Fin dalla sua primissima presentazione, Trover Saves the Universe si è rivelato capace di mettere in mostra un carisma più unico che raro. Dopotutto, parliamo pur sempre della nuova creatura nata dalla mente malata di Justin Roiland (famoso per il suo lavoro con la serie animata Rick & Morty), un prodotto che riesce a mettere in mostra con grande forza tutta la pazzia e irriverenza del suo autore. Trover Saves the Universe punta a essere un’esperienza fuori dal comune, totalmente illogica nella sua narrativa fuori dagli schemi e dallo sboccato umorismo a ogni battuta, proprio come da prassi per lo strepitoso cartone prodotto per Adult Swim, il tutto affiancato alla possibilità di godere dell’intera esperienza in accoppiata con un caschetto per la realtà virtuale. Ovviamente non potevamo lasciarci scappare una tale opportunità, e una volta indossato il nostro fidato Playstation VR, ci siamo lanciati in questa nuova e folle avventura… ovviamente optando per la versione “non censurata”.
Poltroniano all’attacco
Impersonando i panni di un cosiddetto poltroniano, membro di uno strano popolo che per legge non può schiodare le chiappe dal proprio divano, ci stiamo godendo una bella giornata soleggiata in compagnia dei nostri due amati cagnolini, la nostra unica ragione di vita. Durante una passeggiata al parco, però, un’oscura creatura chiamata Glurkon emerge dal terreno catturando i due cuccioli e infilandoseli negli occhi per utilizzarli come nuova fonte di potere. Come se ciò non bastasse, i due quadrupedi si rivelano capaci di sprigionare un devastante potere che Glurkon vuole sfruttare per dominare il mondo. Fortunatamente, una strana creatura chiamata Trover giunge in nostro soccorso, che accetta di essere utilizzato come una marionetta per raggiungere il suo obiettivo. Da qui avrà così inizio un viaggio unico nel suo genere, fatto di personaggi malati e vicende a dir poco sconclusionate, il tutto affiancato a una volgarità e a un black humor talmente marcati che in più occasioni sarà difficile trattenere le risate. Il risultato finale che viene così a presentarsi è un’esperienza irriverente a carismatica capace d’intrattenere il videogiocatore di turno nel corso di tutte le circa sei ore necessarie per completare l’avventura. Da un punto di vista più spiccatamente ludico, l’opera s’identifica come un platform adventure che gioca molto sulla prospettiva, costringendoci a dover osservare ogni stage da varie angolazioni. Se Trover si rivelerà infatti pienamente controllabile, dall’altro lato il poltroniano di cui vestiremo i panni potrà solo guardarsi attorno e spostarsi in specifici teletrasporti precedentemente raggiunti da Trover. In tal senso, è indubbio che godersi il titolo in VR riesca a portare alla luce alcuni importanti benefici, con il giocatore che si troverà nell’effettiva condizione di poter guardarsi attorno e sbirciare qualche angolo del livello per trovare i “baby power”, strane creature rappresentanti i collezionabili.
L’utilizzo del caschetto per la realtà virtuale contribuisce a offrire un senso d’immersione tanto palpabile quanto apprezzabile, il tutto affiancato a un pericolo derivante dalla motion sickness quasi nullo. Indipendentemente che scegliate di giocare in VR o tramite la via più tradizionale, vi ritroverete comunque a dover procedere di livello in livello affrontando vari puzzle ambientali – in realtà mai troppo complicati – affiancati da numerose fasi in cui menar le mani. Trover, infatti, potrà anche sguainare la sua improbabile spada laser per darle di santa ragione ai vari nemici che ci ostacoleranno la strada, il tutto attraverso un combat-system piuttosto semplicistico in cui ci si limita ad attaccare e a schivare, un infinito button mashing che lascia ben poco all’immaginazione. Ciò detto, procedendo nell’avventura otterremo una lunga serie d’upgrade utili per potenziare il nostro scurrile compagno di viaggio rendendolo così ben più atletico e performante, tra doppi salti, planate e capriole. Effettivamente, non ci vuole poi molto per rendersi conto di come il comparto ludico dell’opera appaia quasi come secondario, con la sceneggiatura a rappresentare il vero cavallo da battaglia della produzione targata Squanch Games, un lavoro dove non tutto è però andato come previsto. Purtroppo, infatti, le battute finale del gioco appaiono molto meno ispirate di quanto ci si sarebbe potuto aspettare, sia in termini di lavoro posto nella scrittura dei dialoghi che nei confronti degli stage proposti, poco ispirati e alquanto banali, il tutto affiancato da una boss-fight conclusiva per cui si sarebbe potuto fare decisamente di più. Per quanto riguarda il comparto tecnico, il titolo si attesta su buoni livelli pur senza mai sorprendere, con uno stile visivo che spinge verso un mood cartoonesco, tra colori brillanti e ambientazioni ricche di dettagli. D’ottimo livello si è rivelato anche il comparto audio, vuoi per una piacevolissima colonna sonora, vuoi per un doppiaggio inglese di gran livello che riesce a dare una forte vitalità a tutti i personaggi. Detto questo, l’opera si caratterizza fortunatamente per la presenza dei sottotitoli in italiano ma comunque state attenti, la mancanza di un doppiaggio nella nostra lingua e la presenza di numerosissimi dialoghi vi porterà a dover leggere per parecchio tempo.