E’ ormai sotto gli occhi di tutti quale sia stata l’evoluzione del mercato tecnologico in questi ultimi anni e quali prodotti sono divenuti indispensabili nella vita di ogni giorno. CI troviamo in un contesto sempre più rivolto all’immediatezza e alla responsività. La connessione costante ad una sovrastruttura digitale, la rete, nella quale ci si proietta per i fini più diversi, ha favorito un destro alla nascita di una nuova modalità di interazione con cose, persone e ambienti. Alla base di tale “evoluzione”, lasciando passare il termine con un certo alone nella positività o meno della sua accezione, alcuni dei tasselli fondamentali sono forse, o quasi sicuramente, gli strumenti che hanno permesso ad essa di avvenire. Smartphone, tablet, PC, 2in1 ibridi, sono tutti prodotti che in un modo o in un altro hanno mutato il nostro modo di agire, ed è interessante capire quali tra i marchi alla base di questi, hanno maggior potere di azione nel mercato odierno, e quali tra essi risulta essere altrettanto interessante come focus. Le potenze del settore mobile sono sicuramente ad oggi Apple, Samsung e Huawei, ma vi sono altre compagnie che seppur poco nominate o comunque emergenti nel nostro mercato come OnePlus, Xiaomi e OPPO, rappresentano, non tutte, dei colossi di immani dimensioni in mercati molto più grandi e vasti come quello cinese e indiano. E’ proprio su uno di essi, Xiaomi, che è interessante volgere lo sguardo in questo frangente temporale.
La scelta di indagare sul marchio Xiaomi parte dalla sua enorme crescita nel nostro mercato in questa precisa finestra temporale: poco tempo fa rappresentava infatti solamente un prodotto di nicchia, nemmeno venduto ufficialmente nei nostri mercati ma che attraverso alcune Rom modificate si rendeva utilizzabile. Era strettamente legato ad un target di utenti consapevoli che mettendo mano al software, avrebbero avuto tra le mani un device poco noto, ma prestante e a prezzi vantaggiosi. Ora con l’arrivo di due Mi Store in Italia sta percorrendo a grandi linee il sentiero tracciato già precedentemente da alcuni altri competitors, ma con alcune sostanziali differenze.
Xiaomi nasce nel 2010 con la partecipazione di ben 8 co-fondatori, tra cui vari venture capitalist e Qualcomm, noto produttore di processori. La startup nel triennio consecutivo alla propria nascita riesce ad ottenere dei risultati esageratamente alti. Xiaomi ha infatti ottenuto sin da subito una crescita strepitosa e nel 2014, la società si è posizionata al terzo posto tra i maggiori produttori di smartphone al mondo. Il 2015 ha fissato a 45 miliardi di dollari il valore complessivo della compagnia. Durante la fine del 2017 vi è anche l’approdo sul mercato italiano del colosso cinese. Proviamo ora a sciogliere passo passo i nodi che hanno rappresentato questa grande crescita partendo dalla mission di impresa per passare all’evoluzione del target di utenza finendo poi per le mosse pratiche che ha effettuato per entrare all’interno dei nuovi mercati e contrastare la concorrenza.
Mission Xiaomi
L’approccio iniziale di Xiaomi è sempre stato orientato a concedere più rilievo all’utenza e ai suoi bisogni rispetto all’ottenimento del profitto. I prodotti Xiaomi sono infatti noti per il loro ineguagliabile rapporto qualità-prezzo che ha permesso che si creasse intorno al marchio un clima di benevolenza e una community di fan, che hanno sorretto Xiaomi e che viceversa quest’ultima ha sempre incoraggiato e spinto a crescere. Xiaomi ha mosso i primi passi sull’ambito del mobile carpendo lo stile e il design da Apple (motivo per il quale veniva chiamata la “Apple cinese”) ma differenziandosene per target di utenza. I loro clienti infatti non erano persone dagli alti budget, ma soggetti che desideravano qualcosa che richiamasse lo stile “premium” con prezzi più competitivi, cosa che continua seppur con più margine anche ora. Non è un caso che anche i Mi store si rifacciano allo stile Apple o che l’amministratore delegato Lei Jun abbia emulato le presentazioni dei prodotti seguendo la falsa riga della mela.
