Videogiochi horror d’autore: 5 titoli che non bisogna lasciarsi scappare

Siete amanti dell'horror, della tensione, e adorate le stramberie? Allora ecco 5 titoli d'autore da non lasciarsi scappare. Ma diteci anche quali sono i vostri preferiti!

Valeria Girardi
Di Valeria Girardi GL Originals Lettura da 15 minuti

Con l’incredibile successo che i remake di Resident Evil stanno ora riscuotendo (e tra i quali pare si possa aggiungere un nuovo lancio tra non molto tempo), il tema dell’horror nei videogiochi è ritornato in voga. Non che si sia mai più di tanto eclissato, a dir la verità, tuttavia il fatto stesso di riproprre sul mercato titoli con molti anni alle spalle, rivisitati e rimodernizzati per il pubblico attuale, fa parecchio riflettere. E fa riflettere soprattutto sulla scelta dei 5 titoli d’autore che si è scelto di inserire in questa nostra lista – mica è un caso che la maggior parte abbiano tutti una certa età. Chiaramente non si tratta di una classifica, e i giochi sono elencati in ordine sparso.

Titoli che portano la firma di grandi artisti, scrittori, compositori, e che celano inaspettate ispirazioni e influenze che hanno permesso la nascita di alcuni dei franchise più belli, fecondi e acclamati dalla critica e dal pubblico; o quantomeno di quelli più sensibilmente significativi per il mondo dell’industria videoludica. Vediamo insieme quali.

Deadly Premonition

Quando si parla di Deadly Premonition si parla di un gioco controverso, che riesce a divedere pubblico e critica; non a caso Destructoid lo recensì con 100, mentre IGN (portale americano) gli affibbiò un 20. Un titolo che si è fatto effettivamente strada sfilando su un tappeto (di velluto) rosso, tra acclamazioni da un lato e fischi che gridano al disastro dall’altro. Tuttavia, sebbene tecnicamente gli ultimi potrebbero anche avere ragione – nemmeno la Director’s Cut riesce a raggiungere gli standard dei giochi di quegli anni, ahimè – si tratta di un gioco che va capito, va contestualizzato e va preso per quello che è: il figlio legittimo di Swery. Un personaggio singolare, simpatico e divertente, con un estro creativo palpabile a pelle: basta soltanto guardarlo. Un amante viscerale dei B movie americani (ma dai?), drogato di caffeina, mangiatore di fantasia e profeta dell’assurdo. Un personaggio, il suo, che abbiamo avuto persino la fortuna di conoscere dal vivo, come l’ultima volta al Game Rome 2019.

Premesso questo, Deadly Premonition basa la sua carica visionaria e artistica su quello che è stato il genio di David Lynch nel suo cult Twin Peaks. Ma non manca nemmeno quel senso umoristico che personalmente ho ritrovato in Bayonetta (anche se sono coetanei, a dir il vero), con un investigatore ai miei occhi che diventa un suo alter ego al maschile, uno sfacciato fumatore che tiene stretta la sua sigaretta tra i denti come fosse un lecca-lecca, mentre si muove immerso in un’atmosfera Silent Hillniana. Ora, non si grida al plagio ovviamente, quanto piuttosto di referenze che, come con Apocalipse Now e Heart of Darkness di Conrad, tratteggiano similitudini, omaggi ma sensazioni ed esperienze diverse. Del resto, si parla comunque di due media diversi.

Si tratta di arte, quella che traspare nel titolo di Swery, referenziale e autoreferenziale, che non a tutti forse può piacere. Una storia bizzarra (veramente tanto bizzarra) e divertente, che continua a farti ridere, sorridere, innervosire, che riesce tenerti incollato e a farti domandare cosa diavolo sta succedendo. Una storia condita da un cast di personaggi memorabili, assurdi e astrusi (in inglese li definirei proprio “insane” ad essere sincera). Un gioco che va provato, punto. E ora che è uscito anche su Nintendo Switch nessuno ha più scuse.

The Evil Within

the evil within

Shinji Mikami è universalmente riconosciuto come uno dei veri luminari del settore dei videogiochi horror e non solo, la mente dietro alcuni dei migliori titoli in circolazione. Tra questi si ricorda, nemmeno a dirlo, la saga di Resident Evil, il primo titolo di Dino Crisis, ma anche il fortunato Vanquish per Platinum Games. In The Evil Within si affianca però a Masafumi Takada, grandissimo compositore giapponese di videogiochi e non solo, noto soprattutto per il suo lavoro sulle colonne sonore di killer7, God Hand, No More Heroes e Earth Defence Force e Danganronpa.

