Amnesia: Collection – Recensione dell’ansiogeno survival horror uscito su Nintendo Switch

Uscita di recente su Nintendo Switch, la ricca e ben ottimizzata Amnesia: Collection è a tutti gli effetti un must have per gli amanti del genere horror e dello stile old school.

Valeria Girardi
Di Valeria Girardi Recensioni Lettura da 13 minuti
8
Amnesia: Collection

I tre titoli della serie Amnesia, firmati dal team indie svedese di Frictional Games, sono approdati di recente con una ricca Collection anche su Nintendo Switch. Serializzati inizialmente in esclusiva per PC (attraverso la piattaforma di Steam) a partire dal 2010, l’edizione per la console ibrida prevede la raccolta in solo formato digitale di Amnesia: The Dark Descent, Justine, e Amnesia: A Machine for Pigs. Si tratta di due longevi capitoli e di un breve ma generoso DLC, in realtà, che ricalcando le sfumature dei giochi vecchia scuola anni ’90, riescono a regalare agli appassionati (e non) del genere un’incredibile esperienza di gioco, assolutamente da non farsi scappare.

Il caposaldo della serie: The Dark Descent

In The Dark Descent, agli occhi del giocatore si schiude immediatamente un nostalgico ritorno alle esperienze più classiche (e più apprezzate) del genere horror, nel quale non vengono inseriti jumpscare e mezzucci che tentano a tutti i costi l’“effetto spavento”, quanto piuttosto una sana combinazione di accorgimenti e accompagnamenti sonori tetri, con atmosfere gotiche e lugubri, che fanno efficacemente percepire un’insana e malvagia presenza sempre intenta a starci col fiato sul collo.

Si tratta quindi di una ben riuscita sinergia di tensione, d’ansia da pericolo costante, di consapevolezza della nostra reale vulnerabilità psico-fisica di fronte ai nemici (dai quali è sempre meglio scappare, prima che sia troppo tardi), così come anche di un’iniziale senso smarrimento, che rende dunque l’approccio al gioco quanto di più coinvolgente e avvincente possa essere richiesto ad un titolo di questo genere.

Nel primo capitolo della quasi-trilogia, il protagonista del quale impersoniamo i panni è Daniel, un londinese dell’XIX secolo trapiantato nel misterioso Castello di Brennenburg, in balia di una grave perdita di memoria. Sono poche le cose che l’uomo ricorda, ma grazie al proseguire del gioco sarà possibile ricostruire la sua sfortunata storia attraverso una serie di flashback, documenti lasciati a se stesso, e le numerose note che inserirà prontamente nel suo diario in base a quanto scoperto esplorando l’ambiente circostante.

Amnesia: The Dark Descent

Il gameplay si sviluppa in linea di massima da un personaggio perciò inerme, senza armi e senza mezzi di difesa contro i disturbanti nemici, e che potrà contare solo di una fondamentale lampada a olio, necessaria per illuminare le stanze che perlustra e per garantire, oltre alla sua incolumità, anche la sua sanità mentale. L’uomo, infatti, soffre di una grave instabilità psichica, e tenerlo a lungo in ambienti bui e privi di luce lo condurrà brevemente ai sintomi composti da movimenti rallentati, vista offuscata e fervide allucinazioni.

Di assoluta importanza, però, è anche la ricca interazione con gli oggetti tutti intorno a lui e quelli di volta in volta collezionati nell’inventario. Per poter proseguire con l’avventura è infatti necessario svolgere e superare una serie di puzzle ambientali, che permetteranno a Daniel di entrare in luoghi altrimenti irraggiungibili e di proseguire verso la conclusione della sua mnemonica odissea.

The Dark Descent

La follia sadica al femminile: Justine

In Justine, spin-off di The Dark Descent, ripresenta fedelmente la stessa modalità di gioco del suo predecessore, con un alcune piccole differenze che rendono la sfida comunque allettante. Il titolo prende il nome dallo pseudonimo di una misteriosa donna, intenta a dar vita alla sua sadica follia (ricalcando, in un certo qual senso, la figura di Elisabetta Bathory e dell’enigmista Saw) dietro a un percorso sviluppato tra stanze di torture, creature mostruose e presunti studi di psicologia.

