Days Gone: intervista a John Garvin, Game Director del titolo di Bend Studio

Valeria Girardi
Di Valeria Girardi Analisi Lettura da 23 minuti

Lo scorso primo marzo, durante il tour mondiale che lo ha visto protagonista, siamo stati invitati a Milano per provare con mano Days Gone, l’ultima fatica targata Bend Studio. Oltre a poter saggiare le ottime qualità del titolo e averne scritto una copiosa anteprima che potete trovare nelle nostre pagine, abbiamo potuto scambiare quattro chiacchiere con John Garvin, Game Director del titolo che si è concesso per una lunga e interessante tavola rotonda durante la quale abbiamo potuto meglio comprendere come è andato concretizzandosi il lavoro durante questi lunghi anni di sviluppo. Buona lettura!

days gone

Domanda: Mi piacerebbe sapere qual è stata la prima cosa a cui avete iniziato a lavorare per ciò che riguarda il gioco: È la stata la storia di Deacon, o magari l’idea di un horror game dove puoi muoverti in sella a una moto? Insomma, qual è stato il primo concept?

John Garvin: Bella domanda! Il team aveva appena finito di lavorare su Uncharted: Golden Abyss per la PS Vita, e il passo successivo è stata la volontà di creare una nuova IP che fosse un’esclusiva per PS4. La prima cosa a cui abbiamo seriamente pensato è: come creare un prodotto che mostri appieno tutta la potenza hardware, tutta quella tecnologia che ti permette di fare cose veramente grandiose? E da giocatori – perché noi dello studio giochiamo ai videogiochi e conosciamo bene l’audience e le sue aspettative – sappiamo che i giocatori vogliono vedere e fare cose mai fatte prima. Per questo abbiamo pensato a cosa fare, sapendo che come sempre noi di Bend Studio ci avremmo messo di mezzo delle pistole e la terza persona, essendoci occupati sempre di third person shooters, e che avrebbe avuto dovuto creare un bel personaggio principale. In seguito abbiamo pensato a che tipo di nemico contrapporgli. Abbiamo avuto l’idea di inserire migliaia e migliaia e migliaia di creature sullo schermo tutte insieme, vere e proprie orde di nemici, cosa che inoltre a livello visivo ci sembrava meraviglioso, una cosa che non si era mai vista prima, se non nei film.

Days Gone

Questa cosa mi ossessionava, mi allettava l’idea di trasformarla in un videogioco. Abbiamo pensato a questo concept dal 2013, con questo ragazzo – che ancora non aveva un nome – di che vive durante una pandemia e cerca di sopravvivere contro centinaia di creature, ed è per questo che poi nella demo dell’E3 2016 abbiamo voluto mostrare l’orda. Il secondo ingrediente di questa evoluzione è l’open world. Sapete, noi siamo grandi appassionati di questo genere di giochi, e nel 2013 c’erano ancora molte strade da esplorare per quanto riguardava gli open world games, e su come potessero essere sviluppati. Molte strade sono state poi battute, ma altre ancora sono uniche in Days Gone, e permettono al giocatore di avere quella voglia di esplorare tale che ne valga davvero la pena. Volevamo creare un gioco che la gente non avesse mai “esplorato” prima, e per noi era importante rendere il mondo pericoloso: volevamo che il giocatore fosse spaventato durante l’esplorazione dell’open world, che non avesse idea di cosa potesse attaccarlo e da quale direzione.

Per quanto riguarda Deacon St. John, come director la cosa su cui mi sono focalizzato è stato renderlo un personaggio mai visto prima; e per me, dare vita ai personaggi, riguarda anche le relazioni, quindi chi sono come persone e come si definiscono in base agli altri. Ad esempio, il tipo di relazione di Deacon con l’amico Boozer mi piace davvero molto, come quelle che ho visto in Sons of Anarchy: dove ci sono dei personaggi che hanno un bel background, che sono membri di un club di motociclisti, di una banda, che hanno un rapporto tra compagni più forte di quello per la famiglia. Un tipo di relazione tra personaggi mai vista nei videogames.

Poi c’è il legame con sua moglie Sarah, il suo significato all’inizio della storia, e la sofferenza per una grande perdita. Perché alla fine si racchiude tutto nel fatto di dover compiere delle scelte, e in un primo momento, all’inizio del gioco, Deacon deve affrontare una scelta molto difficile, e sceglie di andare con i suoi amici, per dargli più possibilità di sopravvivenza. Ma come riusciresti a vivere con te stesso, se due anni dopo la conseguenza di questa tua scelta si trasformasse in una grave perdita? E allora penso che sia proprio questo il punto, è un personaggio in cui ci si può rispecchiare, è un uomo comune, che ha una vita comune, non un supereroe. Ogni tanto si deve fermare a riprendere fiato, mentre corre per l’open world, e ha bisogno di aumentare la stamina, altrimenti non può fare cose incredibili, ed è così che è davvero bravo a sopravvivere. Insomma, ero affascinato e ispirato da tutto questo. È un personaggio forte, qualcuno che non è stato mai visto prima, e che combatte nemici mai visti prima. Spero davvero che tutte queste cose abbiano successo in Days Gone.

