Il potenziale di questo titolo sulla carta è decisamente alto. Prendiamo un fatto realmente accaduto in Russia più di 50 anni fa, nel quale ha perso la vita un’intera squadra di escursionisti; aggiungiamo la componente soprannaturale, sfruttando che il caso non è ancora stato risolto (i nove uomini sono morti in circostanze inspiegabili), ed infine si dia al gioco un’anima horror e intensa, basato sull’esplorazione e sull’angoscia. Il progetto indipendente di IMGN.PRO sembra in linea generale degno di nota, ma poco dopo il lancio della prima versione PC uscita nel Giugno del 2015 ci rendiamo conto che la critica non lo ha proprio amato, a causa di alcuni difetti non sindacabili. Saranno alcune di queste lacune state colmate con questa nuova versione per PlayStation 4? Non ci resta che scoprirlo. Benvenuti sulla Kholat Syakhl.
Dyatlov Pass incident
Come spiegato nell’incipit Kholat è ispirato al fatto realmente accaduto del Dyatlov Pass incident, avvenuto il 2 Febbraio 1959 sulla montagna russa Kholat Syakhl, che sta per “montagna morta”. In poco più di due minuti, all’avvio del gioco ci verrà mostrato un interessante filmato che spiega ai giocatori ciò che accadde in quella data agli esploratori russi, e di come la loro morte sia ancora oggi un mistero. Sembra che gli uomini siano scappati tra la neve di fretta e furia, addirittura scalzi e con pochi vestiti addosso. Non si sa ancora da cosa stessero scappando, ma le condizioni in cui gli uomini sono stati trovati (tra l’altro sparsi in zone diverse a qualche centinaio di metri dalla tenda dove erano accampati) erano inquietanti: alcuni di loro presentavano addirittura delle fratture interne e danni, ma senza alcun ematoma nella parte esterna del corpo.
Into the wild
E’ su questi fatti che dunque IMGN.PRO ha sviluppato il suo videogioco horror. Ci troveremo a vagare per la montagna avendo come equipaggiamento solamente una torcia, una bussola, ed una mappa. Non ci troveremo dunque a dover sparare o a difenderci, ma al limite… solo a scappare. Le scelte di gameplay fatte dallo studio sono per alcuni versi discutibili, ma per molti altri comprensibili e coerenti. Per prima cosa, parliamo della mappa: Su di essa avremo segnate le coordinate dei posti che dovremo raggiungere per procedere con la storia, ma non avremo un indicatore che ci segnali in quale punto ci troveremo di preciso! Saremo dunque “costretti” a dover orientarci solamente grazie al nostro intuito e ai punti di riferimento. La sfida non è certo delle più semplici, e avrete spesso la sensazione di ritrovarvi a vagare in tondo, data anche la grande dimensione della mappa.
La torcia sarà utilissima, ma indispensabile per quando dovrete vagare in alcune grotte o in zone molto oscure. Per quanto riguarda la bussola, potrebbe risultare di difficile interpretazione ai neofiti, e la sua funzione in realtà diventerà quella di “radar”: senza spoilerare nulla, capirete a cosa mi riferisco. Intorno a voi nessun tipo di fauna. Non vedrete in giro alcun animale, ma sarete circondati da rocce, neve, rumori molesti e… qualcos’altro. In alcune zone (spesso vicoli ciechi) che esplorerete, saranno segnate alcune coordinate su delle rocce: queste vanno ad indicare alcuni punti della mappa in cui trovare delle note scritte, di minore importanza rispetto a quelle che servono per procedere nel gioco, ma comunque utilissime per dedurre in che posizione vi trovate sulla mappa in quel momento (vi verrà segnalata), e per poter salvare il gioco…
già, il salvataggio… una delle lacune principali di Kholat, che anche nell’edizione PS4 non è stata colmata. Per salvare il titolo non avremo come di consueto un modo per salvare “a comando”, oppure dei ceckpoint prestabiliti, ma il titolo salverà automaticamente i vostri progressi in determinati casi: non appena scoprirete un nuovo accampamento, quando effettuerete viaggi rapidi da uno di questi ad un’altro, e quando raccoglierete le pagine chiave e le note minori sparse per la mappa. Se aggiungiamo a questo, che gli accampamenti sono sparsi sulla mappa in modo non omogeneo e abbastanza scomodo, risulterà chiaro che gli spostamenti all’interno di essa saranno problematici (ricordandovi di nuovo anche la mancanza di un indicatore di posizione attuale). Il terrore dunque non lo troverete soltanto nel concept, ma anche nel dover ripercorrere a volte intere porzioni di percorso a causa di una morte accidentale ed un mancato salvataggio a comando.
Ci vorrebbe una lente
Passiamo a come il gioco si sviluppa: la trama del gioco è in gran parte introdotta dal video iniziale che ci proietta nei fatti storici da cui è ispirato, ed è certamente la parte più chiara. Il resto di ciò che verremo a conoscere, lo dedurremo dai documenti che troveremo nei luoghi chiave e nelle note minori sparse per la mappa. Per quanto risultino enigmatici ed interessanti, il difetto sostanziale di tali parti scritte (e a volte con l’aggiunta di un doppiaggio) è la grandezza dei caratteri con cui sono scritte le parole. Insomma dover “interpretare” delle parole così piccole potrebbe far perdere la voglia di leggere anche ai più interessati.
In Kholat non avrete un ordine preciso da seguire per la scoperta dei punti chiave, e potrete dunque iniziare il gioco quasi girovagando a caso; più però procederete, e più dovrete prestare attenzione alla mappa e alle coordinate, fino ad arrivare alla fine… Fine che arriverà prima o dopo, a seconda della vostra abilità nell’orientarvi tra le innevate lande. La longevità del gioco in ogni caso non è elevata, e non occupa un giocatore medio per più di 4 ore in una singola run.
Gioie e dolori, morti e colori
Sicuramente una delle parti migliori del titolo è l’atmosfera: in Kholat, unendo il gameplay alla grafica e al sonoro, avrete sempre l’impressione di essere “perduti” (attenzione, non sorpresi, le sorprese vere saranno poche… al massimo un paio di jumpscare). Il comparto sonoro è senza dubbio una delle parti più riuscite del titolo, con una colonna sonora ben realizzata e ben registrata, e con la ciliegina sulla torta di un’interpretazione vocale eccellente del celebre attore Sean Bean.
Il comparto grafico invece ci regala anche qualche piccolo mal di pancia: li dove sulla versione PC il livello dei dettagli era ottimo, e gli fps che mantenevano una media ottima, su PlayStation 4 tali prestazioni non sono state confermate. Per i dettagli grafici non si grida al disastro, avendo comunque mantenuto una qualità buona sfruttando quanto possibile l’Unreal Engine 4 ma non riuscendo a pareggiare quelli della versione per PC; mentre purtroppo il gioco mostra notevoli e numerosi cali di frame rate, a volte veramente pesanti. Se a questo aggiungiamo anche il caricamento di inizio partita e quelli di “resurrezione” di una lunghezza considerevole, questo quadro amaro può definirsi completo.
Chiusura
Tirando le somme possiamo dire che questo gioco involontariamente riuscirà a spaccare in due i giudizi degli utenti. Il voto che vedrete di seguito è condizionato molto dai fattori tecnici elencati, ma non necessariamente vanno a descrivere un’esperienza di gioco brutta. In fondo Kholat è un titolo complicato ma che riesce a rapire per quelle poche ore che la longevità ci concede.