In questo caso vestiamo i panni di una giovane vittima rapita appositamente per dar vita al perverso esperimento, intrappolata in un’angusta cella e assistita non più da una lampada, ma dalla voce della carnefice che si paleserà regolarmente attraverso una serie di grammofoni sparsi per tutto l’ambiente. Dovremo perciò affrontare insieme a lei tre prove, che metteranno alla prova noi stessi e la nostra capacità di aiutare il prossimo.

Il titolo, essendo questo un DLC aggiuntivo, è completabile in circa un’ora, secondo il ritmo che ogni giocatore sceglie di adottare. Ogni azione (e scelta morale) che verrà effettuata durante l’avventura avrà ripercussioni sia sull’esperienza di gioco che sul finale che porrà termine alla storia. Inoltre, a differenza del primo capitolo, e al pari di una vera e propria corsa verso la salvezza umana, in Justine non è possibile salvare durante lo svolgimento del gioco: ogni eventuale morte, di conseguenza, obbligherà il giocatore a ricominciare daccapo.

Il fratellastro della serie: A Machine for Pigs

Il terzo e ultimo contenuto di Amnesia Collection è un titolo sviluppato da The Chinese Room ma prodotto da Frictional Games. Amnesia: A Machine for Pigs, similmente a quanto offerto da Justine, riprende abbastanza fedelmente le meccaniche del primo fortunato capitolo, introducendo però al contempo alcune piccole differenze. Si nota infatti la mancanza di un inventario, la presenza di una lampada ad uso perpetuo e l’eliminazione della funzionalità legata alla sanità mentale; niente più allucinazioni, mal di testa, movimenti rallentati e vista offuscata, dunque, così come niente più paura di rimanere al buio in preda ai propri incubi o di rimanere paralizzati alla vista dei temibili mostri.

A livello narratologico, la trama si intreccia e sviluppa nel 1899, ovvero ben sessant’anni dopo i fatti raccontati da The Dark Descent. Similmente a quanto capitato a Daniel, stavolta tocca all’imprenditore londinese Oswald risvegliarsi in preda a una grave amnesia nella sua ricca casa, tanto che dovrà fare i conti con la sua memoria per riportare alla luce la verità su di un misterioso macchinario custodito nella sua fabbrica, cercando di scoprire nel frattempo che fine abbiano fatto i suoi due figli.

Il titolo offre una possibilità di esplorazione più ricca e variegata (sebbene siano meno gli oggetti con i quali è possibile interagire), facendoci perdere per le vie di una Londra industriale, immersa nella nebbia, o facendoci sfruttare ogni ambiente per poterci difendere o nascondere dai nemici che ci daranno la caccia. Anche in questo caso, in effetti, l’esperienza di gioco si fonda sulla nostra capacità osservare quanto ci circonda, di usare ciò che c’è nei paraggi a nostro vantaggio, e di risolvere gli enigmi disseminati riuscendo ad usare i vari mezzi che troveremo regolarmente lungo il nostro percorso, per aprirci di volta in volta la via e proseguire oltre.

L’atmosfera che si respira nel terzo capitolo è sostanzialmente diversa rispetto al fautore della serie, sicuramente più concentrato a infondere ansia e tensione nella psiche del giocatore: infatti, il titolo sviluppato da The Chinese Room fonda le sue radici in una scenografia meno gotica e “stokeriana”, quanto più vittoriana, orrifica, cinematografica e grottesca, data anche dall’inquietante presenza di mostri e oggetti che richiamano un disturbante aspetto animale – i maiali, non a caso.