Domanda: Negli ultimi anni abbiamo visto molti videogiochi con gli zombie, o con creature simili, e allora in che modo gli abomini presenti in Days Gone saranno diversi da quelli dagli altri giochi?

John Garvin: Perché sono vivi, e sono sistemici. E credo che i giocatori che si immergeranno in Days Gone saranno veramente molto sorpresi, perché le creature hanno un ciclo di vita, rispondono all’ambiente circostante, al clima, allo scorrere del giorno e della notte. Se nella demo viaggerete in moto verso nord, troverete delle grotte, e vedrete che di giorno si rifugiano all’interno di esse per dormire. Potete entrarci dentro, vederli meglio, se farete rumore e tutti si alzeranno e vi inseguiranno… e io raccomando di non farlo, perché altrimenti vi uccideranno. In ogni caso, sono vivi, e vanno in cerca di cibo, di acqua, per poi tornare nelle grotte. Sembra automatico no? Se fai tutte queste cose, significa che sei vivo. Essi sono una parte vivente del mondo, sono presenti dove spawnano altre creature, i cervi entrano nei loro terrori per nutrirsi, e loro li inseguono. Potrebbe capitare che inseguano un cervo, che a sua volta scappa verso dove si trova il giocatore mentre egli sta combattendo in un campo di predoni. Non sarà certo una piacevole sorpresa, la maggior parte delle volte. Perché la battaglia che combatterete contro i predoni prevede sì, che essi e le creature si uccidano anche tra loro, ma spesso sarete inseguiti anche voi. Questo è tutto parte di un sistema naturale, o di come lo chiamiamo noi di un “freako-sistema” (ndr. freakosystem), per via dei freakers (il nome di questi “zombie”). Io non ho mai visto niente del genere in un videogioco, prima d’ora, dove tutti i sistemi del gioco sono vivi, sono attivi e interattivi tra di loro, e questo credo che renda l’esperienza molto diversa dal solito.

Domanda: Days Gone è il gioco più importante e ambizioso di Bend Studio. Come è stato lavorare per una così importante e pretenziosa esclusiva?

John Garvin: Siamo stati il team di uno dei titoli di lancio per la PS Vita, e il 2012 è stato particolarmente importante. La PS Vita è stata una bella console, molto potente, anche se alcune persone non comprendono quanto fosse sostanzialmente una PS3 in miniatura, con una next gen rendering technology. Ed è per questo che ci sentivamo una forte pressione addosso, per quel titolo di lancio di un importante franchise, e farne una nuova versione per portatile era una bella sfida. Per cui credo che questa esperienza ci abbia in qualche modo preparati a sopportare meglio la pressione e avere tutti i riflettori puntati. Stavamo facendo un titolo in esclusiva per PS4, che ha già una bella lista di esclusive da altre case di sviluppo. Questo ci sottoponeva a molta pressione, perché ci sono già altri titoli di importanti team che hanno creato delle belle storie e dei bei personaggi. Sentiamo tuttavia di essere stati molto fortunati, perché ci hanno dato il tempo e le risorse di cui avevamo bisogno per poter portare a termine con successo il lavoro, perché hanno fiducia in noi e apprezzano ciò che abbiamo fatto con la PS Vita, con il titolo di Uncharted di grande successo. Per cui, sì, c’è molta pressione, ma anche tanto supporto.

Domanda: L’industria videoludica offre molti giochi open world, ma spesso questo genere di approccio compromette la narrativa. Tuttavia, Days Gone sembra includere una narrativa cinematografica, introspettiva ed emozionale, con un gameplay focalizzato sulla libertà. Come avete fatto a realizzarlo?

John Garvin: Adoro questa domanda, perché mi piace parlare di questa esclusiva. Uno degli obbiettivi che Bend Studio si è sempre posta è creare dei giochi con una grande narrativa, e sapevamo che la sfida maggiore era quella di raccontare una storia che fosse emozionante, che prendesse le persone, in un mondo in guerra dove ti distrai facilmente, dove puoi andare in così tante direzioni. E allora abbiamo riflettuto su questa cosa in due modi: il primo era che volevamo essere sicuri che l’intera esperienza fosse coerente al 100%, tematicamente coerente, e il secondo che tutto fosse collegato al nucleo del gioco. E questo collegamento è dovuto al pericolo del mondo in cui ti trovi, perché il pericolo te lo ritrovi sia nel gameplay, sia come tematica, poiché si tratta di vivere in un mondo dove tutto è pericoloso. E allora non abbiamo inserito quest secondarie, con personaggi stravaganti, con cui poter staccare un attimo dalla storia principale. Questa strategia è un bel punto di forza, per carità, mi piacciono giochi di questo tipo, ma per il nostro titolo volevamo evitarla.

