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Thronebreaker: The Witcher Tales – Recensione, si gioca a Gwent anche su Switch

Negli ultimi anni i videogiochi legati alle carte collezionabili sono spopolati: abbiamo visto la trasformazione del gioco di World of Warcraft in Hearthstone, l’arrivo di Magic con MTG Arena e molti sistemi “clone” che riportavano meccaniche più o meno fantasiose su dispositivi mobile. Abbiamo anche appurato come alcuni brand abbiano avviato un’opera di creazione: Artifact è stato il tentativo di Valve mentre ora stiamo assistendo a Runeterra di Riot. Se però c’è sempre stata una cosa che mi ha affascinato, è il terrore che i brand hanno di proporre qualcosa di diverso, anche minimamente diverso dallo “standard”. Per questo sono un grande fan di Gwent, delle sue meccaniche particolari e, soprattutto, della sua quasi totale mancanza di fattore “fortuna”. Non essendo l’unico, ovviamente CD Projekt Red ha colto l’occasione creando, da un semplice minigioco per The Witcher 3, un titolo standalone di carte collezionabili, e successivamente un’avventura dedicata che sfrutta il Gwent come meccanica principale di gioco: parliamo di Thronebreaker: The Witcher Tales, e questa è la recensione della versione per Switch.

Uguale ma diverso

Come già detto spesso, il gioco punta molto sulla trama: essa riguarda la regina Meve del regno di Lyria e Rivia e la sua avventura. Se quindi Geralt non è protagonista di questo titolo, il segno indelebile della saga è comunque evidente: il bene e il male – e dopo aver visto la serie tv dovreste averlo capito – non sono mai ben definiti, e spesso un male minore serve per un bene maggiore. Questo la regina Meve lo sa, e questo sarà il grande scoglio che, portando all’esasperazione (in senso positivo) il giocatore, vi catapulterà subito in un’avventura davvero vicina a quelle che già conoscete. Per il resto, l’opera punta a raccontarvi tutto ciò tramite dei dialoghi che potrete avviare viaggiando in questa mappa isometrica, dove controllerete il vostro personaggio e, in base al percorso che sceglierete e alle missioni che farete, anche eventuali alleati. Proprio queste missioni, che affiancheranno esplorazione e combattimenti (di cui parleremo a breve) sono il cuore del titolo, che arriva a durare sulle 35/40 ore nella sua completezza.

Ovviamente gli alleati scenderanno in campo come carte da gioco nel vostro mazzo: potenti e con un background dietro, così per mantenerle dovrete stare attenti alle scelte che farete. Basterà infatti andare spesso contro una certa ideologia di una di queste carte (personaggio), ed essa potrebbe abbandonarvi per sempre, cambiando persino le sorti delle vostre partite future.

Il succo del discorso (e del gioco)

Ovviamente questo titolo, non essendo un capitolo principale di The Witcher, deve differire in qualcosa: ci riferiamo proprio al sistema di combattimento, o meglio, della sua totale assenza. Il gioco infatti trasforma ogni battaglia in una partita a Gwent: ovviamente non aspettatevi che la regina Meve si metta a giocare a carte per sconfiggere mostri. Semplicemente, questi scontri sono “trasposti” in delle partite a Gwent, dove alcune regole vengono persino piegate in favore della storia e degli avvenimenti. In questo modo quindi, oltre che ad adottare il sistema standalone (abbandonando le tre linee di Wild Hunt in favore di sole due), ogni partita avrà avvenimenti unici, effetti speciali e qualche colpo di scena che lasceremo scoprire a voi.

Un altro modo geniale in cui viene sfruttato il Gwent in modo diverso riguarda gli enigmi: secondari per la storia principale, daranno al giocatore un campo di battaglia già “apparecchiato” e delle carte specifiche, oltre che degli obiettivi e delle regole da rispettare, variando ancora il sistema di gioco base in qualcosa di unico e originale. Questi figurano come la vera sfida, visto che le battaglie con la IA che farete nel corso del gioco non risulteranno tanto difficili, soprattutto se siete avezzi al Gwent. Abbandonando infatti le partite multiplayer, il titolo scorre veloce e facile per chi già conosce le dinamiche di gioco, soprattutto se poi ad accompagnare il tutto ci pensa un mazzo che vi siete costruiti decisamente forte e versatile.

Per il resto, Thronebreaker: The Witcher Tales sbarca su Nintendo Switch in forma smagliante: 1080p e 30 fps stabili accompagnano la versione docked, mentre in modalità portatile scene a 720p, senza perdere però qualità o fluidità. Per il resto, il gioco è una perla per chi ama il Gwent, per chi si è appassionato alle avventure dello strigo e ne vuole ancora o semplicemente, per chi vuole approcciare il mondo di The Witcher senza però cadere nella longevità spropositata del terzo capitolo.

Thronebreaker: The Witcher Tales

8.5

Arriva su Nintendo Switch lo spin-off di The Witcher basato sul Gwent, e lo fa al massimo: qualitativamente eccelso, il gioco viene riportato così com'era su PC e torna tra battaglie di Gwent, trame intriganti e il solito confine labile tra bene e male, caratteristico della serie. Così come i plus, il titolo si porta dietro anche tutti i suoi problemi originali, come la trama non sempre accattivante e la semplicità delle partite. Se la prima cosa non è risolvibile, per la seconda ai giocatori esperti basterà addentrarsi negli enigmi, vere e proprie sfide che vi faranno strappare i capelli dalla testa.

Simone Lelli
Amante dei videogiochi, non si fa però sfuggire cinema e serie tv, fumetti e tutto ciò che riguarda la cultura pop e nerd. Collezionista con seri problemi di spazio, videogioca da quando ha memoria, anche se ha capito di amarli su quell'isola di Shadow Moses.

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