Sono anni ormai che assistiamo ad un mercato molto incerto nel mondo delle console portatili, nate con una funzione ben diversa da quelle delle console fisse, ma destinate a completare quell’esperienza videoludica nata e coltivata in primis dentro le mura domestiche e pronta ad essere portata fuori casa con piena mobilità. Iniziamo facendo un salto indietro nel tempo, per arrivare proprio nel 1990, anno in cui avvenne il lancio ufficiale dell’indimenticabile Gameboy di casa Nintendo: con oltre 118 milioni di esemplari venduti, ha saputo scrivere la storia per quasi un decennio, passando dal bianco e nero alla versione a colori, riuscendo a conquistare l’amore e la fiducia di tutti quei giocatori che, pochi anni dopo, si sarebbero ritrovati con un Nintendo DS in mano, in quella che potremmo definire come una cavalcata inarrestabile delle console portatili.
La chiave di lettura, che sarà anche la linea guida di queste mie personali riflessioni, è in nome della semplicità: l’asso vincente di quegli anni, che ha saputo portato alla ribalta un concetto intuitivo e familiare e che avrebbe poi dato il via all’idea moderna di mobilità. E’ bastato uno schermo, due pulsanti e una croce direzionale per iniziare a giocare in compagnia fuori casa, al parco con amici e vivere emozioni uniche e forse indimenticabili: da Super Mario a Pokémon, passando per l’intramontabile Brain Training fino agli intrighi cervellotici del Professor Layton sul DS. Contemporaneamente però, anche Sony ha fatto capolino nel mondo delle console portatili, sfidando direttamente Nintendo con la sua PlayStation Portable, PSP per gli amici. Un vero e proprio gioiellino arrivato sul mercato nel 2005, segnando una rivoluzione grazie ad un hardware di tutto rispetto e di alto livello, riuscendo a portare per prima una resa grafica portatile dei giochi comparabile a quella di una console fissa, e dando carta bianca alla realizzazione di capolavori come ben due capitoli di God of War, due di Grand Theft Auto, con a seguire Little Big Planet, Sonic Rivals, Assassin’s Creed, WipEout, Call of Duty e chi più ne ha più ne metta. Volendo però vedere oltre al’aspetto videoludico, la PSP è stato un vero e proprio dispositivo multimediale innovativo in grado di navigare su internet, riprodurre film, musica e foto, il tutto in un contesto ben diverso da quello a cui oggi siamo abituati nell’era degli smartphone.
Forte del suo successo, rimasto comunque inalterato dalla controparte nascente, Nintendo porta avanti la carriera del DS nella sua nota evoluzione, il Nintendo 3DS, mantenendo ben salda quella fetta di mercato già precedentemente conquistata. Arriviamo nel 2012, anno in cui anche l’ormai vecchia PSP conosce la sua erede diretta: PlayStation Vita, che a distanza di sette anni ha saputo rinnovare a fondo le tecnologie portatili in casa Sony, offrendo ancora una volta un piccolo miracolo elettronico, in grado di affiancare e supportare la nuova generazione in arrivo di PlayStation 4. Stavolta però qualcosa non ha funzionato fin dai primi momenti, sia in casa Sony che dalle parti di Nintendo: il mercato e le sue esigenze erano e stavano cambiando in maniera esponenziale, a fronte di un utenza media che si stava spostando su altre strade.
E come dice il proverbio: tra i due litiganti il terzo gode. Il futuro del mobile gaming era davanti agli occhi di tutti, ma ancora troppo debole per destare sospetto e paura. Gli sviluppatori delle storiche software house non avevano fatto i conti con l’introduzione massiccia di smartphone e tablet di ultima generazione. Proprio in quei mesi stava accadendo qualcosa di imprevedibile (o forse no), l’asse della bilancia dell’intrattenimento portatile si stava velocemente spostando dalle tradizionali console portatili a un nuovo tipo di piattaforme alternative: giochi semplici e intuivi dal calibro di Fruit Ninja, Angry Birds, Temple Run per Smartphone e Tablet, erano adesso in grado di distogliere l’attenzione, soprattutto fra i giovanissimi, dal classico modo di giocare concepito in casa Sony e Nintendo.
Ricordi non troppo lontani di una tenera infanzia ormai passata, mi riportano in mente tutti quei momenti in cui il non avere tra le mani un DS o una PSP, comportava avere fino alle proprie orecchie affermazioni del tipo: “…ma come fai a non averne una! Così non puoi giocare con noi, vieni qui e guarda cheffigo!” E quella sorta di invidia mista a curiosità ti portavano poi a fare di tutto per poterne avere una anche tu, promettendo ottimi voti a scuola.