Così tutto quello che si fa sul nostro gioco riguarda Deacon St. John, il suo desiderio di rendere il mondo un posto più sicuro, il suo desiderio di smantellare i campi di imboscata (e infatti smantella i campi di imboscata lungo le strade), oppure quello di ripulire le aree infestate, perché almeno si impedisce il dilagare del contagio, rendendo il mondo più sicuro per i nuovi arrivati. Tutto il gioco ruota intorno al nucleo Deacon St. John, chi è, qual è il suo ruolo nel mondo. E per rispondere alla domanda sul fatto che nel gioco ci sia una narrazione che emoziona il pubblico, noi abbiamo introdotto questa feature seguendo delle storyline. Delle storyline che, se giochi ad un gioco, puoi tenere d’occhio di solito tramite ad esempio un’icona o la mappa, e dici “oh ok, questa è una storia che è parte di una storyline basata sull’autobiografia di un personaggio”. Così come quando salvi la ragazza, ad esempio, quello apre una nuova storyline, e pure nel caso di Boozer si apre un’altra storyline, e tutte queste cose si inseriscono in una feature che abbiamo sviluppato nel gioco e che ci è stata ispirata dal modo in cui ora la gente guarda contenuti in streaming: tu ti iscrivi a un servizio streaming e scarichi un’intera serie, e la vedi insieme al tuo partner, e quando uno si stanca si passa a un’altra serie, e a un’altra ancora, ed è così che ormai la gente consuma i media. Cioè, ormai la gente sa che ci sono molteplici storyline, molteplici serie tv, dove puoi saltare da un episodio a un altro, ma sai sempre cosa stai vedendo, perché c’è una sinossi, o c’è comunque un riassunto di cosa è successo l’ultima volta negli ultimi episodi, e col fatto che ogni episodio ha una sinossi si salta direttamente a quello che più ci interessa. Questo credo sia il modo in cui ora la gente considera il guardare le serie tv; quando abbiamo iniziato non era così, ma ora è prassi comune, la gente è solita far così, e ciò ti permette di avere sempre sotto controllo la traccia della narrativa e saltare avanti e indietro come ti pare.

Days Gone

Domanda: la moto è stata la prima scelta per permettere al personaggio di spostarsi nel mondo di Days Gone? Oppure avete tentato di inserire altri tipi di veicoli nel gioco?

John Garvin: c’è sempre stata la motocicletta, fin dall’inizio. E ci sono varie ragioni. Una ragione è perché molti dello studio hanno una moto, e c’è proprio questa cultura dei motociclisti che affonda nei personaggi, nel loro background. Abbiamo sempre pensato di voler fare un gioco con una gang che fosse diversa dagli altri, e volevamo essere sicuri che questo venisse implementato in Days Gone, e la connessione che Deacon ha con la sua moto rende la moto come fosse un altro personaggio. È come se avesse tre relazioni in questo gioco: con Boozer, con Sarah, e con la sua moto. Tutto questo è dovuto al suo background, e anche al mondo, perché in un modo così devi trovare un modo per sopravvivere. Perciò il mondo è costruito per la moto: il modo in cui le strade sono interrotte fanno sì che possano forzare il giocatore a prendere sentieri sterrati, e il modo in cui le strade sono fatte fanno sì che questi sentieri si percepiscano davvero quando si viaggia in sella alla moto. Ma non solo, anche la lontananza tra una tappa e l’altra, e il modo in cui le strade ti ci conducono sono state realizzate sempre tendendo bene a mente la moto, a quanto possa andare veloce, e fino a dove possa essere in grado di arrivare. Proseguendo con il gioco, è possibile rendere la moto più potente, più veloce, e nel frattempo le strade cambiano, e cambiano le distanze tra le curve; i cambiamenti nel gioco sono pensati appositamente per i progressi della moto. Per questo ci è sempre venuto in mente che non ci sono molti giochi che si focalizzano su questo, almeno non nel modo in cui lo facciamo noi. Nel senso: puoi guidare vari tipi di moto i vari tipi di giochi, ma non come nel nostro. Abbiamo fatto un veicolo specifico per il gioco, ed è quello che chiamiamo Drifter Bike, che non è come la Dirt Bike, dove sei tutto piegato in avanti ed è molto sottile, o una Road Bike, che guidi stando seduto con la schiena più all’indietro, come con una Harley. Questa è un veicolo unico, e ci abbiamo costruito un gioco sopra.

