How I met our Overwatch

Luciana Perrucci
Di Luciana Perrucci - Contributor GL Originals Lettura da 7 minuti

In un momento imprecisato del 2015, durante una normale conversazione fra amici spunta fuori il nome della nostra amata (e a volte odiata) Blizzard. La discussione verteva principalmente su quanto la famosa casa produttrice si cullasse sulle calde braccia di World of Warcraft, senza produrre titoli nuovi da ormai diversi anni. Essendo solo dei videogiocatori, ci siamo limitati a fare speculazioni senza alcun fondamento e abbiamo concluso amaramente la discussione, lasciando ancora accesa la speranza di poter avere in futuro un gioco targato Blizzard che non fosse un seguito di Diablo. Poco tempo dopo, girando sul web appare un nome: Overwatch. Il logo Blizzard Entertainment campeggiava fiero accanto a questo misterioso prodotto e dal rimanere sbalordita a cercare ulteriori notizie non passarono più di quattro secondi.

Si trattava (e si tratta) di uno sparatutto in prima persona a squadre, facilmente paragonabile a Team Fortress 2 sia per le meccaniche di gioco che per il mood scanzonato dei personaggi. Non essendo un’amante degli FPS, stavo quasi per accantonare l’idea di provare anche solo la demo, ma qualcosa mi fece cambiare totalmente idea. Dopo questa lunga premessa, arriviamo al vero topic di questo editoriale: perché Overwatch ha riscosso così tanto successo già da molto prima dalla sua uscita? Le aspettative erano così alte per alcuni motivi: in primis, perché Blizzard non è famosa per la sua intraprendenza nello sperimentare nuovi generi videoludici, e quindi il suo primo sparatutto non poteva far altro che attirare l’attenzione di molti suoi sostenitori e non. Ovviamente le speculazioni su un suo eventuale successo o fallimento si sprecavano, e ogni leak e rumor veniva preso per oro colato e rimaneggiato a proprio piacimento. Tutto ciò non fece altro che aumentare la sua popolarità. Insomma, non è importante come se ne parli, purché se ne parli. A mio modesto parere, questa non è la motivazione fondamentale del successo anticipato di Overwatch.

Overwatch

Come già ho anticipato, un preciso particolare ha destato il mio interesse nei confronti di Overwatch. Si trattava di questo trailer e di molti altri filmati che anticipavano alcuni particolari della lore del gioco, che si prospettava ricca di eventi e personaggi ben caratterizzati. Per molti mesi milioni di persone si sono fatte incantare da video sempre diversi e ben curati, degni di un film Pixar (e da qui a una futura trasposizione cinematografica il passo è breve) fidelizzando i giocatori mesi prima del rilascio della prima demo. Questa operazione di pre-brandizzazione non ha fatto altro che avvicinare nuovi giocatori al marchio Blizzard, chiudendo così la sua prolungata era caratterizzata da World of Warcraft e riacquistando l’interesse del grande pubblico. Tutto ciò facendo leva su una lore abbozzata ma avvincente e in continuo sviluppo e dei personaggi sfaccettati in cui ognuno si può facilmente riconoscere. 

Overwatch

Questo processo di fidelizzazione non si è ancora arrestato e viene nutrito anche da degli indizi sparsi per il web, rilasciati dagli sviluppatori, che rivelano alcune informazioni sia sui personaggi attuali sia su quelli che appariranno in futuro. Mi spiego meglio prendendo come esempio il rilascio del personaggio di Sombra e l’operazione di “marketing” avvenuta in precedenza: molto prima che venisse introdotta nel gioco, il team Blizzard lasciò dei leak riguardo il suo passato e la sua personalità. Era come se lei stessa pubblicasse dei post sui forum, con dei messaggi in codice che i giocatori avrebbero dovuto risolvere per comprenderla ancor di più. Arrivati a questo punto, sembra quasi che Blizzard abbia scoperto la ricetta per fidelizzare il pubblico e pare proprio che ci stia riuscendo. Ma tutto questo per quanto tempo potrà andare avanti?

Overwatch

La struttura del gameplay di Overwatch è semplice e lineare: le due squadre, composte da sei giocatori, possono scontrarsi in quattro modalità, conquista del carico, trasporto del carico, controllo del punto e un ibrido fra conquista e trasporto. Ad oggi non è stata ancora sviluppata una modalità single-player in quanto è stato specificamente sviluppato per un’esperienza di gioco multigiocatore. Eppure tutto ciò sta facendo storcere il naso a qualcuno, gettando qualche dubbio sulla continuità di questo successo. Certo, le stagioni competitive creano fermento fra gli hardcore gamer, ormai Overwatch è uno dei giochi di punta degli eventi di eSports ed è anche uno dei più seguiti nei canali di streaming. Ma tutto ciò basta? Siamo certi che giocare e mettere insieme i pezzi di una storia potrà continuare a mantenere il nostro interesse per questo gioco? Credo che dare per scontato qualcosa sia il primo passo verso il suo fallimento, quindi occorre nutrire costantemente la gloria, in modo tale da non trasformarla in un fuoco di paglia. In questo caso, un elemento che potrebbe assicurare tutto ciò potrebbe essere l’introduzione di una modalità storia, magari in solo, in modo da continuare sulla stessa linea con cui Blizzard aveva cominciato tempo fa. La ricetta vincente è stata trovata, ora bisogna svilupparla e arricchirla passo dopo passo, partendo da un’ottima trama di base verso un intreccio sempre più avvincente. L’errore più grande sarebbe quello di cullarsi su un successo esplosivo, rimanendo incastrati ad un alto numero di giocatori e sostenitori, ma pur sempre stazionario (sì, fra le righe c’è scritto W.O.W.). Un uroboro che mangia se stesso e contemporaneamente si rigenera, senza mai crescere.

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Contributor
Traduttrice e revisora (anche) di videogiochi, tra il lavoro, il gaming il suo podcast e le recensioni, Luciana ha deciso che dormire non fa per lei. È fermamente convinta che non arriverà ai 40 anni di questo passo. Tra i suoi generi videoludici preferiti ci sono gli horror, le avventure grafiche e i gestionali. È allergica ad Animal Crossing.