Di lì a poco, con l’evoluzione dei telefoni touch di ultima generazione, l’idea di videogiocare avrebbe cambiato aspetto: il casual gamer iniziava ad essere attratto da un nuovo e immenso mondo fatto di app per Android e iOS (i più completi, contro un affannoso store di Windows Phone) in cui era possibile trovare, in maniera immediata, giochi sempre nuovi e intuitivi, con la magia racchiusa in un tocco di dita o in una gesture capace di mandare avanti quella buffa avventura dinamica e di incollare per ore gli occhi allo schermo. Eppure cos’ha tanto di diverso da quello che una PlayStation Vita o un Nintendo 3DS non poteva già offrire?
Da qui è importante partire attraverso un profondo e attento discernimento, per poter attribuire ai vari fronti due tipi di categorie, che analizzeremo tra poco. Il mercato dei videogiochi è stato di certo influenzato da questa diffusione capillare di internet, che in un modo o nell’altro ha colpito un po’ tutti, mettendo in comunicazione realtà forse un po’ distanti, ovvero lo sviluppatore di giochi e l’utente che ne usufruiva: tant’è che il lancio di ogni console (in passato e più che mai nel presente) porta con sé il grosso interrogativo della linea di giochi disponibili per quella determinata piattaforma, con annesso tutto il mercato fatto dalla vendita, dall’acquisto di un videogioco e dalla incognita più grande: l’attesa durante la produzione. Tutto questo, è stato semplicemente ridotto all’essenziale nel mondo degli smartphone e tablet, fatto da un contatto più diretto per l’utente nell’entrare in un mondo magari a lui ancora sconosciuto. Con uno store a disposizione e un download di soli pochi secondi, è diventato possibile riuscire a impiegare quel tempo passato nei viaggi in autobus o segnato dalle attese più o meno brevi, in un clicca e gioca nel vero senso pratico del termine. Il tutto ad un prezzo inferiore (se non gratuito) e con una possibilità di scelta a disposizione senza precedenti. E sarà proprio da questo momento qui, che il mondo dei videogiochi ha conosciuto una importante scissione: se da una parte infatti il numero di coloro che definiremo casual gamer ha iniziato a crescere sempre di più, quello degli hardcore gamer è rimasto ben più saldo alle proprie tradizioni.
Perché allora acquistare una console portatile quando posso giocare tranquillamente con il mio smartphone che ho sempre a portata di mano, con cui posso fare anche molto altro? Qui in occidente il fenomeno ha assunto un aspetto molto marcato, portando, come accennato precedente, a spaccare in due le categorie di giocatori, soprattutto nei neofiti del mondo videoludico. Se infatti il primo contatto, quello più diretto e puro di circa un decennio fa, avveniva proprio attraverso una console portatile che poteva addirittura precedere quello delle console fisse dentro casa, adesso fanno fronte i giovanissimi dell’attuale generazione, meno spronati ad approcciarsi in un modo più articolato, complesso e maturo dei videogiochi, rischiando così di limitare la propria esperienza all’uso quotidiano di giochi-applicazioni. Come ogni realtà però, oltre ad offrire dei contro, che ho cercato di mettere in evidenza confrontandolo con uno stile più classico, tra i pro di questa situazione non possiamo nascondere il fatto che “l’idea di videogioco” in sé, sia entrata nel bene o nel male nelle case di tutti, in quella dei lavoratori, delle mamme e dei meno giovani, che con poca fatica si sono ritrovati catapultati in un mondo in grado di divertire senza impegnare troppo, dovendo solo allineare magari qualche caramella in Candy Crush o comporre una lista di parole in Ruzzle (ve lo ricordate ancora sì?)
Senza contare poi tutti gli acquisti in-app di giochi multiplayer che stanno amalgamando una community varia in titoli come Clash of Clans, Clash Royale o Castle Clash, in grado però di far guadagnare una fortuna. Per poter toccare con mano dei dati più tangibili, basta dare uno sguardo al fatturato globale di fine 2016: con circa 30 miliardi d dollari, il mobile gaming ha superato gli introiti dei giochi per computer e ora si preparano a prendere nel mirino il florido mercato console. Che il mobile sia il gioco del futuro si è dunque fatto presto a capirlo ultimamente, soprattutto nelle sedi dei colossi dell’entertainment digitale da almeno 10 anni: è tempo di fare i conti con un nuovo fenomeno che, vista la propria crescita inarrestabile, è destinato a cambiare per sempre la fruizione dei videogiochi. I primi a muoversi sembrano essere stati proprio in quel di Nintendo, che con diverse partnership ha dato vita all’attesissimo Pokémon GO e all’inedito Super Mario Run.
