Quello che il team Out of the Blue ha creato, all’interno di Call of the Sea, è un’esperienza che sembra un vero e proprio tuffo nel passato. Non solo per il periodo storico in cui la l’avventura qui raccontata è ambientata, ovvero il 1934, ma soprattutto per la struttura ludica in sé concentrata quasi unicamente nel completamento degli enigmi. A differenza della maggior parte dei titoli facenti parte del mercato attuale, i quali tentano di unire più generi per offrire un prodotto complesso e completo di caratteristiche, la primissima creazione del team spagnolo si concentra unicamente su questo elemento ludico e poco altro. Il risultato è un prodotto certamente indicato per un specifico genere di pubblico, ma che riesce a sorprendere sia per la bontà dell’impegno nel level design che in una narrativa da non sottovalutare.
Un amore che supera la malattia
La storia racconta di Norah Everhart, una donna di giovane età che è afflitta da una misteriosa malattia incurabile. A quanto pare, la famiglia della protagonista si trasmette questo male di generazione in generazione, qualcosa che si sviluppa piano piano erogando il malcapitato dall’interno. Poco tempo dopo aver assistito alla scomparsa della madre, a causa di questa specie di maledizione, anche la nostra protagonista viene colpita dallo stesso male, finendo così con l’essere costretta a rimanere a letto e a convivere con delle macchie sul corpo. Temendo per la sopravvivenza di Norah, suo marito Harry Everhart parte quindi per una spedizione alla ricerca di una cura. La nostra eroina riesce però a sentirsi meglio con il tempo ma, sfortunatamente, sono mesi che il suo compagno non invia più qualche lettera dalla sua pericolosa missione. Questo almeno fino a quando non arriva un pugnale dall’isola Thaiti, messaggio che incoraggia Norah a partire in un viaggio per scoprire cosa sia realmente successo al suo Harry, sperando di trovarlo vivo e vegeto in una qualsiasi parte sperduta del globo terrestre.
Essendo Call of the Sea un prodotto prettamente narrativo, preferiamo smettere qui il racconto per non incorrere in eventuali spoiler che possano rovinare la vostra esperienza ludica. Vi basti però sapere che la sceneggiatura si è rivelata una delle parti meglio riuscite di Call of the Sea, andando in direzioni che riescono sempre a sorprendere l’utente senza mai cercare una soluzione scontata o banale. Norah si trova praticamente sola per tutta la durata dell’avventura, tanto che non osserviamo mai i volti dei personaggi, se non durante dei flashback, foto o qualche genere di visioni. Il risultato è un’evidente scrittura intelligente da parte degli autori, la quale va a incentrare molto l’attenzione dell’utente sui pensieri e le domande che Norah si pone nel corso del suo viaggio. L’opera ha perfino il pregio di offrire una sensazione di solitudine e angoscia al videogiocatore, seppur nell’isola non sia presente alcun genere di nemico in grado di recar dolore alla giovane donna.
Un breve ma sorprendente viaggio
Il lato gameplay dell’opera di Out of the Blue si dimostra molto compatto e funzionale, sfruttando poche ma ben congegnate caratteristiche. Il titolo s’identifica come una specie di punta e clicca in prima persona, in cui il giocatore viaggia attraverso alcune aree ristrette nel corso dei sei capitoli che compongono l’intera avventura. Il giocatore ha quindi il compito di esplorare ogni angolo dei livelli alla ricerca di oggetti con cui risolvere i puzzle ambientali, trovare elementi che ampliano la lore del prodotto o semplicemente per osservare il paesaggio. Il compito del giocatore non è quello di dover combattere contro qualche tipo di mostro o militare, tanto che la nostra protagonista è praticamente indifesa senza possibilità di potreggersi in alcun modo. Infatti, la struttura del gioco si basa unicamente sugli elementi che abbiamo appena descritto, e forse è per questo che l’avventura è relativamente breve. La durata per completare il viaggio di Norah varia tra le tre e le cinque ore, tempo che non va ad aumentare poi molto se doveste decidere di puntare al 100%. Essendo un prodotto principalmente narrativo e che praticamente va verso una sola direzione, la rigiocabilità dell’opera è ridotta al minimo.
I puzzle ambientali sono probabilmente la punta di diamante di Call of the Sea, essendo molto variegati e ben costruiti. Le aree di ogni capitolo, a parte quella del prologo, mettano a dura prova l’ingegno del videogiocatore, portandolo a cercare ogni singolo indizio per risolvere il problema di turno. Norah non possiede però alcuna mappa o inventario, seppur tenga annottata ogni singola cosa rilevante all’interno di un piccolo ma comodo diario. Grazie alla bravissima capacità di Norah nell’arte del disegno, il giocatore può accedere in qualsiasi momento agli indizi. Questa caratteristica è avviabile durante ogni singola azione del gioco e, ovviamente, anche mentre la risoluzione di un qualche genere di rompicapo. Purtroppo, non tutti sono effettivamente ben leggibili a una prima occhiata, con situazioni dove il giocatore potrebbe trovare la soluzione dell’enigma di turno per puro caso. La loro difficoltà non è poi così esagerata, ma riescono a offrire un’esperienza rilassante senza mai mettere davvero in crisi. L’enorme presenza dei puzzle risulta, infine, un buon incentivo agli amanti del genere anche grazie alla differenza di ognuno e alla capacità di sfruttare a pieno il mondo di gioco intorno a loro.
Call of the Sea non si contraddistingue esclusivamente nella sua semplicità del gameplay e in una trama dalla buona sceneggiatura, ma anche dal suo vero e proprio lato artistico. Il gioco pubblicato da Raw Fury si dimostra una vera e propria gioia per gli occhi, grazie anche alla diversità degli ambienti presentati e ai suoi colori sgargianti. Uno stile davvero invidiabile quello diretto da Daniel Nombella Lòpez e realizzato dal piccolo team di sviluppo spagnolo. Il motore grafico utilizzato per quest’opera è l’ormai conosciutissimo Unreal Engine 4, che dimostra nuovamente la sua versatilità non solo nello stile stilistico ma anche nel puro e semplice gameplay. Da premiare anche la colonna sonora e gli effetti sonori, che nonostante non siano tutta questa originalità creativa riescono a far entrare il giocatore all’interno della misteriosa atmosfera di Call of the Sea.