Bleach Rebirth of Souls, Recensione: Combattimenti intensi e stile

Bleach Rebirth of Souls ha un roster ricco, combattimenti fluidi e spettacolari, ma una storyline poco riuscita frena l’ascesa del miglior gioco ispirato a Tite Kubo: ecco la recensione!

Alessio Cialli
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Alessio Cialli
Senior Editor
Eclettico personaggio, ha iniziato la sua carriera videoludica con un Commodore 64. Si consacra nei titoli Platform, Stealth e GDR. Titolo preferito: Alex Kidd in Miracle...
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7.8 Buono
Bleach: Rebirth of Souls

Dopo anni di attesa e di adattamenti poco convincenti, Bleach torna a reclamare il suo posto nel panorama dei picchiaduro con Bleach Rebirth of Souls, nuovo titolo che punta a coniugare fedeltà al manga di Tite Kubo con un sistema di combattimento 3D stratificato. Annunciato in maniera relativamente sottotono, al punto che molti fan hanno manifestato dubbi su story mode e struttura online, il gioco è finalmente nelle nostre mani, pronto a farci impersonare gli iconici personaggi di Ichigo, Byakuya, Aizen, Kenpachi e tanti altri. Sarà riuscito a spezzare la “maledizione” dei tie-in di Bleach, diventando il degno corrispettivo di Ninja Storm per la serie di Naruto o di FighterZ per Dragon Ball? Nei paragrafi della recensione, a seguire, scopriremo se Rebirth of Souls mantiene ciò che promette: un roster imponente di oltre 30 personaggi (al lancio), una story mode che copre almeno fino all’Arco degli Arrancar, meccaniche di combattimento che ricordano un incrocio tra Smash Bros. e Sekiro, e un comparto visivo che oscilla tra la fedeltà dei modelli e animazioni “sottotono” nelle cutscene.

Esploriamo il contesto: Bleach e i videogiochi

Bleach è uno degli “storici big three” degli shonen, assieme a Naruto e One Piece. Nonostante la popolarità, le trasposizioni videoludiche – tolta forse la serie Heat the Soul su PSP – non hanno mai raggiunto le vette di qualità dei titoli dedicati alle altre due serie sopracitate. Con Rebirth of Souls, Bandai Namco e lo sviluppatore Tamsoft mirano a invertire la rotta, confezionando un picchiaduro capace di far emergere l’incredibile varietà di stili di combattimento che Kubo ha introdotto nel manga/anime.

La curiosità e l’hype erano altissimi: i primi trailer mostravano una grafica notevole, un sistema di “tagli scenici” durante le ultimate e un roster che arrivava almeno fino allo scontro con Aizen. Tuttavia, la community nutriva qualche perplessità sulla profondità del combat system e sulla capacità di coprire l’enorme mole narrativa dell’opera. Ora che possiamo giocarlo, emergono chiaramente i suoi tratti distintivi: un gameplay sorprendentemente articolato e convincente, una resa estetica ottima in combattimento, ma un story mode e un online che mostrano limiti e superficialità.

Storia e narrazione: un’occasione mancata

In Bleach Rebirth of Souls, la campagna single player si suddivide in due modalità principali: la Main Story, che ripercorre la storia dalla saga del Sostituto Shinigami fino allo scontro finale contro Aizen, e la Secret Story, che presenta scenari alternativi e “what if” fan-service. Sulla carta, un’impostazione interessante e ricca di contenuti, nei fatti, però, la realizzazione appare scialba.

Le cutscene si basano principalmente su sequenze di dialogo statiche, con modelli poligonali poco animati e una regia pigra. Scene chiave dell’anime come la cerimonia del passaggio dei poteri da Rukia a Ichigo o i momenti più emozionanti, vengono “risolte” con fermo immagine, scorrimento di testo e un taglio al nero per simulare il combattimento. A peggiorare le cose, la narrazione salta intere porzioni, rendendo difficile seguire i momenti cruciali se non si conosce già la storia. Sembra mancare la cura per restituire la tensione e lo stile registico tipico dell’anime. Un grande peccato, se consideriamo la qualità del doppiaggio (sì, con voci originali, sia in giapponese sia in inglese) e la resa dei modelli in combattimento. L’assenza di animazioni degne di nota durante i momenti topici riduce questa story mode a un collage narrativo doveroso, ma non certo memorabile.

