Raramente Werner Herzog ha raggiunto risultati così sentiti e commoventi nella sua ricerca sul rapporto uomo-natura, sull’essenza del sublime e la fascinazione per i personaggi nomadi (Fitzcarraldo, Aguirre, Bear Man ecc…) come nel suo ultimo documentario Nomad: In the Footsteps of Bruce Chatwin. Nel film (che ha esordito all’ultima edizione del Tribeca Film Festival), il regista tedesco ripercorre le fasi della vita dello scrittore e amico Bruce Chatwin, attraverso ricordi, persone e luoghi di un personaggio simbolo degli anni ’70, scomparso tragicamente nel 1989 all’età di 49 anni per complicazioni legate all’AIDS. Dalla Patagonia e alle montagne del Galles, dall’Outback australiano alle foreste tropicali del Togo, Herzog viaggia a ritroso nella vita dello scrittore e ricostruisce l’immagine (nel film scorta di fuggita attraverso foto e video) e il ricordo di un uomo innamorato della vita, affascinato maniacalmente dai misteri tribali e dai linguaggi segreti della magia e dello spirito, incantato dalla storia del mondo e dalla sua bellezza e turbato dalla ricerca del significato dell’esistenza. Ma anche un uomo solo alla ricerca di sé stesso, incapace di mantenere un equilibrio nella sua vita e terrorizzato dalla caducità della vita umana.
É quasi impossibile non commuoversi nel vedere il regista rammentare il rapporto unico che condivideva con Chatwin, l’ispirazione che ricevevano l’uno dall’altro (da due romanzi di Chatwin sono tratti Cobra Verde e Grido di Pietra nda), le idee e l’affetto che condividevano (simboleggiati dall’inseparabile zaino in pelle donato dallo scrittore al regista sul letto di morte), sentimenti messi a nudo nelle ultime due parti delle otto che compongono il film (liberamente ispirate dai libri e dai viaggi più importanti compiuti dallo scrittore inglese) ritagliati da Herzog per sé stesso.
Herzog si sposta con la fastidiosa scioltezza tipica del genio tra registri e forme diverse, tra interviste (significative a tal proposito le figure della moglie di Chatwin, Elizabeth, e del biografo dello scrittore Nicholas Shakespeare), vecchie e preziose fotografie e lunghe inquadrature di bellezze naturali e archeologiche, un viaggio dello spirito accompagnato dalla sua (ormai celeberrima) voce narrante e dalla potentissima colonna sonora di Ernst Reijseger.