Mordred: intervista al designer del gioco Andrea Chiarvesio

Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con Andrea Chiarvesio, uno dei game designer di Mordred, il nuovo gioco da tavolo edito da CMON

Simone Lelli
Di Simone Lelli - Editor in Chief Analisi Lettura da 8 minuti

CMON è pronta a farci scoprire un nuovo gioco da tavolo, uno strategico che ci porterà nelle terre della Britannia: Mordred. Abbiamo scambiato per l’occasione quattro chiacchiere con Andrea Chiarvesio, uno dei game designer, che ha risposto alle nostre domande sul nuovo gioco.

Intervista a Andrea Chiarvesio, designer di Mordred

Da dove nasce la scelta di proporre un gioco “Re Arturiano” mettendo come protagonista Mordred?

Dalla fantasia e dall’immaginazione di uno straordinario artista quale è Adrian Smith. Tutto il mondo di Mordred è una sua personalissima rivisitazione del ciclo arturiano, molto matura e spogliata delle sovrastrutture di stampo religioso, se vogliamo è per certi versi un ritorno alle origini primigenie di questo ciclo di racconti.

Nei racconti Mordred è spesso visto in modo diverso: voi come lo vedete all’interno del vostro gioco?

Nell’immaginario di Adrian, Mordred è il motore, la causa degli eventi che hanno portato alla situazione attuale, con la scomparsa di suo padre Arthur e la fusione tra il mondo magico e la Britannia. Quindi da un lato è il Mordred ambizioso che vuole dimostrarsi migliore di entrambi i genitori che abbiamo imparato a conoscere nei racconti classici, ma qui si arricchisce – forse – dell’aspetto derivante dalla consapevolezza di aver combinato un grosso guaio… a parole non prova rimorso, ma forse internamente sì.

Una partita di Mordred dura in media 90 minuti: la durata della sessione è stata per voi una scelta dettata dalla profondità del titolo, o avete inserito tutto quello che pensavate per poi eliminare degli elementi e snellire il gioco?

Come game designer, penso che un gioco debba durare la giusta quantità di tempo necessaria per far vivere ai giocatori l’esperienza voluta. Un gioco epico non può durare troppo poco, altrimenti non si ha il tempo di sviluppare correttamente l’arco narrativo. Allo stesso tempo, una durata eccessiva rischia di appesantire l’esperienza. Credo che siamo riusciti ad arrivare a un tempo di gioco adeguato, naturalmente la prima partita potrebbe richiedere più tempo, data la necessità di impratichirsi con le regole.

Le tre fazioni, quella di Mordred, di Merlino e della strega Morgana fanno da subito intendere che il gioco è permeato dalla magia: quanto conta sul piano di battaglia questa risorsa? E come avete bilanciato i tre archetipi?

In qualche modo, Mordred, Merlino e Morgana agiscono come entità “super partes” rispetto ai giocatori. Ciascuno di loro accorda un beneficio specifico se si ottiene una certa quantità di loro favori, ma la gestione della magia in quanto tale è affidata alle fazioni dei singoli giocatori, che rappresentano razze diverse in lotta tra loro per il predominio su Britannia e le Chaos Land. Abbiamo cercato di caratterizzare fortemente ciascuna fazione sia attraverso le sue carte battaglia individuali e personalizzate, sia soprattutto con i tre incantesimi unici che ogni fazione ha a disposizione.

Qual è a vostro parere la caratteristica più importante del gioco?

Probabilmente sono due: la prima è la gestione del tempo. Tutto quello che fanno i giocatori in Mordred ha un costo in tempo, e occupare lo spazio giusto al momento giusto nella plancia circolare che tiene conto del tempo utilizzato è assolutamente fondamentale. L’altro aspetto davvero rilevante sono le conseguenze delle proprie scelte. Un po’ come in una partita a scacchi con molti giocatori, una mossa apparentemente da poco come il lancio di un incantesimo minore o lo spostamento di un paio di truppe ad inizio partita può in realtà provocare un “effetto farfalla” determinante sull’esito della partita nelle fasi più avanzate. Idem per la risoluzione degli eventi, lo spostamento delle creature fantastiche, eccetera.

Nel gioco non sembrano essere presenti né Uther Pendragon né Re Artù al momento, eppure il protagonista Mordred è parimenti nipote e figlio dei due rispettivi eroi leggendari: come avete trattato tale iniziativa?

Uther è in realtà il protagonista assoluto dell’espansione principale del gioco, chiamata “Old Enemies”. È a tutti gli effetti un fantasma, che torna sulla terra per provare a mitigare i danni fatti dal nipote, e rappresenta una variante allo schema del gioco base davvero interessante. La non esistenza di Arthur (conseguenza della sua scomparsa a causa dell’incantesimo lanciato da Mordred) in questo mondo è proprio la base narrativa dell’universo pensato da Adrian, quindi, è il presupposto di questo intero “Mordredverso”. Se tornasse Arthur, il mondo tornerebbe quello che conosciamo dai classici racconti, quindi… nel gioco non è previsto!

Una volta che il giocatore ha iniziato a prendere la mano con i meccanismi di gioco, come introduce i nuovi elementi nel corso della partita (Come creature, eroi e cavalieri)

Cavalieri – che in questo mondo somigliano più a mercenari pronti a vendersi al miglior offerente – e creature mostruose sono in realtà presenti nel gioco base fin da subito e se i primi rappresentano semplicemente un’opzione a cui ciascun giocatore può scegliere di dedicare tempo e risorse, i secondi rappresentano una fonte di disturbo e di caos con cui tutti i giocatori devono fare i conti. Gli eroi vengono introdotti da una seconda espansione, Warbands, e anch’essi possono essere assoldati dai giocatori. Rappresentano un upgrade rispetto alle unità di base delle fazioni, in modo meno impattante rispetto ad un singolo cavaliere, ma sono anche decisamente più facili da arruolare al proprio servizio.

Perché, in definitiva, secondo voi un gruppo di giocatori dovrebbe scegliere Mordred per le proprie serate?

Al di là dell’aspetto scenico di straordinario impatto, delle miniature dettagliatissime e di pregevole fattura, dell’arte di Adrian Smith, pensiamo di aver offerto ai giocatori una versione unica all’interno del panorama dei giochi “dudes on a map”, di controllo territori e combattimento, dove ogni singola mossa conta tantissimo nell’economia della partita, in cui la capacità di prevedere i piani degli altri giocatori (o di sorprenderli) non deriva da un lancio di dado fortunato o dalla pescata di una singola carta, ma in toto dalla propria abilità di comandante in capo. È opinione diffusa – che noi peraltro condividiamo – che i migliori giochi siano quelli facili da imparare, ma estremamente difficili da padroneggiare, e Mordred appartiene secondo noi esattamente a questa categoria.

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Amante dei videogiochi, non si fa però sfuggire cinema e serie tv, fumetti e tutto ciò che riguarda la cultura pop e nerd. Collezionista con seri problemi di spazio, videogioca da quando ha memoria, anche se ha capito di amarli su quell'isola di Shadow Moses.