Comparto grafico e repertorio sonoro

Soffermandoci sull’aspetto grafico, diventa importante sottolineare che tutti e tre i giochi contenuti nella Collection di Amnesia riprendono abbastanza palesemente un look old school, come se gli sviluppatori avessero guardato addietro nei lontani anni ’90 o primi 2000. E questo non solo per quanto riguarda la UI, quanto soprattutto per come è stato scelto di realizzare il design generale dell’intero franchise. I titoli possono presentarsi po’ scarni, dunque, privi di dettagli e anche un pochino “grezzi” – fatto, questo, sul quale si riesce comunque a sorvolare.

Poiché in effetti, di là del feticismo grafico, sul quale gli horror più ambiziosi tentano di focalizzarsi con i loro momenti gore e slash, le musiche e gli effetti sonori sono in realtà l’elemento più importante per dei videogiochi del genere. Si può passare l’intera sessione di gioco senza vedere un mostro o una macchia di sangue, ed essere comunque in balia dell’ansia e della tensione se il comparto sonoro sa fare egregiamente il suo sporco lavoro.

Questo è senz’altro il caso di The Dark Descent, ispirato anche in questo senso dai vecchi classici della serie in cui, tra un poligono e l’altro (vedasi Silent Hill) la tensione nell’aria si taglia facilmente con il coltello. L’inquietante rimbombo dei passi che ci accompagna ovunque decidiamo di andare, il rumore delle porte che si chiudono, i sinistri suoni ambientali e le musiche di sottofondo, ci immergono in un’atmosfera in cui, sebbene all’inizio succeda poco e niente, ogni angolo del castello sembra celare un’incombente minaccia pronta ad assalirci, ad approfittare vilmente della nostra vulnerabilità.

Anche Justine e Amnesia: A Machine for Pigs sono in grado di offrire un buon repertorio musicale, ma in particolare quest’ultimo si comporta meglio soprattutto da un punto di vista estetico. Inoltre, è in grado di offrire momenti di frenesia più intensa, ricalcando non a caso anche nel sonoro quei ritmi tipici delle macchine industriali, con enfatiche orchestrazioni, versi strazianti ed effetti realizzati ad hoc per aumentare sensibilmente la soglia d’allerta del giocatore.

I porting e l’esperienza di gioco su Nintendo Switch

Tutti e tre i porting contenuti in Amnesia: Collection sono stati egregiamente ottimizzati per la console di casa Kyoto. Fluidi e leggeri, tralasciando il comparto grafico non propriamente perfetto, i titoli si lasciano giocare tranquillamente e piacevolmente sia in modalità portatile che in modalità fissa. È capitato, ma solo raramente, di assistere a qualche leggerissimo calo di frame in alcune situazioni – fatto assolutamente non invalidante e probabilmente più specifico per la console quando staccata dalla dock.

Per ciò che concerne il lato autonomia, da segnalare positivamente il fatto che sia possibile affrontare le missioni con tre ore pulite di carica, senza che si subisca qualche eventuale surriscaldamento della macchina e senza mai la conseguente necessità del sistema di raffreddamento di entrare in funzione. Anche l’HD Rumble è stato implementato sapientemente in tutti e tre i titoli, ma il supporto ai sensori di movimento e al giroscopio non è stato incluso  – questione un po’ triviale, a mio avviso, poiché sarebbe stato di gran supporto all’esperienza di gioco, dato il calco del titolo impostato sull’uso di un mouse.

Complessivamente i due capitoli e il DLC offrono un’ottima esperienza di gioco su Nintendo Switch, sia in modalità portatile che in modalità fissa. Al giocatore allora la scelta di approcciarsi in maniera più immersiva gustandosi il titolo sul letto o sul divano, con cuffie (consigliatissime!) e luci spente, o se accomodarsi sulla propria postazione gaming affidandosi ad una qualità video che appare leggermente migliore in modalità fissa.

Amnesia: Collection
8
Voto 8
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Amante della musica, della scrittura e della lettura, ha una gatta nera che le fa compagnia. Tra i suoi hobby, videogames e fumetti, con i quali evade dal mondo sintetico e monotono della quotidianità.