Insomma, premesse niente male per il capitolo di debutto del franchise di Tango Gameworks (casa di sviluppo dello stesso Mikami) e pubblicato da Bethesda nel 2014. Un capitolo che riporta in auge il genere survival nudo e crudo, caratterizzato da un bilanciamento perfetto sulle parti di sopravvivenza e di horror. Non a caso, The Evil Within ti obbliga a sfruttare al massimo le risorse limitate, a inchiodare colpi in testa e ad elaborare le tattiche migliori per abbattere sia i vari bossi che i fastidiosi mutanti. In un mondo che a tratti sembra prendere vita da una qualche copertina dei Cannibal Corpse (il riferimento alla scena del macellaio in questo senso è un obbligo), mentre vieni catapultato in una dimensione distorta, che brulica di nemici dal character design esteticamente appagante, in grado di incutere ansia e tensione anche ai giocatori più coraggiosi, forse il plot rimane indietro e si eclissa un po’, davanti alla potenza visiva e all’ardua dinamica di gioco.

Tuttavia, anche se la trama risulta poco originale, e il protagonista principale non sembra sprizzare chissà quanta simpatia dai suoi pori, The Evil Within rimane uno dei survival horror per eccellenza: un titolo che permette di sperimentare il vero orrore della sopravvivenza, mentre strizza l’occhio ai uno dei brand di Konami più riusciti di sempre.

Silent Hill 2

silent hill 2

Un titolo che non ha bisogno di presentazioni o descrizioni. Silent Hill 2, uscito inizialmente nel 2001 su PlayStation 2 sotto Konami, è a mio avviso il gioco horror più bello di sempre. Al di là dei gusti personali, che per l’appunto sono personali, dietro un’opera d’arte del genere si nascondono la mente di Keiichiro Toyama (che ha lasciato poi il posto a Masahiro Ito e Hiroyuki Owaku) e le mani di Takayoshi Sato e Akira Yamaoka. Il primo, per chi non lo conoscesse, è il creatore dell’intera saga, che con il secondo capitolo (dopo essersene andato dal Team Silent) ha raggiunto la vetta più alta. Il secondo, è il fenomenale scrittore e character designer del titolo, colui che ha reso possibile un plot e delle cutscene indimenticabili. Il terzo, invece, è il magistrale compositore che ha realizzato le OST di molti titoli del franchise, questo incluso.

Ecco perché, allora, presentazioni e descrizioni servono a poco con Silent Hill 2. Non tutti però sapranno che dentro la sua narrazione si nascono altri autori imprescindibili: si parla di Dostoevsky, si parla Cronenberg, così come si ritrovano anche Fincher, Lynch, Bacon, Wyeth e persino Alfred Hitchcock. E non mancano nemmeno i numerosissimi riferimenti culturali alla storia, ai film, alla letteratura, che si incastrano meravigliosamente con sfumature dal risvolto psicologico all’orrore più classico. Se Silent Hill 2 fosse stato un libro, e se fosse uscito qualche anno prima, Calvino lo avrebbe sicuro tenuto bene a mente mentre scriveva “Perché leggere i classici”. Perché Silent Hill 2 è un classico per definizione: tutte le volte che lo si rigioca si colgono aspetti nuovi, diversi, che si adeguano al nostro stato emotivo attuale, al nostro trascorso, al nostro self del presente.

Per tale ragione, allora, le parole con Silent Hill 2 non servono. Bisogna giocarlo, dall’inizio alla fine, entrare nella nebbia e lasciarsi guidare dai ricordi, dagli incubi, dal sangue, dalle persone che si sono smarrite nel loro Paradise Lost. E lasciarsi trasportare dalle colonne sonore di Yamaoka, dalle sue note dolci e malinconiche, da quelle graffianti e sinistre, dalle funeree e pensanti. E una volta usciti dalla città, a conclusione del gioco, domandarsi cosa ci ha trasmesso, cosa ci ha lasciato. Una risposta intima, che verrà presa d’assalto dalla voglia di rigiocarlo almeno un’altra volta.

System Shock 2

videogiochi horror d'autore - system shock 2

System Shock 2 è un survival horror in prima persona del 1999 firmato da Irrational Games e Looking Glass Studios, che vanta Ken Levine come mentre creativa e designer. Levine è in realtà molto noto nell’industria videoludica per aver realizzato diversi titoli basati in primis sulla narrazione e in grado di esplorare temi tanto sociologici quanto anche filosofici (Andrew Ryan vi dice qualcosa?). Altro marchio di fabbrica è il suo talento nel mescolare stili artistici differenti con risultati incredibili, che regalano atmosfere fantascientifiche dal tocco cyberpunk.

