come una serie di spicco nel genere. Un po’ un peccato, anche se da un team relativamente piccolo come Pieces chiedere chissà quale sforzo qualitativo sarebbe stato forse un po’ eccessivo.