Perdonateci il gioco di parole, ma Rainbow Six: Extraction è un titolo decisamente alieno per la serie. Il titolo stand alone è infatti un FPS cooperativo che prende a piene mani le meccaniche di shooting di Rainbow Six: Siege e le porta in una situazione distopica, dove un parassita provenuto dallo spazio ha causato una terrificante epidemia zombie.
Parlare di mangia cervelli e di forze speciali Rainbow nello stesso contesto è piuttosto anomalo non lo mettiamo in dubbio, tuttavia già in passato un contenuto simile era stato offerto ai giocatori con Outbreak, evento dai quali è ispirato il nuovo gioco. Questa è solo la punta dell’iceberg, e sotto potrebbe esserci qualcosa di molto più interessante.
Agli albori vi era l’arcobaleno
I giochi della serie Rainbow Six prendono spunto dai romanzi dello scrittore Tom Clancy’s. Dei romanzi di fanta-politica drammatici, scritti in modo sublime e semplicemente geniali nella loro composizione. L’universo imbastito da Clancy’s dava seguito a storie credibili e verosimili nelle quali i migliori operatori delle più forti forze speciali occidentali venivano arruolati per formare una super squadra d’élite di soldati eccezionali, il meglio del meglio. Un gruppo di agenti con lingue diverse, con molteplici stili di combattimento e addestrati molto duramente. Un team nel quale ognuno trae forza dalle proprie differenze con gli altri. Un gruppo di paladini capaci di fronteggiare le nuove forme di terrorismo internazionale.
Prendendo quindi spunto da questi elementi i videogiochi della serie hanno quasi sempre creato opere di grande livello. Giochi non sempre perfetti ma capaci comunque di gestire anche problematiche tremendamente attuali e spinose. La caccia ai terroristi e il focus su campagne PvE al cardiopalma che erano quindi dei mantra per Rainbow Six, con tantissima enfasi sulle azioni tattiche di irruzione all’interno di edifici fortificati dai cattivi di turno.
Proprio sul concetto d’assedio e guerra asimmetrica si è poi innalzato nel dicembre del 2015, Rainbow Six: Siege. Un titolo che aveva, e che ha ancora oggi, lo scopo di porre i giocatori all’interno di piccole mappe estremante distruttibili con molteplici accessi e lasciare che fosse l’ingegno degli stessi player a rendere avvincente ogni partita. Il prodotto è quindi una sorta di sandbox che lascia la libertà a 5 attaccanti e 5 difensori di scegliere il proprio approccio alla battaglia e di adattarsi a quello del nemico e di creare la fortezza perfetta o l’assalto più devastante. La serie prendeva quindi una strada inedita, quasi esclusivamente PvP lasciandosi alle spalle gran parte del background storico. Una scelta da parte di Ubisoft che, vista a posteriori, fu sicuramente vincente ma che lasciava comunque un vuoto per i giocatori appassionati alle trame più complesse alla quale la seria li aveva abituati.
La svolta zombie di Rainbow Six: Extraction
Nei primi mesi del 2018 fece però capolino un evento inaspettato con la stagione 1 anno 3 di Rainbow Six Siege. Ci riferiamo a Operation Chimera che introdusse due nuovi e discussi assaltatori e un’inedita modalità PvE. Il cambiamento causò quasi uno shock per i player visto che questa espansione gratuita a tempo limitato, aveva caratteristiche semplicemente fuori dagli schemi per la serie e metteva i nostri amati operatori di Siege contro la minaccia dei già citati parassiti alieni. Le tre brevi missioni erano quindi come una sorta di esperimento in vitro per la campagna del moderno Extraction. Un esperimento che per quanto certamente atipico fu un discreto successo e andava a colmare una domanda per una lacuna di Siege, quella di giocatori interessati a giochi PvE.
Vogliamo giustamente precisare che sono comunque presenti in Siege una modalità di caccia ai terroristi e una di simulazioni. Ma definirle delle valide alternative al PvP, sarebbe quantomeno irrispettoso nei confronti delle esperienze maturate dalla serie fino ad oggi. Infatti, pare che l‘IA dei nemici di questa modalità non fosse il top, trasformando le brevi partire in un’esperienza quasi involontariamente ridicola. Il comparto cooperativo/single player del gioco ne risente ancora oggi molto, rendendo utile questa funzione solo per fare pratica di tiro al bersaglio e guadagnare qualche credito facile con le onnipresenti sfide giornaliere di Siege.