Asset Importanti Xiaomi
Tra i vari punti di forza, due sono gli asset nel business di Xiaomi che si sono rivelati essere fondamentali: la sua community e la diversificazione di prodotto-mercato, nella strategia imprenditoriale. Dando uno sguardo alla prima, non è da sottovalutare il lavoro preparatore che essa ha compiuto prima che l’impresa entrasse effettivamente in un differente mercato. Lo abbiamo visto in Italia, come siano stati i possessori consapevoli di device Xiaomi a consigliare e creare un passaparola positivo, tale da fare un minimo di preparazione “dall’interno” sull’utenza target. Utenza che pian piano è poi stata soddisfatta con un’esperienza utente migliorata grazie alle miriadi di Rom Custom e poi Global ufficiali che hanno facilitato non di poco l’utilizzo degli smartphone, sino all’arrivo definitivo del marchio sul mercato, sempre procedendo con l’esempio italiano, con due store ufficiali.
Il secondo elemento è la diversificazione di prodotto-mercato che ha permesso a Xiaomi, tramite l’esternalizzazione di alcuni processi produttivi, di inglobare all’interno della sua offerta complessiva prodotti che seppur molto lontani dall’ambito mobile portano comunque il loro marchio o dei marchi che fanno capo ad essa. La diversificazione ha sicuramente aperto delle fonti di revenue collaterali a quella della vendita di smartphone e posto le basi per un ecosistema embrionale, che in futuro potrà divenire sempre più interconnesso, nonostante già in parte lo sia.
Entrata nel mercato di Xiaomi
Come precedentemente accennato, Xiaomi si è posizionato all’interno del mercato, in una fascia di prezzo altamente competitiva nonostante i suoi prodotti avessero una componentistica di tutto rispetto. Piuttosto che scegliere un prezzo di scrematura, la compagnia ha optato per un prezzo di penetrazione al fine di aggredire il suo target di riferimento, nonostante i margini di profitto più risicati rispetto ai competitors. Potendo fare un paragone e facendo l’esempio sul nostro mercato, ha utilizzato più o meno la strada percorsa da Huawei. Ha inizialmente abbattuto le barriere all’acquisto attraverso dei prezzi molto competitivi. Gli utenti soddisfatti hanno catalizzato il passaparola positivo e il marchio ha acquistato credibilità agli occhi di coloro i quali non ne conoscevano l’esistenza. Questa fase ha molto in comune con l’ascesa di Huawei in Italia, ma presenta comunque delle sostanziali differenze. Una di questa è sicuramente, come accennato, la presenza di una community forte che ai tempi Huawei non possedeva, e d’altra parte una differente gamma di prodotti acquistabili, se consideriamo l’ecosistema intero e di conseguenza segmenti di clientela diversi da raggiungere.
Se la prima fase è sostanzialmente una fase nella quale il marchio inizia a controllare alcuni canali di vendita ben precisi e cerca di acquistare credibilità, la seconda parte è alquanto tattica. Anche questo secondo step possiamo associarlo in un certo senso al modo in cui Huawei ha tassellato la fascia bassa e media di smartphone. Facendo il paragone, sempre con le dovute differenze, Xiaomi come Huawei sta infatti iniziando a saturare in modo sempre più massiccio la fascia dei bassi/medio gamma. Nel momento in cui la compagnia inizia ad acquistare visibilità e credibilità si genera domanda. Domanda consapevole e inconsapevole. La prima ha chiaro ciò che vuole, conosce i device e sceglie con una propria razionalità. La seconda è sicuramente una domanda meno conscia che procede all’acquisto a seguito di passaparola o curiosità. E’ questo il momento in cui si procedere al saturare la fascia guadagnando scaffali e facendo in modo che il prodotto sia visibile ovunque e reperibile da chiunque ne abbia interesse.
A questa seconda fase è possibile sussegua uno step di differenziazione rispetto ai marchi più grossi con la creazione di un’identità ancora più personale nel nostro mercato. I prodotti hanno infatti alcune affinità o somiglianze con i marchi più blasonati, contaminazione data anche, in parte, dal Band Wagon Effect, al fine di preservare le vendite, infatti si tende a seguire le orme delle capofila. Sono queste le riflessioni che a nostro avviso si evincono dalla scalata di Xiaomi fatta sino ad ora.