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Terminator: Destino Oscuro – Recensione, torna Linda Hamilton al fianco di Schwarzenegger

La meccanica del reboot non è cosa nuova per il brand Terminator: nato nel 1984 con un concept decisamente diverso da quello assunto nel sequel (uscito nel 1991) e nei successivi film, già con l’ultima pellicola, Terminator: Genisys, aveva tentato questo approccio. Esso infatti riscriveva alcuni avvenimenti del primo capitolo e portava su schermo una storia nuova, che purtroppo però non reggeva il paragone con i precedenti film. In effetti cambiare l’unica cosa che aveva funzionato nel corso degli anni è stato un errore (pagato con lo scotto di un flop al botteghino) e Terminator: Destino Oscuro impara proprio da tutto ciò nel decidere di collegarsi effettivamente a poco prima che succedesse l’irreparabile (con Terminator 3 – Le macchine ribelli). C’è da dire subito che questo progetto nasce dal fatto che James Cameron, mente dietro le prime pellicole, è riuscito a riacquistare i diritti del film, così da poter riavviare e allo stesso tempo concludere la saga cinematografica. La vera domanda è: dopo più di 30 anni dall’uscita del primo, ci sarà riuscito?

Squadra che vince

La trama, abbastanza lineare e di facile comprensione sia per i fan che per i neofiti (evitando di incastrarsi in grandissimi giri mentali dovuti ai viaggi nel tempo) vede il successo di Sarah Connor e del figlio John nel distruggere la Cyberdyne Systems, così da scongiurare per sempre la nascita di Skynet. Il problema dei viaggi nel tempo è che cambiando il futuro, cambiano anche i pezzi sulla scacchiera: sembra infatti che il pericolo sia tornato, stavolta sotto il nome di Legion, e che abbia inviato un Terminator, stavolta chiamato Rev 9, per uccidere il futuro della resistenza. Su questa scacchiera quindi scendono in campo vecchie glorie e new entry: abbiamo una fantastica Sarah Connor (Linda Hamilton), un eccezionale T-800 (Arnold Schwarzenegger), una giovane ragazza in pericolo di nome Dani (Natalia Reyes) e una possibile salvezza per quest’ultima, ovvero Grace (Mackenzie Davis). A vestire i panni del cattivo Terminator di turno stavolta c’è Gabriel Luna, che insieme a tutto il cast porta su schermo un’interpretazione ben strutturata, fuori dalle meccaniche binarie della sfida tra uomo e macchina, ma allo stesso tempo fedeli alla saga.

La trama si porta avanti per circa 2 ore di film, dove all’interno compariranno azioni spettacolari degne del brand, ovviamente però condite da una semplicità di trama ovviamente caratteristica del genere. Squadra che vince non si cambia, e questo detto sembra essere la fonte d’ispirazione sia per James Cameron (che ha scritto il soggetto), per gli sceneggiatori e per il regista Tim Miller (Deadpool). Tutto sommato ci saranno delle dinamiche capaci di non far intuire la trama fin dal principio, ma ciò che risalterà di più nella pellicola sarà di certo la riscrittura di due canoni del genere, che ormai nel 2020 non possono più essere presi per veritieri: che sia uomo, donna o macchina, le cose non sono sempre scindibili fra bianco e nero, e Terminator: Destino Oscuro si fa portavoce di questa tematica sotto svariati aspetti (mai però con il semplice fine del politically correct, ma più proprio per raccontare una storia capace di intrattenere e intrappolare lo spettatore).

I’ll be back (?)

Botte da orbi, azioni spettacolari, autocitazionismo spinto all’inverosimile e una buona dose di omaggi sono ciò che rendono Terminator: Destino Oscuro un film perfetto per i fan (dopo gli ultimi due), ma allo stesso tempo escludono un po’ quelle persone che non conoscono la saga (parliamo solo dei primi due film): più che giusto, visto che l’obiettivo dello staff è sempre stato quello di prendere la serie, farla ripartire e chiuderla. Purtroppo però queste due affermazioni vanno un po’ in conflitto tra loro: se da un lato non sembrava ci fosse bisogno di dare nuova linfa vitale alla trama, visto che comunque il canone di sceneggiatura seguito dalla pellicola è molto simile ai precedenti, dall’altro tutto il film non chiude davvero troppo le porte a futuri film. Probabilmente, ora che Cameron ha in cassaforte il brand, forse l’unico modo di scoprire nuove storie saranno i fumetti della Saldapress, eppure le basi per una nuova serie di film sono state gettate, e anche bene. D’altronde, quello che si capisce da Terminator: Destino Oscuro è che tutto il filone narrativo dei viaggi nel tempo per cambiare il futuro ha un po’ stancato, al punto che forse Terminator: Salvation probabilmente c’aveva visto giusto nel raccontare il futuro (grazie anche al fatto che ora i mezzi tecnici permettono di farlo davvero bene).

Terminator: Destino Oscuro

7.5

Un film che fa ripartire la saga e allo stesso tempo si pone di chiuderla (senza però farlo completamente). Terminator: Destino Oscuro forse non avrà le idee chiare per ciò che riguarda il futuro, ma come nei precedenti due film canonici (gli altri sono ormai stati eliminati) ciò che importa è il presente, e questo è forse proprio quello che i fan volevano. Azione, adrenalina, qualche battuta e un autocitazionismo ben ponderato permette allo spettatore di godersi il film, ripartire da un punto in cui le cose erano diverse e, soprattutto, capire che è il momento di andare avanti. Che questo avanti sia con una saga definitivamente chiusa o con un nuovo film, solo il tempo potrà dircelo.

Simone Lelli
Amante dei videogiochi, non si fa però sfuggire cinema e serie tv, fumetti e tutto ciò che riguarda la cultura pop e nerd. Collezionista con seri problemi di spazio, videogioca da quando ha memoria, anche se ha capito di amarli su quell'isola di Shadow Moses.

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