Tornando ad Extraction non possiamo certo negare che forse, la scelta operata da parte di Ubisoft non sia stata quella che molti si aspettavano, (magari diversi fan volevano un rispolvero di quella vecchia chimera che era Rainbow Six: Patriots o della serie Vegas) eppure da quanto emerso dai recenti video gameplay, pare comunque esserci del potenziale in Extraction. Stiamo infatti parlando di un FPS tattico cooperativo che non pare rinnegare la propria natura strategica, ma che vuole soltanto creare un nuovo contesto operativo.
Il gioco infatti, contrapporrà terzetti di operatori presi degli eroi di Siege contro una moltitudine di non morti e creature aliene in un susseguirsi di brevi missioni di difficoltà crescente. Il prodotto quindi, sembra voler spingere i giocatori a usare la testa e a sperimentare anche “nuovi” approcci, anche quelli purtroppo caduti in disuso in Siege. Ad esempio, lo stealth era un’opzione concreta in titoli come Rainbow Six Vegas 2, perché le meccaniche di gioco permettevano di compiere assalti rapidi e silenziosi, evitando di allertare i nemici nelle vicinanze e di estrarre così gli ostaggi in sicurezza. In Siege invece, i silenziatori sono quasi sempre un terribile malus al danno delle armi. Inoltre, grazie al sistema audio del gioco, anche i flebili rumori causati dagli operatori più silenziosi sono comunque udibili nella situazioni di quiete. Questi fattori combinati hanno reso gli approcci stealth in Siege efficaci solo in specifiche e limitatissime situazioni come quando si attivano le abilità delle operatrici Caveira e Nokk.
In Extraction invece lo stealth e il gioco di squadra metodico non solo sono possibili, ma fortemente consigliati, anche perché i player avranno molto di cui preoccuparsi. Il game over infatti non comporterà solo la classica schermata che riporta tutti al Checkpoint precedente, ma sarà una dura battuta d’arresto per gli operatori che verranno catturati e momentaneamente eliminati dal gioco. Starà quindi ai player compiere una nuova missione di salvataggio per recuperare il compagno caduto dalle grinfie delle mostruosità aliene.
In questo modo Rainbow: Six Extraction prova, anche se in un modo un poco alieno, ad essere un titolo che premia il gioco di squadra e la cooperazione come ogni Rainbow dovrebbe fare. Lo fa certamente in un contesto sci-fi lontanissimo da quello che la serie ci ha abituati a vedere, eppure c’è certamente spazio per delle partite concitate e al cardiopalma incentrate soprattutto sul gioco di squadra. Da verificare invece la qualità del lato narrativo del prodotto. Infatti, nonostante le brevi cinematiche presenti nelle missioni dei tempi di Operation Chimera, ci facciano ben sperare, non sappiamo ancora se il comparto single player del titolo saprà offrire un’avventura avvincente, prendendo spunto dai carismatici operatori di Siege. Non ci aspettiamo una storia alla The Last of Us parte 2 ovviamente, ma di certo qualcosa che sia più che un banale contesto per massacrare mostri potrebbe fare la differenza per conquistare gli indecisi.
Per concludere poi non possiamo non pensare ai punti di riferimento che gli sviluppatori potrebbero aver preso per realizzare il loro titolo. Titoli come Left 4 Dead con il suo gameplay incentrato sulla pericolosa fuga da una stanza sicura all’altra della mappa potrebbero aver tracciato una linea maestra sul proseguimento del gameplay per Extraction. Corsa alternata però nel caso del gioco di Ubisoft che presenta missioni con molteplici obiettivi da completare sulla mappa di gioco. Certo è che nonostante alcuni difetti anche i fan più diffidenti dovrebbero dare una possibilità a Rainbow Six: Extraction perché, perdonateci ancora una volta il gioco di parole, è un gioco così alieno per la serie, da essere dannatamente interessante.