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Home › Games › Recensione › The Walking Dead: Saints & Sinners – Recensione dell’horror per VR

The Walking Dead: Saints & Sinners – Recensione dell’horror per VR

Ecco la nostra recensione di The Walking Dead: Saints & Sinners, titolo sviluppato da Skydance Interactive per la realtà virtuale.

Andrea Pellicane Di Andrea Pellicane
17 Agosto 2020
in Games, Recensione
The Walking Dead: Saints & Sinners
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La nascita della serie The Walking Dead targata HBO nel 2010, la quale non ha ancora ricevuto un finale e continua a essere apprezzata in tutto il mondo, non ha fatto che consolidare il brand nato con il noto fumetto, il quale è riuscito a dare la giusta scintilla per far decollare l’universo narrativo governato dai non morti sotto altre prospettive. Il panorama videoludico è forse quello più pregno sotto questo punto di vista; da apprezzate saghe come l’avventura di Clementine in Telltale’s The Walking Dead, a produzioni meno riuscite come Overkill’s The Walking Dead, ne abbiamo viste davvero di tutti i colori. Il brand di Skybound Entertainment ha toccato tuttavia un’altra vetta inaspettata grazie allo sviluppatore Skydance Interactive: quella della realtà virtuale. Gli zombie sono arrivati nei caschetti dei giocatori, attraverso The Walking Dead: Saints & Sinners, titolo disponibile per PC e PlayStation 4.The Walking Dead: Saints & Sinners

Il titolo si discosta pienamente dalle avventure dell’universo narrativo in questione, proponendo tuttavia un concept ben simile all’idea di zombie brevettata nella saga, che viene anche in questo leggermente variata grazie ad alcuni particolari, ma che si propone bene o male con le stesse caratteristiche. Orde di zombie, lenti ma forti, infestano infatti le strade di una New Orleans post-apocalittica, allagata e con mancanza di risorse in ogni luogo, ma che dovrà essere percorsa dal giocatore. Non perdiamoci in chiacchiere quindi, degli erranti potrebbero essere in agguato, e scopriamo nelle prossime righe cosa ci ha proposto l’esperienza di The Walking Dead: Saints & Sinners durante le nostre sessioni con Oculus Rift S.

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A spasso per New Orleans

Come già accennato, l’avventura si struttura in una New Orleans post-apocalittica, dove il giocatore ha il compito di passare di giorno in giorno da un capitolo al successivo, muovendosi fra i 10 paragrafi presenti. La partenza dell’avventura avviene tuttavia in un cimitero ben delimitato, dove la trama ha inizio. Questa non è particolarmente incalzante, e la sola lingua inglese riesce in effetti a rendere la stessa poco accattivante per molti, creando per certi versi disinteresse rispetto alla formula ludica offerta, la quale punta nel catturare il giocatore. L’utente si ritroverà quindi a compiere alcune missioni secondarie fornite da sopravvissuti buoni, girovagando giorno per giorno nelle zone, senza fermarsi nella ricerca degli strumenti necessari a portare avanti lo svolgersi della campagna principale. Il punto di riferimento resta sempre il solo cimitero, nel quale il giocatore può riposare ogni volta, ripristinandosi e potenziandosi all’occorrenza. Il suo campo base è un bus posto nel tetro luogo, ormai disabitato, ma ben adibito per sostare e riprendere il fiato.

All’esterno dello stesso sono presenti poi degli speciali fogli, i quali sono divisi in branchie ben precise, e permettono di creare vari utensili o di potenziare alcune features del protagonista. I mille oggetti trovati in missione, nel caso in cui non risultino utili ai fini del gameplay, potranno essere riciclati nel suddetto campo base, al fine di ottenere materiale necessario per le varie ricette, che permetterà quindi di evitare un game over di troppo nelle fasi avanzate dell’opera. Ormai esausto, alla fine della giornata il sopravvissuto controllato dall’utente finisce per risposare. Tuttavia, all’arrivo del mattino, il numero degli erranti aumenta di volta in volta, mentre quello delle risorse diminuisce, e le stesse vengono riposizionate in maniera causale negli scenari. Non è quindi il caso di passare troppo tempo nel completamento di ogni anfratto, ed è necessario avere gli obiettivi principali sempre in mente una volta scesi in campo nelle missioni, al fine di concludere la campagna in una decina di ore circa ed evitare quanto più possibile i pericoli posti nelle strade della città.

The Walking Dead: Saints & Sinners e il realismo

Il tutto si riassume in un survival sicuramente interessante, ma non di certo innovativo, fatta eccezione per il suo gameplay brevettato per la realtà virtuale, e superlativo nella stessa. Ogni azione che il giocatore può compiere viene esplicata in un tutorial chiaro e conciso, nel quale è possibile fare la conoscenza di alcune armi bianche e delle bocche da fuoco, come di qualche tecnica per sfuggire alle morse degli infetti. Le interazioni vengono eseguite attraverso dei movimenti reali, che potranno essere accompagnati da delle impostazioni minimali ma ben realizzate, le quali evitano con ogni probabilità fenomeni di motion sickness.

