Raccontare una storia accattivante, soprattutto quando si parla di post-apocalittico e di creature infette, è davvero difficile: lo è oggi, con serie tv, fumetti e videogiochi che trattano questi argomenti ormai molto diffusi – soprattutto dopo ciò che è successo con il Covid-19 – ma lo era anche in passato quando opere come The Walking Dead nascevano. Eppure nel 2013, in una non troppo calda estate, arrivava sugli scaffali come esclusiva PlayStation 3 un gioco che rispondeva al nome di The Last of Us, un titolo narrativo uscito lo stesso anno di Beyond: Two Souls (di Quantic Dream), un gioco survival horror arrivato quando nei negozi uscivano BioShock Infinite e Tomb Raider, un prodotto che ha rivoluzionato il modo di fare videogioco. A distanza di 10 anni, con un sequel all’attivo, un titolo multiplayer in programma e voci di corridoio legate ad un eventuale Parte 3, The Last of Us arriva in TV, in esclusiva su Sky e in streaming solo su NOW dal 16 gennaio, e ve ne parliamo nella nostra recensione.
Prima di parlare della serie, cerchiamo di capire per bene il prodotto: The Last of Us parte da un concetto molto semplice, legato ad una pandemia dovuta dall’evoluzione di un fungo, il Cordyceps, capace di mutare le persone, contaminarle e farle diventare degli ammassi di carne (e non) con il solo scopo di cibarsi di altri e infettare. Nella serie, come nel videogioco, seguiamo le vicende di Joel, uomo che ha vissuto dozzine di traumi durante l’inizio della pandemia (che nel videogioco parte nel 2013, mentre nella serie nel 2003) e Ellie, giovane ragazza che si è dimostrata immune al morso degli infetti.
Io sono omicida
In un mondo dove la salvezza è l’unico obiettivo, le poche città rimaste senza infetti all’interno sono state rinominate Zone di Quarantena, e al suo interno si è instaurato un regime di controllo della F.E.D.R.A. (Federal Disaster Response Agency), che in cambio di lavori dà dei cedolini per le razioni. In una di queste abitano Joel e la sua compagna d’affari Tess, alle prese con lavori più o meno legali e con il contrabbando, uno dei sistemi più veloci per fare soldi e rimediare cose. Nemmeno le QZ sono salve, soprattutto considerata la fazione di terroristi chiamata Luci, che offrono salvezza e speranza in un mondo dove sembra essere difficile arrivare al giorno dopo.
Come abbiamo spiegato, The Last of Us non è una serie innovativa per il suo incipit, quanto per il suo svolgimento: ogni personaggio dentro alla serie, così come lo era nel videogioco, è sfaccettato e caratterizzato. Joel ha i suoi traumi, cerca di vivere giorno dopo giorno, e nel farlo purtroppo diventa un violento capace di uccidere quando serve (e anche quando non serve), Ellie si mostra invece più grande dell’età che ha, usa parolacce e aggressività per mostrarsi forte e cerca di capire cosa fare del suo futuro.
Ma come loro due, ogni singolo personaggio è un insieme di informazioni che subito vi entreranno nel cervello, facendovi empatizzare con ognuno di loro: questo significa vedere un mondo totalmente grigio, dove la violenza non è un opzione e ogni singola scelta può trovare, anche quando è davvero brutale, le sue motivazioni. Lo scopriamo nella storia principale, che si dipana nei suoi 9 episodi, ma anche negli eventuali flashback e racconti paralleli che mostrano altri personaggi facenti parte di questo mondo devastato.
Precisiamo subito: la serie non si perde in chiacchiere. The Last of Us di HBO conclude, nelle sue 9 puntate, tutta la trama del primo gioco (compreso il DLC Left Behind), dimostrandosi concreta (talvolta anche troppo). Ovviamente questo non rende il tutto rapido e veloce, ma al contrario trova i suoi momenti più calmi in alcune parti della serie, giocando con lo spettatore grazie ai tempi.
Una speranza
Il duo formato da Pedro Pascal (Joel) e Bella Ramsey (Ellie) funziona ora come funzionavano Troy Baker e Ashley Johnson come interpreti dei due personaggi nel gioco, con un Joel più umano e capace di sbagliare, e una Ellie che subito entrerà nei cuori degli spettatori. Eccellente anche l’interpretazione di Gabriel Luna come Tommy, fratello di Joel, Anna Torv nei panni di Tess e Merle Dandridge come Marlene delle Luci. Anche gli altri attori si prestano tutti alla perfezione, seguendo un copione lavorato a quattro mani da Craig Mazin, sceneggiatore di Chernobyl, e lo stesso Neil Druckmann, Direttore Creativo dei videogiochi.
Forse il copione a volte è seguito fin troppo alla lettera: alcune scene potrebbero darvi una falsa sensazione legata ad un copia incolla, nel bene e nel male. Significa avere linee di dialogo identiche, inquadrature e effetti alla stregua di quelli del videogioco e un senso di riproduzione che a chi non è abituato potrebbe far cadere nel tranello di trovarsi davanti una serie fan made. Ovviamente basta vedere la qualità dietro per ricredersi subito: ogni battuta trova nuova vita nelle parole degli attori, in modo da riuscire ad evocare sentimenti a chi non ha mai giocato i videogiochi, e ricordi a chi invece ha vissuto già quest’avventura. Aspettatevi qualche piccolo cambio di programma, qualche scelta diversa in termini di dettagli, ma per il resto non preoccupatevi: The Last of Us di HBO è una serie tv non semplicemente ispirata al videogioco. È la serie tv del videogioco.
Clicker
Per chi non fosse avvezzo, gli infetti del Cordyceps si dividono in stadi: i primi, chiamati Runner, sono esseri umani molto agili che in questa versione tv trovano anche dei filamenti fungini che escono dalla bocca (per potersi cibare). A seguire poi troviamo i Clicker, dove il fungo ha ormai preso il controllo della parte superiore del volto rendendo cieco l’essere (e capace di usare l’ecolocalizzazione) e il Bloater, una sorta di Clicker più grande e forte. Nel videogioco gran parte della contaminazione è dovuta dalle spore, che in questa serie invece vengono abbandonate come concetto in favore di un sistema di rete neurale legata agli stessi funghi, spunto che da quel piccolo twist al concept iniziale senza però alterarne le fondamenta.
Come abbiamo spiegato, è difficile fare una serie tv post-apocalittica. A meno che non abbiate tra le mani uno script capace di creare personaggi realistici, divisori, e The Last of Us è un’opera di tale portata. Non esiste il bene e il male, il bianco e il nero: tutto è una gigantesca scala di grigi. Non parliamo però di quei finti moralismi che spesso si vedono su alcune produzioni, dove è facile provare simpatia per il villain di turno ma dove in fondo tutti sappiamo che il cattivo è cattivo, e l’eroe è eroe. Qui l’eroe è un sopravvissuto, un villain per la storia di qualcun altro, il padre di una ragazza che aveva una vita davanti e il fratello a cui è facile dare le colpe. Perché in fondo il potere di The Last of Us, così come lo era nel videogioco e come lo è su questa serie, è quello di farci pensare per qualche secondo cosa avremmo fatto al loro posto, solo che non è interessante l’incipit che fa partire la domanda, ma le reazioni che essa scaturisce.
The Last of Us sarà disponibile in esclusiva su Sky e in streaming solo su NOW dal 16 gennaio