Non a caso, allora, in System Shock 2 prendono forma molti dettagli che ritroviamo in Bioshock, e tematiche che nel successore spirituale sono state non solo riprese, ma anche approfondite. Già prima che Bioshock venisse alla luce, in System Shock 2 ci viene presentato un mondo distopico, che ricorda forse di più, per ambientazioni, il primo Dead Space – titolo con il quale, in effetti, condivide molto. Con la sua combinazione particolare di RPG e FPS, offre ai giocatori un’esperienza di gioco che a quei tempi risultava estremamente gratificante e ricca, con un significativo e continuo upgrade del personaggio, un’avvincente componente esplorativa, nemici terrificanti e un nuovo uso di diari audio. Con la sua atmosfera immersiva e affascinante, ma al contempo cupa, claustrofobica e inquietante, trasporta in un mondo controllato da un’entità cibernetica, che guida i giocatori attraverso corridoi macchiati di sangue, enigmi e combattimenti, in un’astronave che respira e sa di anni ’90.

System Shock 2 è un pezzo da recuperare assolutamente per gli appassionati del genere (body) horror, anche se mi sento di avvertire che, data l’età, non è invecchiato benissimo; per questo motivo, giocarlo ora per la prima volta potrebbe costargli molto di quell’horror-appeal che invece si è portato dietro orgogliosamente per anni, e che rimarrà apprezzatissimo per tutti i vecchi videogiocatori. Vi basti pensare, comunque, che senza di lui Bioshock non esisterebbe (e forse nemmeno l’acclamatissimo Dead Space), e che la sua influenza per i titoli a venire è ancora indiscussa.

Parasite Eve

videogiochi horror d'autore - parasite eve

Con Parasite Eve si parla di un titolo d’autore a tutti gli effetti. Il padre di questo videogioco, infatti, è uno scrittore che, accostando l’arte della narrazione alla sua professione di farmacista, ha dato vita al romanzo dal quale è stato tratto questo gioiellino classe ’98. Parasite Eve è stato infatti proprio il libro di debutto di Hideaki Sena, dal quale Square ha dunque sviluppato e pubblicato una sorta di sequel. Accanto a lui, però, figurano altri due grandi artisti, come il game designer Tetsuya Nomura (noto per i suoi lavori su Final Fantasy) e la pianista e compositrice Yoko Shimomura, mamma delle OST della serie di Kingdom Hearts.

Con una squadra del genere a sostenerlo, non è difficile capire il perché del successo di Parasite Eve. Al di là dell’interessante riferimento al reale funzionamento della endosimbiosi (trattato, ovviamente, su base fantascientifice), la spettacolare cinematograficità di Parasite Eve la sua conturbante trama sanno tenere incollato il giocatore dall’inizio alla fine. Dandogli il benvenuto, tra l’altro, con un’introduzione che ancora mette i brividi, positivamente parlando, nel 2020. Del resto, il gameplay e in generale tutto il pacchetto offerto da Parasite Eve erano già molto moderni ai tempi della sua uscita, tanto che può essere considerato come una sorta di pioniere del genere SciFi RPG/horror.

Ovviamente, dato anche il fatto che la trama affondi le radici in un romanzo, il plot delineato nel titolo è uno dei punti di forza maggiori del gioco. Una storia che si posiziona come una sorta di sequel del libro e che si sviluppa complessa, intrigante, che nonostante non sia costellata di jump scare o situazioni alla Resident Evil, offre un’atmosfera cupa, gotica, oscura. Con accompagnamenti musicali che sono in grado di amplificarla magistralmente, soprattutto all’occorrenza delle varie cutscene incredibilmente cinematografiche, delle chicche per gli amanti del gore. Perché Parasite Eve, e questo va detto, è sicuramente il gioco adatto per gli appassionati di body horror, con scene CGI godibilissime ancora oggi, nonostante la grafica sia ovviamente quella di un titolo che ha spento ormai più di 20 candeline.

Siete arrivati a leggere fin qui? Però! complimenti. Come sempre, comunque, vi ricordiamo che questa lista è estremamente soggettiva, così come molte di quelle che proponiamo nei nostri editoriali. Per questo se avete aggiunte, commenti, o anche punti di vista differenti, ci farebbe molto piacere leggere la nostra opinione. Lasciateci un feedback, se vi va, e seguiteci sui nostri canali ufficiali.

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Amante della musica, della scrittura e della lettura, ha una gatta nera che le fa compagnia. Tra i suoi hobby, videogames e fumetti, con i quali evade dal mondo sintetico e monotono della quotidianità.