The Walking Dead: Saints & Sinners

Il gameplay di The Walking Dead: Saints & Sinners è davvero sorprendente e piacevole

Dal prendere un’ascia con due mani, all’infilzare la testa di uno zombie con un coltello mentre la si tiene con l’altra mano, delle routine viste migliaia di volte risultano quanto mai magiche e divertenti, e rendono il combattimento con gli infetti – gli stessi che per molti sono ormai venuti a noia a causa della loro popolarità – unico e mai visto prima. A migliorare il gameplay troviamo una fisica ben realizzata, considerando almeno le attuali possibilità della realtà virtuale, la quale punta a dare un’entità ben specifica a ogni oggetto, che difficilmente risulterà uguale a un altro. Usare una bottiglia rotta come arma è ben diverso dal brandire un’ascia con una o due mani, e i colpi netti da sferrare per rompere il cranio degli infetti, com’è ovviamente tradizione per un’avventura con i morti viventi, risultano ben differenti.

Lo stesso vale anche per le armi da sparo, che si ricaricano tutte in maniera realistica e sempre diversa, in base alla struttura della bocca da fuoco in questione, e permettono di colpire a distanza i nemici grazie al discreto sistema di shooting presente. Per facilitare le uccisioni, è sempre possibile avvicinarsi ai nemici, al fine di usare una mano per tenere la testa di un errante e colpirla con maggiore calma, una volta appurato che non ci siano altri suoi simili a dar filo da torcere al giocatore. Com’è anche in questo caso prassi, la forza la fa il gruppo, e salvo per gli incontri con sopravvissuti ancora in vita, risulta davvero difficile morire contro un numero infimo di nemici, che tendono tuttavia a moltiplicarsi a causa del rumore prodotto durante il movimento e negli scontri. In tutto questo, è necessario spesso consultare il taccuino posto nel taschino del protagonista per ottenere informazioni riguardanti la mappa e la missione principale.

Questo è posto sulla parte destra del petto, ma bisogna anche illuminare gli anfratti bui con una torcia, posizionata invece sulla sinistra, che andrà spesso sbattuta per evitare pericolosi inceppamenti. Non fa eccezione lo zaino, da tirar fuori dalle spalle, che potrà contenere una buona moltitudine di oggetti fin dall’inizio, e andrà riempito di volta in volta per portare un buon bottino a casa, o consultato in caso di ferite o armi da cambiare. Di mani ne abbiamo solo due, ed è qui che viene messo in gioco il realismo della realtà virtuale, che obbliga il giocatore a eseguire ognuna di queste azioni in ambienti spaventosi, mentre è continuamente braccato da qualunque presenza, che questa sia interessata al suo cervello o ai suoi averi.

Oscuro e… ripetitivo

L’opera manca di profondità in diverse caratteristiche, come il comparto narrativo, e risulta in poco tempo alquanto ripetitiva

A rendere The Walking Dead: Saints & Sinners un prodotto sicuramente ben riuscito, almeno per il genere di riferimento, non ci sono solamente delle meccaniche di gioco ben strutturate per la realtà virtuale. Il risultato è infatti garantito dalle emozioni che il giocatore prova una volta indossato il caschetto, mentre si trova a vagare tra le oscure strade della città, guardandosi intorno e stando attento a ogni possibile gemito o rumore. L’opera riesce davvero a immergere nell’apocalisse in questione, creando la giusta angoscia e paura. Il comparto grafico e l’illuminazione rendono perfettamente per lo scopo, e il risultato finale appare in termini di colpo d’occhio migliore di quanto ci si aspetti. Nella città brulicante di pericoli, tuttavia, sarà facile perdersi a causa di un level design davvero poco certosino, e di una ripetitività delle costruzioni e degli asset che mina in particolar modo l’avvincente esplorazione, che perde di significato in degli ambienti continuamente monotoni. I nemici presentano lo stesso problema, ma il loro stile che ricorda quello dei fumetti – quasi da tradizione Telltale – risulta perlomeno ben realizzato. Il gameplay in sé per sé può diventare a lungo andare ripetitivo, ed è anche per questo che il gioco spinge l’utente a terminare l’esperienza senza perdersi in fronzoli, un fattore che limita di conseguenza la rigiocabilità e la libertà.

Recensione
  • The Walking Dead: Saints & Sinners
    8Voto Finale

    Esplorare le strade post-apocalittiche a tema zombie non è stato mai bello come in The Walking Dead: Saints & Sinners, titolo per realtà virtuale che riesce a portare nei caschetti l'angosciante mondo del famoso brand. L'opera riesce a dare le giuste sensazioni, e offre un gameplay realistico e sorprendente, che tuttavia finisce per risultare alla lunga ripetitivo, proprio come il level design e le ambientazioni della New Orleans proposta. Sicuramente un must per gli amanti dell'horror, che tuttavia si troveranno fra le mani un'esperienza non sufficientemente profonda sotto diversi aspetti, a partire dalla narrazione poco ispirata e non localizzata nel nostro paese.

    Tags: Skybound EntertainmentSkydance InteractiveThe Walking Dead: Saints & Sinnersthe walking deadHTC ViveOculusPlayStation VREvidenzaPlayStation 4PCVR/AR
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    Andrea Pellicane

    Andrea Pellicane

    Nasce nel 2000 già possessore di una Playstation 1 e già appassionato di videogiochi. In tenera età scopre il mondo dell’informatica ed inizia la sua inutile corsa verso la bramatissima Master Race. Nonostante la potenza di calcolo sia la sua linfa vitale è alla perenne ricerca della varietà e di titoli indie che piacciono solo a lui, incurante del fatto che potrebbero funzionare agevolmente anche su un tostapane. Viene spesso avvistato mentre effettua incomprensibili ragionamenti (soprattutto per lui) legati all'economia. Eccelle particolarmente nel trovare i momenti meno opportuni per iniziare e divorare intere serie TV.

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