La nota azienda cinese Xiaomi ha ormai fatto breccia nel cuore degli europei (e anche nei loro mercati). La loro politica di basso ricavo (hanno infatti detto che non vogliono marginare sulle vendite più del 5%) è una delle loro armi più forti. Un altro vantaggio che l’azienda possiede è la community, punto di forza e grande supporto di feedback. L’ultima mossa che però il produttore di smartphone ha applicato non è piaciuta più di tanto.
Secondo un recente comunicato rilasciato dalla stessa Xiaomi, da adesso i dispositivi global e quelli cinesi non andranno più tanto d’accordo. Nel dettaglio:
- un device cinese non potrà far girare le ROM Global (Beta e Stable)
- un device Global non potrà far girare le ROM cinesi(Stable e Developer)
Il risultato di un’azione del genere? Il brick del telefono.
Tutto questo ha una valenza economica non da poco: Xiaomi ha ormai investito nel mondo fuori dalla Cina, e questo comporta delle spese varie (spedizioni, tasse, VAT). Togliere vendite al mercato global per favorire quello cinese darebbe in primis un cattivo resoconto dettagliato delle vendite, e inoltre creerebbe danno a tutti quei punti vendita aperti ultimamente nel mondo (tra cui due a Milano). Naturalmente l’internet è esploso in un urlo generale di dissenso, ma d’altra parte i veri smanettoni del caso – previo sblocco del bootloader – potranno sempre affidarsi a quelle ROM custom create dagli utenti, che forse ora potrebbero tornare in auge (erano cadute in disuso proprio a causa della compatibilità delle ROM global).