Che farsene allora delle console portatili? Di certo non sono ancora da buttare: quelli che possiamo definire hardcore gamer continuano a sopravvivere e ad usufruire (chi più chi meno) di queste piattaforme. Per dare un volto a questa categoria, possiamo inserirci tutti quei videogiocatori che, oltre a preferire un Joypad tra le mani, sono alla ricerca di un’avventura videoludica più completa, che ha conosciuto anni di storia ed ha segnato in questo ambito la loro vita. Se però è stato allontanato l’incubo di ritrovarci tutti a giocare con il touch di un tablet, la questione principale dello scarso utilizzo di queste console è ancora legata ai pochi titoli in questione disponibili per l’utenza. La più grande critica mossa verso PlayStation Vita è infatti dovuta alla mancanza di titoli in grado di tenere viva questa console, nonostante gli ottimi prodotti come Uncharted: L’Abisso d’Oro, Gravity Rush e WipeOut 2048. Non è bastato però e Shuehei Yoshida, capo di Sony Worldwide Studios, ha fatto intendere come Sony si sia definitivamente arresa di fronte a questo fenomeno. Dalle parole di Yoshida è emersa anche una delicata verità: nonostante il mobile non offra un’esperienza di controllo profonda come quella di PSP e PS Vita, questo è più potente e molto versatile, vengono aggiornati più spesso e ognuno di noi li porta sempre con sé. I tasti e gli stick fisici sono importanti per controllare un videogame ma quando la concorrenza può contare su un eccellente schermo multi-touch, accelerometri e un processore più veloce di quello che molti laptop montavano fino a pochi anni fa (il tutto in un dispositivo che circa ogni due anni viene sostituito dall’utente con un modello nuovo e più avanzato), avere il sistema di controllo migliore non è più sufficiente per vincere il cuore di molti consumatori.
Una piccola lancia a favore va però spezzata al mercato giapponese, una tradizione profondamente diversa dalla nostra, dove le console portatili non conoscono crisi e continuano a riscuotere molta più fortuna. Secondo le stime più recenti degli ultimi anni, queste sono diventate molto più celebri, tanto che PlayStation Vita ha iniziato a vendere più di PlayStation 4, seguendo il New 3DS LL di casa Nintendo saldamente al primo posto. Le motivazioni sono chiare e le avrete già intuite: i titoli esclusivi del mercato giapponese si sono rivelati la chiave vincente, in grado di offrire al videogiocatore su console portatile una scelta molto più ampia e in continua evoluzione, contro invece un mercato occidentale morto quasi sul nascere.
Se le console portatili avevano dalla loro parte il vantaggio di essere delle vere e proprie macchine da gioco, le caratteristiche odierne di smartphone e tablet sempre più performanti, con schermi in altissima definizione in 4K e con processori di tutto rispetto, hanno praticamente soppiantato l’esigenza di doverne comprare una. Se in più aggiungete il ritorno di capolavori del passato come i vecchi capitoli della saga di GTA (III, Vice City e San Andreas), e uno switch da un’app all’altra, come da Whatsapp o Facebook per ritrovarsi catapultati in videogiochi di spessore, la magia è pressoché fatta. Per i più esigenti, con Real Racing 3 e Need for Speed, Electronic Arts è riuscita a portare il realismo conosciuto su console, su mobile… in cui le differenze arrivano ad essere contate sulle dita di una mano. Per i nostalgici invece, è facile trovare emulatori perfettamente funzionati di PSX o di qualche console Retro come un NES o SNES. Insomma, ad ogni domanda c’è sempre una risposta, è immediata ed è alla portata di tutti.
In che direzione andranno dunque i due mercati? Da una parte troveremo sicuramente ben saldo il mondo su mobile e sarà interessante vedere in che modo si muoveranno le acque, se assisteremo all’entrata in gioco di altri sviluppatori, oltre a Nintendo, oppure se ci sarà un disinteressamento generale dei grandi nomi, destinato a proteggere gli interessi e il futuro delle console. Dall’altra, possiamo aspettarci un tentativo di risposta in grado di cambiare le carte in tavola: Nintendo Switch, la nuova piattaforma di punta di Nintendo, potrebbe avere in questa prospettiva un ruolo decisivo. La grande sfida sarà quella di (ri)motivare i futuri acquirenti, a partire anche dalle nuove generazioni; se questo accadrà, potremmo assistere ad un inversione di rotta, per poter tornare a dire “Ancora non ti sei deciso a comprarla? Guarda quest’esclusiva, guarda cheffiga e tu non ce l’hai!”. La nuova console sembra presentarsi come il connubio perfetto tra mobilità e semplicità, per far giocare davvero tutti ovunque, dimenticandosi per un po’ di avere il proprio telefono di ultima generazione nella tasca a fianco. Con la speranza di non svegliarsi da questo sogno, restiamo al momento con la certezza che, fino a quando esisteranno videogiocatori disposti ad investire nel mondo videoludico per passione, la realtà delle console portatili e fisse non morirà, e continuerà ad esistere fino a che riusciremo a fare scuola a chi si approccia per le prime volte al mondo del gaming.