Sapete quel momento in cui pensate: “Ma questo scontro era evitabile?“, “Ma perché non gli ha detto così?” e quant’altro all’interno di un videogioco? No? Strano, di solito è una cosa su cui i videogiocatori si imputano varie volte, poiché le decisioni che prenderemmo nella vita reale ci permetterebbero di immedesimarci meglio all’interno dell’esperienza; sappiamo che molti giochi ci hanno provato e ci sono riusciti, come i multi-apprezzati drama interattivi, i quali danno modo al giocatore di scrivere una vera e propria storia in base alle decisioni prese. Cosa c’entra questo con Torment: Tides of Numenera? Decisamente tutto, poiché basterebbe dire che testo e dialoghi occupano un 80% di tutta l’esperienza, se non di più. Dunque vi consiglio di armarvi di vocabolario e tantissima pazienza: mettete da parte tutte le letture di scuola, Torment: Tides of Numenera ci impegnerà in un lungo fiume di dialoghi con una fine del tutto imprevedibile.
Le parole tagliano più di una lama
Cercando sul web, mi sono reso conto che se c’è un’opinione collettiva riguardo a Torment: Tides of Numenera è che quasi la totalità dei giocatori non ha mai avuto a che fare con il sistema di combattimento del gioco, poiché è possibile risolvere tutte, ma proprio tutte, le situazioni semplicemente a parole, senza mai dover ricorrere ad uno scontro frontale con l’avversario. Ebbene, quando si dice che le parole in questo titolo sono il fulcro dell’avventura, non si fa tanto per dire: i dialoghi possono sopperire totalmente ad alcune meccaniche presenti nel gioco, come per l’appunto i combattimenti. Parlando personalmente, ho apprezzato molto questa scelta, il che mi ha ricordato un po’ Undertale, il titolo indie che fece scalpore nel 2015 per la sua possibilità di concludere la storia sia in modo pacifico che bellicoso; ovviamente in Torment questa meccanica è molto più intricata e complessa, poiché si tratterà di sostenere delle vere e proprie disputatio con il proprio “avversario”, convincendolo, ricattandolo o intimorendolo; nel caso inoltre noi fossimo in possesso di alcune informazioni acquisite tramite esplorazione o altri personaggi, avremo più argomenti a sostegno del nostro discorso.
Già con questi pochi esempi ci rendiamo conto della moltitudine di opzioni che il gioco ci offre, lasciando una grandissima libertà al giocatore di decidere come muoversi e come approcciarsi alle situazioni e, più in generale, al mondo di gioco stesso. Qui però incappiamo già in un problema che, almeno a mio parere, è la prova che il troppo storpia: nella nostra libertà di esplorare, abbiamo modo di interagire con vari elementi della mappa tra cui, soprattutto, i personaggi non giocabili; sappiamo bene che esistono tipi e tipi di giocatori, ma il fatto che ci vogliano delle ore per esplorare una zona nella sua completezza a mio parere è esagerato, anche per il giocatore più minuzioso e maniacale. Su questo si può discutere molto, ma ci ricolleghiamo quindi ad un altro problema del gioco: la localizzazione e la lingua. Perché mi ritrovo a dire ciò? La possibilità di ampliare il proprio vocabolario linguistico è sicuramente una gran cosa che il mondo videoludico ci offre, ma in un gioco che si basa interamente sul testo, le descrizioni ed i dialoghi la mancata localizzazione in una determinata lingua può essere un serio problema, che non permette di godere appieno l’esperienza. L’inglese utilizzato nel gioco è infatti molto aulico, ricercato e arcaico, utilizzando vari termini che non sono più in uso e non scherzo nel dire che ho dovuto giocare abbracciato al dizionario bilingue, e non di certo per una curiosità personale. Sicuramente giocare Torment: Tides of Numenera nella propria lingua sarebbe un’esperienza del tutto nuova, anche perché la dimistichezza con le parole è assolutamente necessaria per comprendere il gioco, ancor prima di goderlo.
I ricordi che riemergono
Abbiamo già parlato dell’importanza del testo, sia come mezzo narrativo che come via per proseguire all’interno dell’esperienza, ma ovviamente il gioco è composto anche di altri elementi. Anzitutto, parliamo dell’aspetto grafico del gioco: un look abbastanza spartano, con delle texture non molto definite ma comunque gradevoli alla vista. La camera di gioco è isometrica e ho trovato questa scelta “particolare”: il gioco è sicuramente pensato per un pubblico classe ’90, e la decisione di adottare questo tipo di inquadratura sembra studiata proprio in funzione dei videogiochi strategici che hanno caratterizzato la “crescita” di questa classe, e che quindi funge da calamita anche per tutti i nostalgici della community. Questo concetto poi può essere esteso all’intero comparto artistico e grafico dell’opera, il quale richiama molto i giochi di ruolo di fine anni ’90 ed inizio 2000, come Diablo o Sacred, con tonalità di colori e modelli che ci lanciano continui flashback risalenti a qualche tempo fa; anche la struttura delle mappe è un richiamo agli stili passati, per conciliare al meglio la complessività dell’opera.
Se però lo stile grafico è rimasto in uno stile retrò, non possiamo dire la stessa cosa del comparto sonoro ed audio: esso infatti è ciò che maggiormente mi ha colpito dal punto di vista della realizzazione, e consiglio a chiunque di giocare con un paio di cuffie o con un impianto sorround. Il perché di questo consiglio? Gli effetti sonori del gioco sono realizzati magistralmente e danno un senso di realtà ed immersione veramente notevoli. Siete liberi di non crederci, ma stavo giocando con il mio impianto sorround attivato e, mentre il gioco riproduceva un fruscio di vento, io mi sono alzato per andar a chiudere la finestra, credendo che il suono provenisse da lì; l’unico problema è stato che la finestra era chiusa, e non tirava un filo di vento, il che semplifica la questione: non ho mai sofferto di allucinazioni, quindi tale effetto è stato la conferma alle mie idee sul magistrale lavoro compiuto dal punto di vista del sonoro. Oltre agli effetti dobbiamo dire anche che la colonna sonora e gli accompagnamenti musicali sono gradibili e ben azzeccati: niente di eccezionale, ma comunque conciliano bene con la nostra avventura e le varie situazioni.
La grande decisione
Cercando di trarre delle conclusioni da quanto detto, possiamo sicuramente affermare che Torment: Tides of Numenera è un gioco per coloro che possono essere in grado di apprezzarlo veramente. Lo so, detta così la frase non ha senso, ma è proprio questa la natura del gioco: piace o non piace assolutamente, la via di mezzo purtroppo non è prevista. Sicuramente gli amanti dei giochi di ruolo, delle avventure e dell’esplorazione di un particolare mondo di gioco vi ci si potrebbero ritrovare molto più facilmente, ma niente vieta anche ad altri giocatori di avvicinarsi a tale esperienza, anche se con la consapevolezza che vanno incontro a qualcosa di particolare e non convenzionale. Il gioco richiede ben più di una run per essere compreso appieno, viste le numerosissime vie nel quale essa può essere affrontata. Sicuramente la lingua è un grande ostacolo, data la mancata localizzazione in italiano e l’arcaicità delle espressioni, le quali sono importanti al fine delle decisioni da prendere. Esse potrebbero essere irrimediabili, e sarà stata colpa vostra.
Modus Operandi: Recensito il gioco dopo aver completato la quest principale più volte, scoprendo i vari finali ed esplorando le diverse zone che il titolo propone.