La Secret Story si sblocca una volta completata la main. È leggermente più godibile, in quanto introduce missioni secondarie e situazioni fanservice (es. scambi tra personaggi che non interagiscono spesso). Un gradevole extra per i fan, ma non basta a salvare una campagna che appare “assemblata a metà”. In definitiva, se speravate in un racconto epico paragonabile alle cinematiche di Naruto Ultimate Ninja Storm, rimarrete delusi. Il suggerimento? Godetevi la campagna per sbloccare alcuni contenuti, e passate velocemente al fulcro del gioco: i combattimenti.

Un picchiaduro 3D pieno di spessore

Dove Bleach Rebirth of Souls brilla è proprio il sistema di combattimento. Fin dalle prime ore si avverte la cura nello sviluppo di meccaniche che vanno oltre il mero button mashing. Il roster di oltre 30 personaggi (33 al lancio, più DLC in arrivo) copre ampiamente le saghe iniziali e l’Arco Arrancar. Ogni personaggio dagli Shinigami ai Quincy, fino agli Espada, sfoggia un set di mosse fedele all’opera, con skill e passivi distinti. Ichigo può passare dalla forma base fino alla Bankai con la potenza devastante del Getsuga Tenshou. Uryu si specializza nel combattimento a distanza con l’arco, e i vari capitani presentano abilità uniche collegate alle proprie Zanpakuto. Perfino i loro costumi e animazioni finali si rifanno minuziosamente alle tecniche viste in anime e manga.

Non c’è copia-incolla di moveset: ad esempio, Soi Fon è improntata a velocità e colpi rapidi in mischia, mentre un Kenpachi punta su devastanti colpi da short range, potendo però subire contrattacchi se manca il bersaglio. Stessa cosa per i nemici, dove Aizen e Ulquiorra sono boss su un altro livello, con trasformazioni (Resurrección) che cambiano radicalmente l’approccio e la portata delle mosse. Tale varietà garantisce che nessun match sia uguale a un altro.

Oltre alla varietà del roster, c’è un conteggio salute in stile Super Smash Bros. per sconfiggere l’avversario devi mandare a zero la sua barra Reishi abbastanza volte da esaurire i suoi Konpaku. In parallelo troviamo una meccanica di contrasti attack-breaker-guard: un attacco manda in frantumi un breaker, un breaker sfonda la guardia, e la guardia ferma un attacco standard. Così si genera un gameplay “stile morra cinese” che costringe a leggere l’avversario, punendo la difesa eccessiva con breaker o imponendo un calcolo accurato del timing.

Completa il tutto un set di super mosse, con cinematics spettacolari e differenziate (molte si attivano quando l’avversario scende sotto il 30% di HP, denominato red zone). L’introduzione di Awakenings, tipicamente il Bankai di un capitano o la Resurrezione di un Arrancar, funge da potenziamento temporaneo che cambia la dinamica dello scontro, non solo con l’aumento di parametri ma anche di mosse disponibili.

Online e endgame: mancanze cruciali

Il multiplayer è un aspetto cruciale per la longevità di ogni picchiaduro. Al momento, Bleach Rebirth of Souls offre partite private e partite libere, ma non un sistema di ranked mode. Un’assenza che pesa tantissimo per chi cerca la competizione. A peggiorare il quadro troviamo purtroppo la mancanza di un rollback netcode, e in un picchiaduro 3D veloce ciò è un difetto notevole, anche se l’online è tutto sommato stabile (ma non ottimo). Altra cosa che a molti potrà non far piacere è la mancanza del crossplay (salvo PS4-PS5 in comune).

La speranza è che Bandai Namco introduca in futuro patch o aggiornamenti che portino almeno la ranked, dato che l’assenza di un matchmaking competitivo può effettivamente diminuire la voglia di impegnarsi e migliorarsi, e c’è il rischio che la community si disperda presto. Per i giocatori solitari, oltre alla (deludente) Story Mode e al “Secret” fanservice, ci sono missioni e sfide che possono intrattenere, come una sorta di “gauntlet” roguelite ispirata, ma potrebbe non bastare a durare nel tempo.

Bleach: Rebirth of Souls
Buono 7.8
Voto 7.8
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Senior Editor
Eclettico personaggio, ha iniziato la sua carriera videoludica con un Commodore 64. Si consacra nei titoli Platform, Stealth e GDR. Titolo preferito: Alex Kidd in Miracle World "Sega Master System", gioco più vecchio di lui!