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Ryte: The Eye of Atlantis – Recensione, gli enigmi arrivano in VR

Anche in questo 2021 alcune software house decidono di far sbocciare alcune opere dedicate alla realtĂ  virtuale, mondo che non accenna a fermarsi ed esige invece degli standard qualitativi sempre maggiori. Mentre gli sviluppatori piĂą grandi hanno puntato completamente su questo mercato in crescita, offrendo veri e propri giochi completi per il suddetto universo, altri hanno improntato le loro produzioni solo su alcuni aspetti piĂą marginali dei VR, per potercisi concentrare e far felici gli appassionati di determinati generi. Pronto a dominare il mondo dei titoli puzzle, Ryte: The Eye of Atlantis fa quindi oggi il suo debutto sulla piattaforma di Steam grazie allo sviluppatore e publisher Orichalcum Pictures, che ha collaborato con l’occasione con Ebim Studio, Digiteyes e VR-Connection.

Portandoci in un’avventura a metĂ  fra storia e fantasia, il giocatore dovrĂ  infatti usare la fisica – e le sue mani – per risolvere molti enigmi, che assieme ad alcune scelte morali scandiscono lo scorrere degli eventi fino ai titoli di coda. Analizziamo quindi cosa propone nello specifico Ryte: The Eye of Atlantis, che abbiamo avuto modo di provare in anteprima su Oculus Rift S nel corso degli scorsi giorni.

Ryte: The Eye of Atlantis

Verso il destino di Atlantide

Un po’ a causa del classico impatto del VR, un po’ a per la peculiare storia di Ryte: The Eye of Atlantis, al primo incontro con il mondo di gioco sarĂ  facile ritrovarsi alquanto spaesati. Per fortuna un tutorial chiarisce velocemente i principali comandi di gioco, nonchĂ© l’incipit narrativo dell’esperienza. L’utente impersona i panni di un cliente, che si reca in una particolare agenzia per ripercorrere in prima persona gli eventi di Atlantide, con l’obiettivo di evitarne la caduta. Alcune scelte morali durante l’esperienza cambieranno inoltre il finale di gioco, per un totale di quattro possibili combinazioni.

La narrazione procede piuttosto lenta, essendo un titolo basato sugli enigmi è necessario che il giocatore risolva ovviamente i vari rompicapo per avanzare negli scenari, rompendo quindi continuamente il ritmo. Si tratta di una necessitĂ  del genere ovviamente, che viene compensata dalla presenza di un comparto narrativo piuttosto interessante, anche se non superlativo. Avanzando nella storia il giocatore si trova a vivere in ogni scenario degli enigmi progettati per la VR, che all’infuori dei visori non avrebbero vita lunga. Questi formano praticamente l’intero comparto ludico e sono per fortuna la parte meglio riuscita del gioco, ma non lasciano facilmente a bocca aperta.

Il loro essere relegati ai visori è in realtĂ  un punto di forza e di debolezza. Da un lato mettere mano (per davvero) a dei meccanismi per farli funzionare è estremamente affascinante, capita infatti di risolvere rompicapi svolgendo azioni semplici ma realistiche, come prendere un oggetto sotto a un tavolo piegandosi per davvero. Tuttavia, il tutto non brilla particolarmente per la genialitĂ  e gli enigmi non fanno gridare al miracolo per la loro costruzione. Le pochissime interazioni con il mondo sono poi piuttosto approssimative e per nulla precise, nonchĂ© a lungo andare davvero irritanti, è facile mettere un oggetto nello zaino per errore, o lasciarlo cadere e non riuscire piĂą a trovarlo. Risulta poi davvero difficile riuscire a fare al primo tentativo quello che si vuole, specialmente quando il gameplay viene arricchito dall’arrivo di ulteriori meccaniche. Manca lo sprint che può rendere degli enigmi per VR davvero unici, che si trova solo in degli sprazzi di alcune sessioni, dove la la quarta parete viene rotta per qualche istante con successo e nessun problema tecnico si trova a fare capolino.

Ryte: The Eye of Atlantis

Il mondo in VR di Ryte: The Eye of Atlantis

Graficamente il gioco parte col piede giusto, offrendo in diverse occasioni scorci interessanti, senza però raggiungere il livello di altre produzioni e risultando piuttosto limitato in bene o male tutte le riproposizioni presenti nei vari scenari. Sul livello artistico – nonostante siano presenti chicche interessanti, che faranno felice chiunque si appassionerĂ  alla storia di Ryte: The Eye of Atlantis – il tutto è piuttosto anonimo e spoglio nella costruzione dei vari modelli e scenari, i quali non brillano in particolar modo nonostante risultino alquanto ristretti e con poca interattivitĂ  possibile. Difficilmente vi verrĂ  in mente di avvicinarvi a un dato oggetto per ammirarlo, nĂ© è spesso possibile vedere il mondo di gioco reagire alle alle azioni del giocatore.

Approcciandovi con Ryte: The Eye of Atlantis avrete modo di impostare alcuni dettagli, sia per quanto concerne la grafica – con un’ottimizzazione piuttosto riuscita in generale – sia per la localizzazione. Purtroppo, nonostante i testi siano stati tradotti anche nella nostra lingua, il lavoro svolto non è particolarmente riuscito, ma le frasi riescono comunque a essere chiare in quasi tutte le situazioni. Manca completamente invece la possibilitĂ  di sbloccare il movimento lineare per la VR, sia quando muoverete fisicamente il personaggio, sia per quanto concerne lo spostamento della visuale, tutto viene effettuato a scatti per evitare il motion sickness. Se da un lato quest’ultimo rischio sia debellato, buona parte dei giocatori avrebbe ovviamente preferito vivere il gioco con lo stile lineare e classico grazie ai normali sistemi di movimento, allo stato attuale non disponibili. L’ultimo – grave – difetto tecnico risiede nella vibrazione dedicata allo zaino. Per aprire infatti l’inventario il giocatore deve portare uno dei controller verso la sua schiena, ma appena una delle due mani scompare dalla visuale principale questa inizia a vibrare con celeritĂ , costringendo quindi il giocatore ad adattarsi di conseguenza.

Ryte: The Eye of Atlantis

6.8

Ryte: The Eye of Atlantis centra il colpo solo in parte. Pur proponendo alcune sezioni davvero ben riuscite, non offre molte sezioni qualitativamente superlative e pecca per diversi problemi sul lato tecnico e grafico. Il gioco può davvero far felici gli utenti in cerca di un'esperienza VR ragionata, con una storia e degli enigmi che si prendono il loro tempo, e possono farsi apprezzare. Tuttavia la presenza di fattori altalenanti, e una produzione quasi ovunque piuttosto limitata, fa storcere particolarmente il naso.

Andrea Pellicane
Nasce nel 2000 già possessore di una Playstation 1 e già appassionato di videogiochi. In tenera età scopre il mondo dell’informatica ed inizia la sua inutile corsa verso la bramatissima Master Race. Nonostante la potenza di calcolo sia la sua linfa vitale è alla perenne ricerca della varietà e di titoli indie che piacciono solo a lui, incurante del fatto che potrebbero funzionare agevolmente anche su un tostapane. Viene spesso avvistato mentre effettua incomprensibili ragionamenti (soprattutto per lui) legati all'economia. Eccelle particolarmente nel trovare i momenti meno opportuni per iniziare e divorare intere serie TV.

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