Immaginate di svegliarvi in una stanza e di non avere idea di dove vi troviate. Siete stati rapiti, e la vostra unica speranza è quella di esplorare la misteriosa abitazione nei brevi lassi di tempo nei quali il vostro rapitore non si trova all’interno di essa. L’obiettivo? Trovare la pistola nascosta ufficio e fuggire prima della fine della settimana. C’è tuttavia un problema: tutto ciò che toccherete o sposterete deve essere rimesso esattamente dove si trovava, altrimenti il vostro rapitore se ne accorgerà.
Che cos’è There’s a Gun in the Office?
Partiamo da una premessa importante: There’s a Gun in the Office non è un videogioco vero e proprio, ma di un’esperienza della durata di trenta minuti, un’opera che viene pubblicizzata con la tagline “simulatore di stress“. La componente horror del titolo, quindi, è legata quasi esclusivamente alla costante sensazione di ansia e angoscia che aleggia per tutta la sua breve durata.
Questo gioco, infatti, si basa sulla furtività e sulla pianificazione meticolosa delle proprie azioni. Il giocatore avrà a disposizione cinque giorni, dal lunedì al venerdì, per scoprire indizi, raccogliere gli oggetti necessari e avvicinarsi sempre di più alla tanto agognata pistola. Dopo aver esplorato la casa e aver fatto ritorno nella stanza nella quale siete relegati, dovrete essere certi di aver lasciato tutto com’era prima del vostro passaggio.
Per esempio, per aprire le varie porte presenti nell’abitazione avrete bisogno di specifiche chiavi che si trovano su delle mensole o in un alcuni cassetti. Quando il tempo comincerà a stringere e dovrete quindi fare ritorno nella vostra stanza, le chiavi in questione dovranno essere riposizionate esattamente dove le avevate trovate. Ad aumentare la difficoltà del tutto subentra il fatto che il posizionamento delle suddette chiavi cambierà a ogni partita. Ogni giornata, inoltre, sarà più complessa della precedente e il numero di oggetti da utilizzare aumenterà sempre di più, e di conseguenza aumenterà anche la difficoltà nel ricordare con esattezza la loro posizione nella mappa di gioco nel momento nel quale andranno riposizionati.
La tensione aumenta con il passare dei giorni e l’atmosfera ansiogena viene resa magistralmente dai suoni ambientali. Rumore di passi e di porte che vengono aperte e chiuse dalla stanza accanto, o l’inconfondibile suono di un ascensore, sono tutti elementi che rendono l’esperienza incredibilmente stressante ma al contempo appagante. Il titolo, infatti, si distingue da altre esperienze in prima persona similari per la costante sensazione di timore e urgenza. Ogni decisione ha un peso e la precisione necessaria per nascondere le proprie tracce aggiunge un livello di tensione che ti tiene col fiato sospeso. Quando riuscirete a tornare nella vostra stanza e concluderete la giornata mettendovi a letto, tirerete un sospiro di sollievo.
Dato che la figura del rapitore è solo suggerita e mai mostrata, la paura è a tutti gli effetti astratta. Pertanto subentrerà in voi un senso di paranoia che vi farà dubitare di aver coperto efficacemente le vostre tracce. Questo senso di urgenza e angoscia, però, viene leggermente sgonfiato dalla presenza in corridoio di una mappa dell’abitazione che tiene traccia delle vostre interazioni e degli eventuali errori commessi. Tale elemento di gameplay da un lato facilita le cose, ma dall’altro vanifica la principale fonte di ansia del gioco, ovvero l’ignoto.
Conoscere la planimetria completa dell’appartamento riduce il senso di inquietudine nell’esplorare un luogo a noi sconosciuto e sarebbe stato meglio se la mappa in questione mostrasse solo le stanze scoperte fino a quel punto. Inoltre sarebbe stato più interessante se gli errori commessi dal giocatore avessero delle conseguenze nel gameplay, con il rapitore che modifica la mappa di gioco in modo procedurale, con ostacoli o trappole.
Conclusioni
Questa mancanza, però, è una precisa scelta dello sviluppatore del titolo, ossia Maciej Dyjas, il quale ha deciso di creare un’esperienza minimale dove il concetto di stress e di minaccia invisibile venissero articolati non da un gameplay complesso, ma da una fruizione immediata e semplice. In tal senso, There’s a Gun in the Office riesce perfettamente nel suo obiettivo e, al netto dei difetti e limiti riscontrati fin qui, nel suo complesso risulta un’esperienza accattivante e interessante.
Come detto, There’s a Gun in the Office dura appena trenta minuti circa, seppur sia rigiocabile al fine di sbloccare tutti e tre i finali. La sua breve durata, comunque, non è necessariamente un difetto, dato che un titolo che punta a infondere una forte sensazione di stress nel giocatore dalla longevità più elevata sarebbe stato difficile da gestire. Se volete provare esperienze nuove e che non vi rubino troppo tempo, There’s a Gun in the Office potrebbe fare di certo al caso vostro.