Domanda: Parlando ora del futuro del brand, avete già pensato se fare DLC o un sequel?

John Garvin: Sì beh, per ciò che riguarda i DLC ancora niente, io sono già perfettamente consapevole chi sia Deacon, qual è il suo mondo, e cosa può accadere dopo. Ma sono anche esausto, dopo 6 anni passati a lavorare su Days Gone, penso che me ne andrò al Carnevale di Venezia e mi godrò un po’ di relax.

Domanda: Questa è una domanda diversa dalle altre: cosa pensi della realtà virtuale? Pensi possa essere un nuovo strumento per raccontare storie?

John Garvin: La realtà virtuale? È pazzesca, mi piace, ma non sono un grande fan personalmente, perché mi provoca motion sickness. Ho provato molti giochi per PS VR, e ho avuto modo di vedere diverse tecnologie, e credo che possa essere il futuro, ma non riesco a giocare a quel tipo di videogiochi.

Domanda: La mia domanda si può collegare a quella dei DLC: sapremo già tutto riguardo il mondo di Days Gone quando il gioco verrà rilasciato, o rimarranno alcune “questioni in sospeso”?

John Garvin: Posso dirti che ce ne sono tantissime (ndr. di situazioni che rimarranno aperte). Per quel che mi riguarda, i migliori giochi, romanzi e libri, e le storie migliori, creano nuovi mondi in una maniera tale che si abbiano infinite possibilità, e che ci siano sempre tante storie che debbano essere raccontate, più personaggi che devi esplorare, e questo è sicuramente quanto avviene in Days Gone.

Days Gone

Domanda: Days Gone riprende molte feature da generi diversi, come action adventure, open world, o stealth: qual è il punto di forza maggiore del gioco?

John Garvin: Beh, credo che dipenda dal tipo di risposta che tu stia cercando. Per quanto riguarda l’esperienza di Days Gone, redo che sia la storia di Deacon St. John e nel modo in cui segui questo suo viaggio pieno di emozioni attraverso le varie ore di gioco. Questo perché il videogioco è uno di quei media che ti permette di vivere assieme al personaggio per tutta la sua durata, e ti permette di vivere esperienze che non avresti mai potuto vivere, neanche in altri giochi, o in altri tipi di media. Ma c’è anche il lato gameplay: il giocatore che si trasforma da qualcuno che è terrificato a morte fino a diventare un killer di orde verso il proseguire dell’avventura, un giocatore che diventa davvero in grado di affrontare questi nemici nell’open world verso la fine del gioco, e che riesce a sconfiggerle in una marea di modi diversi (e questo sta al giocatore). Tutto ciò rende unico Days Gone, e i giocatori saranno molto sorpresi nel vedere un mondo così dinamico e dove i sistemi sono tutti collegati tra loro, tutti imprevedibili. Magari anche se si vedono i video pubblicati su YouTube, si rimane a bocca aperta nel vedere quanto siano diverse le esperienze di gioco per ogni giocatore.

Domanda: per quanto riguarda Deacon, si può dire sia un personaggio più complesso del solito. Perché avete scelto lui come protagonista del gioco?

John Garvin: Beh, come ho già detto, è un motociclista, che si sente in qualche modo disorientato, tradito dalla vita, e tu sfidi questo personaggio guidandolo per il mondo, mettendolo in condizioni tali da dover compiere delle scelte, delle scelte molto difficili. E allora bisognava fare qualcosa di credibile, qualcosa che riprendesse il senso della condizione umana, qualcosa che permettesse l’immedesimazione, che permettesse un’evoluzione, nel farci compiere delle scelte che magari avremmo rimpianto, alla fine, che instaurasse il senso di perdita. Quindi questo è alla base, e bisogna considerare che poi i personaggi con i quali stai vivendo per così tanto tempo, quelli che aiuti a sopravvivere, a prendere decisioni, sulla base di come sarebbe meglio per loro vivere, creino empatia, un tipo di empatia che non troviamo in altri media. Così credo che Deacon St. John sia un personaggio complesso fin dall’inizio, e poi qualcosa gli succede, e lo si scopre e lo si vede mentre matura, cambia davanti ai nostri occhi, nel corso delle ore di gioco. E questo è proprio ciò che mi piace, questo tipo di storytelling in un media del genere.

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Amante della musica, della scrittura e della lettura, ha una gatta nera che le fa compagnia. Tra i suoi hobby, videogames e fumetti, con i quali evade dal mondo sintetico e monotono della quotidianità.