Un mondo complesso e stratificato, un’ambientazione pensata per essere soffocante nella propria silenziosa immensità, una protagonista dalla testa di corvo che si guarda le spalle da una società costituita da lupi: come vi spiegheremo meglio nella nostra recensione di White Shadows, l’idea di base del gioco è proprio questa. In un misto tra Limbo e Little Nightmares, cerca di raccontarci le terribili storie di un’affascinante realtà distopica, in un viaggio che cominciamo senza indizi, senza suoni particolarmente marcati o dialoghi di alcun genere. In questo percorso di cui non sappiamo assolutamente nulla, ma di cui riusciamo a intuire molto più di quanto vorremmo, impersoniamo la piccola Ravengirl, la citata protagonista.
Questo particolare puzzle-platformer, interamente in bianco e nero, è una piccola perla indie, ed è stato in grado di attirare la nostra attenzione in tutto e per tutto. Scopriamolo insieme nel dettaglio.
Le fantastiche atmosfere di White Shadows
Come vi abbiamo già anticipato nell’introduzione, le vibes trasmesse da White Shadows ci ricordano – e sono chiaramente ispirate a – altri grandi titoli che hanno segnato gli anni appena passati: il primo videogioco a cui sono ispirate sia le ambientazioni, sia lo stile artistico, è indubbiamente l’unico e inimitabile Limbo, anche per la semplice aria intorno alla protagonista, così pesante e rarefatta. La seconda opera su cui il gioco si basa, in maniera chiara e limpida, è l’altrettanto famoso Little Nightmares, che non solo ci è sembrato essere celebrato dal design della protagonista ma anche dal silenzio nel mondo di gioco e da buona parte del gameplay, con particolare riguardo agli enigmi ambientali.
In effetti da entrambi trae moltissimo e, dobbiamo dirlo, lo fa in maniera egregia. Non riesce a superare né l’uno né l’altro, neanche nelle atmosfere, ma funziona e vi permette di creare una giusta dose di empatia con ciò che state osservando sullo schermo: è uno degli elementi più importanti in un prodotto videoludico come questo, che si basa su uno storytelling molto autoriale e che punta proprio sull’aspetto visivo, così come su quello narrativo. Il lavoro svolto dal team di sviluppo, da questo punto di vista, tocca veramente vette alte: tutto in White Shadows è profondamente angosciante e questa non sarà la sola volta che ce lo sentirete dire. Pur senza indizi chiari – almeno non all’inizio – avvertiamo quanto di sbagliato sembra aleggiare intorno a noi, respiriamo l’aria pesante che è costretta a respirare anche la piccola Ravengirl.
Una storia – di cui non riveleremo neanche una briciola – molto interessante e molto attuale: come anticipato dallo stesso gioco, vengono trattate tematiche violente, attraverso uno stile grafico surreale ma impattante; si parla di violenza, di sfruttamento, di razzismo, e di tanto altro in grado di darvi un pesante schiaffo in faccia o un pugno nello stomaco, se trovare l’espressione maggiormente calzante. C’è molta carne al fuoco nel titolo sviluppato da Monokel ed è, in linea di massima, unita egregiamente da un design del mondo profondamente valido e uno storytelling convincente. Peccato per i deludentissimi modelli dei vari personaggi – o meglio animali – presenti sullo schermo, uno dei dettagli che ci a fatto storcere maggiormente il naso.
Il gameplay, semplice e funzionale (ma anche un po’ impreciso)
Il gameplay è realmente basico e funzionale, dovrete utilizzare letteralmente quattro tasti per muovervi, accucciarvi e interagire con gli oggetti necessari nel mondo di gioco: nulla di più, ma va benissimo per la tipologia di esperienza che propone White Shadows. La maggior parte della run è composta da piccoli enigmi ambientali e fasi platform con una curva d’apprendimento abbastanza importante, mentre buona parte della storia è narrata dalla lettura delle pubblicità e degli spot che si trovano sparsi ovunque. Chiaramente da un prodotto come questo non ci si aspetta una complessità di dinamiche bensì una cura importante di quei due o tre elementi che compongono il gameplay: in generale il gioco si comporta bene ma, almeno nella versione Xbox Series S, ha delle lacune che vanno segnalate.
Parliamo di alcuni limiti tecnici che, durante la run, si sono fatti sentire. Si tratta di quegli elementi che seppur piccoli hanno influito sul voto finale di questo prodotto, che – in generale – è una piccola perla indie più che rispettabile, più che alternativa. Tra i problemi che vanno citati c’è indubbiamente un input delay da non sottovalutare: spesso il tempo di reazione del personaggio è fin troppo lungo rispetto a quanto ci aspetteremmo di vedere, per questo saltare o reagire in tempo non è sempre facile. Non abbiamo ben capito se sia anche una scelta stilistica – quasi a rappresentare la pesantezza della nostra giovane protagonista in questa società distopica – ma in certi momenti è talmente marcata da essere evidentemente una lacuna da sistemare.
Tolte queste sbavature e qualche bizza sul frame rate nella versione pre-release, che in parte saranno sistemate con le patch dei primi giorni, dobbiamo dire che abbiamo veramente apprezzato lo storytelling di White Shadows, nella sua particolarità e nel suo essere – perché no – anche piuttosto crudo e violento. Un’esperienza consigliata se state cercando di vivere un videogioco interessante!